Non ne possiamo più.

giornali Letto su La Stampa.it, il 12.02.2008:

di SIMONE STENTI
Vincere con due gol di due campioni del mondo, Camoranesi e Iaquinta, e con la porta blindata dal portiere più forte del pianeta significa scoprire l’acqua calda: i fuoriclasse risolvono le partite. Questo spero sia chiaro anche in sede di mercato: meglio investire su un giocatore capace di far fare il salto di qualità, piuttosto che disperdere le forze su fronti diversi, allargando la rosa senza alzare il tasso tecnico. Credo che questo sia il suggerimento più prezioso in vista di giugno: un’altra estate come quella scorsa non possiamo accettarla. Ma permettetemi di non parlare di Udinese-Juve, nonostante la gioia di una vittoria più pratica che bella (il gioco latita da troppe settimane: che sta succedendo?). Veniamo dall’ennesima, stucchevole settimana di velenose polemiche. Massimo Moratti continua a macerarsi in un ingiustificabile rancore. Invece di godere di un’era in cui tutto arride all’Inter, si macera con un passato che ormai è storia. Non è di lui e dei suoi tormenti però di cui voglio parlare. Voglio parlare di noi. Noi juventini, dall’ultimo dei tifosi (io) al primo (il presidente Cobolli Gigli). Diciamo unilateralmente basta. Ritiriamoci dalla polemica. Non rispondiamo neppure più: dimostriamo anche in questo caso la superiorità che da sempre contraddistingue la nostra storia. Da oggi noi non voltiamoci mai più indietro. Guardiamo solo al futuro. Gli altri blaterano? Affari loro. Ci provocano? Non troveranno sponde. Poi, quando i tempi saranno più maturi, li inviteremo al nostro tavolo e promuoveremo quella riconciliazione di cui personalmente sento pressante bisogno. Il primo passo, Presidente, però lo faccia lei: taccia e non polemizzi. Glielo chiede la parte sana della tifoseria. Anzi, sia lei a promuovere il deponete le armi. Così non si può più andare avanti. Per il bene del calcio italiano, della Juve. Nostro.

Letto nel mio cervello, 14.02.2008:

Leggere l'ennesima perla normalizzatrice sulle colonne di una testata che è l'organo di informazione di proprietà della Fiat, e quindi anche della nuova Juventus, è come scoprire l'acqua sporca: i dipendenti della famiglia Elkann e di Lucky Luke Montezemolo hanno da tempo, come missione esistenziale, l'obbligo di ricoprire con abbondante sterco la Juve della Triade, incensando senza freni quella sgangherata e incapace di nuocere della compagnia dello smile.
Questo spero sia chiaro anche in sede di assunzioni alla casa editrice Itedi (La Stampa, appunto): meglio investire su personaggi di comprovata inclinazione mistificatoria della verità, piuttosto che disperdere il lavoro di quasi due anni tirandosi in casa gente nostalgica e frustrata, magari al punto da pretendere di raccontare verità inconffessabili alla platea dei reduci di calciopoli, armati di sorriso, bandierina con 27 scudetti e sacchettino di cenere dove intingere il capo tutti i giorni dopo i pasti. Un altro ciclo di vittorie in Italia e in Europa come quelle ottenute tra il 1995 e il 2006, non si potrebbe sopportare.
Ma permettetemi di non parlare dei soliti professionisti della disinformazione, più funzionali ai progetti dei loro padroni che al bene pagato quotidianamente dai loro referenti (al prezzo di un euro, più una fetta della propria fiducia): i lettori.
Il petroliere Onesto di Milano, in preda al delirio di onnipotenza che, fino a poco tempo fa, attribuiva ai suoi acerrimi nemici a strisce bianconere, ha definito "banda di truffatori" i dirigenti della Juventus pre-farsa, rivendicando lo scudetto del 2002 più - parole del raccomandato Roberto Mancini - qualche altro campionato. Quale, probabilmente, ci sarà svelato alla prossima esternazione Onesta, che non dovrebbe tardare ad arrivare. Le fanfare torinesi, perfettamente entrate in simbiosi con gli amici degli amici dei loro padroni, ci esortano a fingere di non sentire. A non voltarci indietro continuando a guardare avanti, come se non sapessimo bene che è proprio da dietro, casomai, che i pericoli più seri arrivano e ti uccidono, non tanto in campo (magari con le sembianze di Materazzi) quanto fuori dal campo (magari con le sembianze di una compagnia telefonica più un gruppetto di amici dei salotti buoni).
Dovremmo assumere quell'atteggiamento di superiorità e signorilità che era proprio dell'Avvocato, mi pare di intendere ascoltando questo nauseante consiglio, e non vorrei che qualche strano individuo abituato alle stranezze (dagli hobby del fratello fino ai nomi affibbiati ai figli), pensasse di potere ripercorrere le orme del nonno scimmiottandone gli atteggiamenti come fanno gli scimpanzè del circo prima della foto ricordo in compagnia degli spettatori. L'apparente distacco con il quale gli Agnelli (quelli veri, quelli quasi estinti) vivevano le accuse velenose dei loro nemici, derivava da un innato carisma abbinato ad una mastodontica autorevolezza, conquistata in prima persona al cospetto dei protagonisti della storia italiana e mondiale del secolo scorso. Erano quelli i fattori che sconsigliavano chiunque avesse, anche per un solo istante, pensato di tradurre in parole da bordello pensieri o concetti beceri come quelli ultimamente tanto cari al petroliere Onesto.
Quando questo paladino dell'Onestà con i bilanci sfondati, i pregiudicati a libro paga, le quotazioni in borsa con la sorpresa, gli arbitri a favore ma onestamente, e la faccia da cartoon della Pixar che non è così grave perché poteva sempre andargli peggio (o forse no), quando Onestolo - dicevo - avrà finito di innaffiarci la faccia e la storia con le scorie delle sue lavorazioni ecologiche della valle degli orti di Sarroch, lo inviteremo al tavolo per riconciliarci, cosa della quale Simone Stenti sente tanto il bisogno. Il mimo Cobolli taccia e non polemizzi, dice Stenti a nome della parte sana della tifoseria.
Non sentivamo il bisogno di questo novello "portavoce", autoproclamatosi rappresentante di qualcosa di più della sola propria persona senza averne chiesto l'autorizzazione agli interessati.
Io, a stento, riesco a dirgli di tacere e basta, al Mimo, che sarebbe già una piccola conquista per tutti quanti.

A Stenti, invece, dico che ha ragione: non ne possiamo più. Non ne possiamo più di leggere roba come questa.