Swappando equamente

stevens gabettiIl 7 gennaio 2010, a Torino, c’è stata una delle udienze del processo riguardante la vicenda dell’Equity Swap. Il processo vede come imputati il dott. Gianluigi Gabetti, l’avvocato Franzo Grande Stevens e il dott. Virgilio Marrone.
I tre sono imputati di aggiotaggio informativo per l'Equity Swap che, nel 2005, permise alla Ifil (oggi Exor) di mantenere il controllo della Fiat nonostante l'esercizio del prestito convertendo da parte delle banche creditrici.
Forse qualcuno ricorderà la vicenda, esiste persino una piccola docufiction della Rai che ha tentato di spiegare quanto avvenuto.
Non è questa la sede, e non è questo il momento, per ripercorrere nei dettagli tutta la complicata vicenda finanziaria, diamo per scontato che chi sta leggendo abbia una conoscenza anche minima di tutto ciò che è avvenuto.
Apro una piccola, scontata e stressante parentesi.
L’Exor, tocca qui ricordarlo, è la società che attualmente detiene il 60,001% del capitale azionario della Juventus f.c.
Chiusa parentesi.
Il Pubblico Ministero, Giancarlo Avenati Bassi, in una requisitoria durata cinque ore, ha detto molte cose interessanti.
Riportiamo i fatti della giornata in questione attingendo dalle tante fonti giornalistiche (Ansa, Repubblica, Adnkronos, Reuters, Agi, ecc) che ne hanno parlato, cercando di fare un puzzle che sia il più completo possibile.
Poco prima della requisitoria il magistrato aveva chiesto che venisse respinta, ritenendola ''una questione assolutamente infondata'', la questione di legittimità costituzionale presentata dalle difese in apertura di udienza.
Secondo gli avvocati difensori il processo violerebbe l’articolo 117 della Costituzione Italiana, il quale obbliga il legislatore ad adeguarsi alle normative europee. In particolare, in questo specifico caso, sarebbe stato violato il principio sancito dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo, secondo il quale uno stesso soggetto non può essere sottoposto a due procedimenti in relazione al medesimo reato.
I difensori, dunque, hanno cercato di far valere il fatto che nel caso Ifil-Exor gli imputati sono già stati giudicati e sanzionati con il pagamento di una multa e la sospensione dagli incarichi nel procedimento che si è svolto in sede amministrativa.
Poi, finalmente, la requisitoria del pm, ove egli ha elaborato una ricostruzione secondo la quale l'operazione ''non è stata l'intuizione autonoma di un libero professionista, ma il frutto di un'attività complessa di diversi uffici e competenze''. E, inoltre, ''non c'era incertezza su quello che avrebbero detto Merrill Lynch, la Consob, né tantomeno la famiglia, e ritengo stucchevole il fatto che si sia parlato dell'incertezza della famiglia e lo dico per nobilitarla''.
In riferimento a questo fatto specifico, riferendosi dunque alla riunione del 14 settembre, il magistrato ha messo in evidenza che ''si è trattato di una riunione con l'ambiente famigliare meno operativo, e nessuno avrebbe detto no, anche perché non veniva chiesto un euro alla famiglia Agnelli, quindi il punto interrogativo di quella riunione e della reazione della famiglia non esiste, si è trattato solo di un gesto di armonia famigliare, del massimo della diplomazia famigliare in cui i presenti venivano messi sapientemente di fronte al fatto compiuto''.
Per quello che riguarda invece il nodo della vicenda, si è espresso in questo modo: "Tutti e tre gli imputati sono responsabili per avere pubblicato e diramato comunicati non veritieri al fine di tenere segreta un'operazione che nel segreto aveva il suo profilo più rilevante".
Avenati Bassi, che nel corso di tutta la requisitoria ha avuto a fianco il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, ha indicato in Gabetti "il vero artefice dell'operazione", aggiungendo che Grande Stevens e Marrone erano comunque al corrente di tutto.
Nella sua requisitoria il pm ha chiesto la condanna a due anni e sei mesi di reclusione e 500 mila euro di multa per Franzo Grande Stevens, per Gianluigi Gabetti la condanna a due anni e una multa di 400.000 euro e per Virgilio Marrone la condanna ad un anno e sei mesi e una multa di 300.000 euro.
Il pm, nel chiedere la condanna degli imputati, ha riconosciuto le attenuanti generiche "per i loro meriti, per la loro storia, cultura e il loro ruolo in questa città e nella società".
La prossima udienza si terrà il prossimo 26 gennaio, quando interverranno le parti civili e la difesa.
Ovviamente queste sono solo le semplici richieste dell’accusa, sentiremo più avanti anche cosa diranno le difese.
E’ bene dirlo a chiare lettere, anche e soprattutto per tutti coloro che sono poco addentro alle vicende processuali in generale.
Non è certificata nessuna colpevolezza di nessuno degli imputati.
Non c'è nessuna sentenza.

Ci mancherebbe.
Noi siamo garantisti, come è giusto che sia in una democrazia, e dunque non diamo per scontata la colpevolezza di nessuno.
Abbiamo deciso di parlare di questo fatto di cronaca per una specifica ragione.
Quello che pare strano è che l'azionista di maggioranza della Juventus per tre anni, dal 2006 in poi, abbia sempre caldeggiato trasparenza, pulizia e simpatia nella dirigenza del club.
Possiamo immaginare, con una certa dose di ragionevolezza, che questa linea di condotta sia legata a motivi d’immagine.
Infatti coloro che si sono trovati a subire un processo penale si sono ritrovati fuori dalla Juve.
Per volontà propria (dimissioni), o per mancato rinnovo del contratto, ecc, ma fuori.
Basta pensare a Bettega, a Moggi e a Giraudo.
Infatti Roberto Bettega è rientrato nel club proprio quando poteva vantare una sentenza di assoluzione in tasca.
Al contrario di quello che dicono alcuni giornalisti longobardi nelle tv locali, la sentenza di Bettega sulla vicenda dei bilanci della Juventus è chiarissima, e non dà adito a nessun tipo di equivoco: “Il fatto non sussiste”.
Neanche Dante Alighieri avrebbe potuto scrivere un verso così dolce e avvincente allo stesso tempo.
Detto tutto ciò, forse molti lettori non lo sanno, ma i presidenti onorari della Juventus attualmente sono Giampiero Boniperti e Franzo Grande Stevens.
Ora, il quesito sorge spontaneo come il Po dal Pian del Re ai piedi del Monviso: non sarebbe il caso che la proprietà della Juventus, ossia l’azionista di maggioranza, in attesa che l’avvocato Grande Stevens abbia la possibilità di dimostrare la propria innocenza nel processo, anche in questo caso caldeggiasse la trasparenza, la pulizia e la simpatia di coloro che a diverso titolo detengono cariche nel club?
Oppure le trasparenze possono cambiare in base al nome del vetraio?
E con questo direi che ci siamo capiti.
Per salutare i cortesi lettori, come faccio sempre, cercherò di chiudere mettendo un tocco di ironia.
Questa notte ho fatto un sogno.
Delle volte la mente fa degli scherzi davvero divertenti…
Nel sogno ero in tribunale, ci ero andato per sostenere moralmente un amico depresso ad un'udienza, perché doveva separarsi dalla moglie.
Lo racconto come se stesse svolgendosi ora.
Giro per i corridoi ma non lo vedo.
Lo cerco per le aule, apro delle porte, una dopo l’altra, dentro si tengono le udienze più disparate…
Non lo trovo.
Poi, all’improvviso, apro una porta da cui sento provenire delle grida.
Mi affaccio e guardo dentro l'aula.
Dentro c’è gente concitata.
Tra le diverse espressioni che ricordo del sogno, riporto le seguenti:

"Io non c'ero"
"Io non sapevo"
"Io ero in bagno a causa di una forte diarrea"
"E' stato Berlusconi!"
"E' stato Prodi!"
"Io ero dal callista..."
"Si ma, anche se fosse, a quest'ora, dopo tutti questi anni, Jack The Ripper è comunque morto..."
"Io non sono poi così grande..."
"Basta! E' un'indecenza! Ora me ne vado e continuate questa farsa da soli! C'è qui il mio avvocato, potete continuare anche senza di me! Arrivederci”.
(l’imputato si avvia verso l'uscita dell'aula con passo frettoloso, in pratica mi viene incontro, si sente il rumore dei suoi passi: swap-swap-swap-swap-swap-swap…)"