Il potere e la consapevolezza di averlo

mourinhoPrima di qualche imbarazzante silenzio in diretta, qualcuno, all'apice della forma, qualsiasi essa fosse, disse: "Il potere logora chi non ce l'ha". La frase detta da un politico e per di più romanista, lasciava pochi dubbi, nonostante i pochi trofei vinti dai figli de 'na lupacchiotta. Altri tempi, altri gobbi, quelli che il potere, pur avendolo, lo esercitavano con discrezione, signorilità ed eleganza, facendolo coincidere, il più delle volte, con campioni assoluti, giocate fantastiche e chiara supremazia sul campo.

Con la scalata al vertice dell'animatore da crociera milanese, passionale cantore di stornelli franco-napoletani, il potere venne equamente diviso, ma chiaramente riconosciuto, tra Torino e Milano (sponda rossonera del naviglio) e, verso il tramonto dell'impero Agnelli, con la scomparsa di Umberto, non si son più visti altri gobbi così saggi, né a Roma né tantomeno a Torino.

Mourinho ama l'Inter ma non ama l'Italia, forse per questo non sa, o fa finta di non sapere, che da noi, per farsi assegnare uno scudetto a tavolino senza nemmeno una prova che sia una, il potere, bisogna per forza averlo, o almeno sedersi allo stesso tavolo di chi ce l'ha. Partendo da questa considerazione poi si può dire ciò che si vuole, anche frasi del tipo: "Il potere reagisce sempre male contro l'Inter", senza che nessuno trovi la grinta di scrivere o di dire di smetterla di fare il portoghese.

Son passati oramai tre anni da quando la banda degli onesti si è impossessata del campionato italiano, anche perché oltre confine continua a rimediare pesanti scoppole; stiamo oramai entrando nel quarto anno di dominio incontrastato della biscia nerazzurra, eppure la percezione del "potere" sta velocemente prevaricando quella dell'onestà, nonostante gli sforzi della spropositata macchina mediatica che spurga signorilità da ogni tombino di Milano. Così avviene che, nella più modesta indifferenza, l'Inter del depotenziato Mourinho, inusuale esempio di allenatore inerme ma arrogante e minaccioso più che mai, si porti a casa sei punti proprio nel periodo più avvincente dal punto di vista del calendario calcistico, ma meno vantaggioso dal punto di vista del parco giocatori nerazzurri disponibili.

Con tre quarti della squadra titolare assente, costretto a schierare tutti i "vic" meno famosi a sua disposizione (Arnautovic e Stevanovic), dopo aver razziato i tre punti a Verona (due rigori pro Chievo non concessi), razzola anche i tre punti in casa contro il miglior Siena della stagione, questa volta in maniera meno eclatante. Non si son visti infatti goal con sei giocatori in fuorigioco di due metri, ma certamente è affiorata l'ennesima magnanimità della terna arbitrale di turno, che concede al cecchino Sneijder due fumosi calci piazzati e convalida, senza nemmeno un dubbio, il punto del centravanti per caso Samuel, e se quelle maglie fossero state bianconere, apriti cielo...

Fieno in cascina per preparare la missione europea dell'Inter, quando dovrà concentrare tutte le forze sulla Champions League e potrà permettersi due o tre partite in folle in patria.

Ora, come dice il portoghese, il potere reagirà sempre male con l'Inter, ma di certo non tanto quanto Codrea, più rumeno che senese, che si è limitato a dare dei ladri ai nerazzurri nel tunnel verso gli spogliatoi, e nemmeno tanto quanto Malesani, più veronese che senese, che mestamente ribadisce, ai microfoni del salottino nerazzurro di Sky, che certi "falli" non si danno, soprattutto quando non ci sono, indicando il presunto fallo di Brandao come il vero motivo della sconfitta.

Caro Mourinho, se davvero non è un pirla, dovrebbe aver imparato che se la lasciano parlare, in Italia, è perché pirla non sono nemmeno loro, ed hanno capito prima di lei che il potere logora chi non si allinea o, in alternativa, non logora chi è già allineato per vocazione, vero Bergomi?