Ostellino: L' Inter, la Juve e l'omaggio ai Palazzi

Sul Corriere della Sera di sabato 26 gennaio 2008 abbiamo potuto leggere un bell'articolo di Piero Ostellino, ex di­rettore dello stesso giornale e grande firma del giornalismo italiano. In poche pesantissime ed ineccepibili righe Ostellino dissolve il velo di presunta autorevolezza e indipendenza cucito sul giornalismo e sul dibattito pubblico in Italia. Ci leggiamo un attacco netto al giornalismo di manipolazione. Noi speriamo che lo abbia letto anche Fabio Monti, igiornalista delle pagine sportive del Corsera, colui che aveva partecipato alla colletta per regalare una targa di ringraziamento a Magath, per il suo gol alla Juve in finale di Coppa Campioni.
Riportiamo il testo dell'articolo di Ostellino:


Di fronte a qualche errore arbitrale di troppo, che sta facilitando la corsa dell'Inter verso lo scudetto, certo giornalismo sportivo ha inventato una doppia teoria sull'inclinazione degli arbitri a favorire la squadra più forte del momento. La «sudditanza psicologica» degli arbitri ci sarebbe. Ma quella nei confronti della Juventus era figlia del Maligno (Luciano Moggi), mentre quella nei confronti dell'Inter è compagna dell'Innocenza (Massimo Moratti). L'una vede nell'errore arbitrale una dolosa volontarietà — gli arbitri non sbagliavano, bensì favorivano la Juventus — l'altra, lo attribuisce a una colposa incapacità (gli arbitri sbagliano, ma non per favorire l'Inter). Se sapessero che cosa significa, i giornalisti in questione dovrebbero riconoscere che la prima interpretazione è teleologica (strumentale, a sostegno della tesi che la Juventus era colpevole e l'Inter è innocente); la seconda è teologica (l'innocenza dell'Inter come dogma). La doppia interpretazione sarebbe solo ridicola se non contenesse un salto logico. Si parte da una discutibile sentenza di condanna della Juventus — che, parole dei giudici, «ha interpretato un diffuso sentimento popolare» — per dimostrare che la doppia interpretazione è corretta in quanto fondata sulla stessa sentenza. Persino Moratti e Mancini ne sono imbarazzati.
La verità è che la Juventus ha vinto meritatamente 29 scudetti semplicemente perché era più forte, così come l'Inter ha vinto quello dell'anno scorso, e vincerà quello di quest'anno, per la stessa identica ragione. Che poi lo strapotere sportivo abbia certi riflessi «politici» anche nei Palazzi del calcio è un fatto incontestabile e persino realisticamente accettabile. Così come è umanamente comprensibile la «sudditanza psicologica» degli arbitri. Quando la Juve dominava sul campo ed era rispettata nel palazzo, gli arbitri, nel dubbio, fischiavano a suo favore. Oggi, che è debole sul campo e nel palazzo, nel dubbio, fischiano contro. Lo stesso è per l'Inter, in tempi invertiti. Grande interprete di tale universo è Pierluigi Collina. Che è stato un grande arbitro, soprattutto perché arbitrava con sottile senso politico — basti pensare alla partita da lui fatta giocare, e persa dalla Juventus, nell'acquitrino di Perugia, il 14 maggio 2000, che le è costato il campionato già vinto; una sorta di contrappasso dei supposti favori ottenuti in precedenza — e oggi è il designatore degli arbitri, nominato dai nuovi equilibri di potere nei Palazzi del calcio.
I miei lettori si chiederanno perché — su questa rubrica dove scrivo di politica — abbia parlato oggi di sport. Ma lo sport, qui, non c'entra. Questo è un articolo politico. E' la metafora dell'Italia a tutto tondo, compreso il suo giornalismo. I giornalisti sono italiani. Come gli arbitri. E', perciò, difficile distinguere fra un rigore regalato e un articolo in onore del «re di Prussia» dove si sostenga che «ciò che è reale è razionale, e ciò che è razionale è reale» (Hegel. Che non è un giocatore del Bayern-Monaco).