Ceco, ma non muto, per favore

nedvedChi è lo juventino vero che più vero non si può? Normale, è Pavel Nedved.
Ma eravamo a febbraio, quando Pavel Nedved annunciò il proprio addio al calcio giocato, o me lo sono sognato? No, non me lo sono sognato, così come non mi sono sognato che quell'annuncio fu fatto senza lasciare spazio alle interpretazioni. Smetto, punto e basta.
E allora già il fatto che a metà luglio ci si trovi ancora a parlare del suo futuro, a mio modesto avviso significa che in tutta questa storia non c'è nulla di normale.
A rafforzare il concetto di Pavel juventino vero, poi, è piombata la sua indisponibilità a lavorare con "questa Juve", ribadita pochi giorni fa alla Gazzetta dello Sport. Allora può darsi che il Nedved che ho visto in campo dal 2006 al 2009 fosse un altro - quello in campo con "questa Juve",intendo - ma no, non mi sono sognato nemmeno quello: era lui, non un altro.
Intendiamoci, delle voci che lo hanno dato in procinto di passare all'Inter, francamente, non mi importa granché. Non ci avrei creduto manco se lo avessi visto. Ma a voler essere seri - e dico seri, badate, non pignoli - il problema è un altro: è così juventino, mi chiedo, lasciare che il proprio procuratore, o l'Inter, o Maga Maghella forse, rimestino nella fossa biologica delle notizie di calcio mercato lasciandoli dire e fare fino al punto di beccarsi gli schizzi - grandi o piccoli non importa, per un giorno o per un mese non importa - di un pastrocchio che ha scontentato tutti, specie se in quei "tutti" sono compresi anche i tifosi della Juventus che stravedono per te, juventino vero che più vero non si può?
Raiola un par di palle, con licenza scrivendo. Come scrive Roberto Beccantini su La Stampa, citando l'esempio di Michel Platini, quando è basta, è basta. E di quanti soldi gli offriva Berlusconi pur di non fermarsi ("Tanti di quei soldi che se ve lo dicessi non mi credereste", svelò un giorno il francese), si seppe solo anni e anni più tardi, non in diretta rosa. Altri tempi, può darsi. Altra pasta, di sicuro. Nessuno si senta offeso.
Ci vedo molto dito e poca luna, in questa vicenda. Se le parole di Nedved devono avere un peso nel consacrarlo sempre più juventino ad honorem, allora mi sarei aspettato che alla soglia dei 37 anni, con il futuro saldamente blindato nei secoli dei secoli per sé e per i propri figli, quelle parole non si riducessero al dito di un rifiuto a lavorare per "questa Juve". Specie se pronunciate solo dopo averne ricevuto uno lui, di rifiuto, ovvero quello di un prolungamento contrattuale per chi a febbraio aveva detto basta. Che basta lo aveva detto lui, mica "quelli".
Dal Cannavaro pre-mondiale del 2006, in un momento nel quale dire certe cose era assai più rischioso e complicato, più nessuno ha avuto il coraggio di parlare apertamente della luna. Beh, da uno juventino vero che più vero non si può, a mio parere, è sacrosanto aspettarselo. Perché altrimenti, al netto del talento, se per entrare nell'Olimpo degli immortali bastasse solo correre finché ce ne hai, dei Molinaro da idolatrare ci sarebbe la fila.
Calciopoli ha scavato un solco indelebile nella storia della Juventus e dei suoi tifosi. Per quanto mi riguarda, juventino vero che più vero non si può sarà colui che un giorno avrà il coraggio di dire ciò che è stato, senza guardare in faccia nessuno. I gol, i record, il sudore, i baci sulla maglia e lo sguardo truce rivolto alla curva brandendo lo scalpo dell'avversario di turno rimarranno sempre i benvenuti, ma saranno sempre un gradino più in basso.
Di gente che dice poco senza dire nulla direi che ne ho avuto abbastanza; e ciò che è successo è una cosa troppo grande per discernere ancora tra chi tace restando seduto in tv e chi lo fa correndo fin che ce ne ha. Per quanto mi riguarda, quello di juventino vero che più vero non si può rimane un posto tutto da assegnare, a costo di lasciarlo vacante chissà ancora per quanto tempo.
Altrimenti diteci chiaro e tondo, una volta per tutte, che non c'è nulla da dire, che è stato tutto un brutto sogno. E buonanotte.