Serie A in declino: Mughini e Beccantini a confronto

calciomercatoAGGIORNAMENTO LIBERO 17-03-10, CONTRORISPOSTA DI MUGHINI - La pubblicazione del nostro "Che fine ha fatto la Juve?" ha provocato un'interessante botta e risposta sul declino del calcio italiano che ha trovato spazio sul quotidiano Libero, dove scrive l'amico Giampiero Mughini. Cliccando qui potete leggere la recensione che ci ha dedicato domenica scorsa, recensione che ha provocato la risposta del suo co-prefattore Roberto Beccantini, che volentieri ospitiamo. Ieri, infine, è giunta la controrisposta di Mughini sempre su Libero, che potete leggere più sotto.
A proposito, sulla genesi dell'etichetta di "rancorosi", vi rimandiamo alla nota 159 del libro.



Su «Libero» di domenica 14 marzo, Giampiero Mughini ha recensito il libro «Che fine ha fatto la Juve?» (Cardano editore, 15 euro), scritto dai responsabili del sito Ju29ro.com, e parlato a lungo della mia postfazione. Nel ringraziarlo e rinnovargli la mia stima - a maggior ragione, dopo aver letto «La collezione» e «Gli anni della peggio gioventù. L'omicidio Calabresi e la tragedia di una generazione» - lo inondo di queste banalissime righe.

1) In merito al declino del calcio italiano a livello europeo, considero Calciopoli una causa, meglio ancora: una delle cause più concrete, ma non l’unica. A parità di analisi sulla «cancellazione» della Juventus, non sono così apodittico come Mario Sconcerti. In principio - ricorderai, Giampiero - le «sorelle» erano sette: Juventus, le milanesi, le romane, Fiorentina e Parma. Strada facendo, si sono ridotte a tre: Juventus, Inter, Milan. Dopo il 2006, a una (l’Inter) più due. Se è vero che negli anni Ottanta, quando si spopolava nel mondo con il Milan paranoico di Arrigo Sacchi (e non solo), la tragedia dell’Heysel aveva portato alla squalifica dei club inglesi (dalla stagione 1985-86 al 1989-90), è vero altresì che nel 1999 il Parma conquistava la Coppa Uefa, la Lazio l’ultima Coppa delle Coppe e, in Champions League, la Juventus della staffetta Lippi-Ancelotti usciva nelle semifinali per mano di quel Manchester United che avrebbe poi alzato il trofeo.

2) I «rancorosi»: Giampiero, non sono io ad aver dedicato loro questo termine, ma sono loro ad andarne fieri. Nulla in contrario: tanto è vero che, ogni volta che mi rivolgo a loro, li chiamo «rancorosi». Se non ti fidi, Salvatore Cozzolino e Vittorio Salvadori potranno dissipare dubbi ed (eventuali) ambiguità.

3) Sono attratto da chi non la pensa come me, e agli indulti preferisco gli insulti. Coloro che frequentano il mio Blog-ospedale non ne possono più, di questi slogan. Hai ragione, Mughini, quando sottolinei il fatto che, dopo Calciopoli, sono sbocciati numerosi libri contro e nessuno a favore. Tutti però scritti, correggimi se sbaglio, da penne juventine, e non da osservatori «super partes». La qual cosa, sia ben chiaro, non significa che le «penne juventine» non fossero o non siano attendibili. La mia è una semplice constatazione.

4) Venendo al nocciolo della questione. Non ho mai creduto all’associazione per delinquere ma a una guerra per bande, in cui tutti trescavano richiamandosi allo «ius» della difesa più o meno legittima. In questo contesto, credo che Antonio Giraudo e Luciano Moggi abbiano esagerato, affiancando i designatori e in alcuni casi addirittura consigliandoli come emerge dalla telefonata delle «griglia» fra Paolo Bergamo e Luciano Moggi. La stranezza è che una telefonata del genere - per me articolo sei tutta la vita - sia stata derubricata ad articolo 1. Neppure il colloquio fra Moggi e l’allora ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, su come comportarsi in caso di morte o meno di papa Wojtyla non mi sembrò il massimo dell’etica. Per tacere delle schede, uscite in coda al processo sportivo, e attualmente al vaglio del dibattimento napoletano.

5) Come Mughini riporta correttamente, in base al mio modesto parere altre società avrebbero meritato «più o meno» la stessa punizione. E invece la Juve fu la sola a essere «massacrata».

6) Il problema non è l’aiuto arbitrale, frutto di errori che sempre ci sono stati e sempre ci saranno. Il problema è la genesi dell’aiuto, dell’errore. Esempio: la celeberrima mano de Dios di Maradona in Inghilterra-Argentina. Se è un errore e basta, io inglese maledico l’arbitro e stop; ma se è un errore con scheda o «grigliate» connesse, io inglese maledico l’arbitro e, se lo scopro, denuncio l’imbroglio.

7) Può essere che sia stato più realista del re oppure, come scrive Piero Ostellino, abbia confuso il «peccato» con il «reato», anche se in ambito sportivo, l’etica dovrebbe conservare un suo spazio, neppure troppo piccolo.

8) Farsopoli o Calciopoli. Calciopoli, assolutamente. Magari con sentenze parziali e/o sommarie, ma Calciopoli. Non si discute. In nessun Paese i giudici erano così vicini ai giudicati, con i giudicati - spesso - addirittura capaci di suggerire ai giudici (mica soltanto Moggi, penso al milanista Meani). A proposito: Adriano Galliani usava il «preservativo» (Meani, appunto); noi, manco quello.

9) Non ho mai messo in discussione la competenza di Antonio Giraudo e Luciano Moggi. Nemmeno gli avversari, credo. Però il delirio di onnipotenza li ha spinti, ripeto, a condizionare i designatori. E questa non è lobbying, è un’altra cosa. Lo stesso dicasi dei Della Valle che continuano ad atteggiarsi a Cappuccetti Viola, di Meani che si lavorava gli assistenti al ritmo di «spinga spinga» (Galliani and friends) e Claudio Lotito che giocava di sponda con Franco Carraro. Vorrei che non si pensasse, sempre e comunque, alle tre o quattro società che fanno tendenza, ma pure ai Chievo e al resto del convoglio. Così, per vedere l’effetto che fa.
In attesa che Napoli tagli i nodi non del tutto sciolti (fu vero marcio? l’Inter fu vera santa? ci fu chi barò per far passare altri da bari?), ti ringrazio, Giampiero, per aver alimentato quei dubbi che sempre mi tormentano.

Roberto Beccantini

 

Ovvio che per me è una delizia essere “inondato” da una replica di Roberto Beccantini a un mio articolo. Non certo perché io pensi di avere ragione al cento per cento, controreplico con qualche osservazione.
1) Verissimo che i libri a difesa della Juve straziata da Calciopoli siano stati scritti da innamorati della Juve. Il che non inficia la solidità e la coerenza del “Manuale di autodifesa del tifoso juventino” di Emilio Cambiaghi, del divertente “Er go’ de Turone” di Massimo Zampini (con annesso saggio di Giuseppe Pollicelli) e adesso del “Che fine ha fatto la Juve?” dei prodi internauti del sito Ju29ro.com. Perché non sono libri firmati da chi ha impugnato una sciabola bianconera ed è andato al galoppo, e bensì analisi fitte fitte del materiale relativo a Calciopoli-Farsopoli, materiale che altrimenti sarebbe consistito in qualche titolo ad effetto dei quotidiani dell’estate 2006 e intercettazioni pruriginose. Com’è che gli arciconvinti che la Juve meritasse la serie C non hanno mai tirato fuori nulla di nulla a dimostrare quel che aveva creduto di ravvedere l’avvocato Zaccone nel non difendere la Juve, e cioè che in quel materiale ci fossero colpe e reati dell’altro mondo? Com’è che persino un giornalista che io ammiro e che è specializzato nel puntare il dito dell’accusa, Marco Travaglio, al momento in cui in un suo libro s’è dichiarato arcisicuro della stracolpevolezza di Luciano Moggi, ha addotto come cruciale elemento di fatto di questa colpevolezza un episodio che non è mai esistito, che l’arbitro Paparesta fosse stato rinchiuso nel suo sgabuzzino? Un episodio che era solo una sbruffoneria di Luciano in una conversazione telefonica con un suo amico.
2) Che Moggi e Giraudo non fossero dei francescani scalzi è cosa che non si discute nemmeno. Che in tutte quelle telefonate e vorticare di schede telefoniche ci fosse di mezzo il famoso articolo uno, ossia il reato di slealtà sportiva, non si discute nemmeno. Epperò il far diventare l’articolo uno un articolo sei (l’alterazione dei risultati in campo) è strazio enorme del diritto e della verità. E tanto più se questo reato viene scagliato in faccia a una sola squadra e a una sola società, e mentre a telefonare e a brigare erano tutti i dirigenti e gli stipendiati delle varie società, come Beccantini autorevolmente conferma.
3) Continuo a credere che si sia trattato di Farsopoli. Un tribunale che era stato costituito alla bell’e meglio e allo scopo di condannare dal Guido Rossi che era stato membro del consiglio di amministrazione dell’Inter. E suo braccio destro, un autorevole magistrato milanese che di calcio non sapeva nulla di nulla. E le udienze che nella calura estiva duravano pochi minuti, e mentre gli avvocati della difesa non avevano avuto il tempo di leggere il romanzo alla Alexandre Dumas di Attilio Auricchio e dei suoi collaboratori. E la vergogna di quello scudetto cucito sulla maglia della squadra arrivata a 14 punti dalla Juve, il che non era avvenuto neppure nei tempi cupi del fascismo quando era stato tolto (ingiustamente) uno scudetto al Torino, ma il gran capo fascista della Federazione gioco calcio non lo aveva cucito sulla maglia del Bologna di cui era tifoso e che era arrivato secondo.

Giampiero Mughini