Il processo di Napoli è un processo che esiste

travaglioCosì potrebbe cobollianamente sentenziare l’indimenticato (e indimenticabile) primo presidente della Ridentus FC 2006 davanti alle dichiarazioni dei protagonisti della Farsa calcistica “più grande di tutti i tempi”. Prima l’assessore Narducci nella sua requisitoria a Napoli, poi Palazzi in quella davanti alla Disciplinare. Tutti i principali accusatori della ormai crollata cupola moggiana sono rimasti a 5 anni fa. E non si muovono né hanno intenzione di muoversi da quella “verità” parziale e confezionata su misura dalla gogna mediatica di allora. E in parte anche di oggi. Sì perché, come al solito, quando c’è da rinsaldare la bislacca teoria delle ruberie juventine, colui che venne definito da Michele Santoro “un monumento vivente alla libertà d'informazione” non manca mai. Ovviamente mi riferisco a Marco Travaglio, il quale, in un articolo sull’Espresso (altro grande sponsor della Farsa, ricordate il “libro nero”?) che porta la data del 9 giugno scorso, scaglia la sua indignazione contro la giustizia sportiva, rea di non aver radiato Moggi. Dopo la lettura dell’articolo è possibile fare qualche osservazione. A parte il dipingere Moggi come colui “che sussurrava agli arbitri, ai designatori, ai dirigenti, ai calciatori, ai procuratori, ai politici, ai giornalisti, ai moviolisti, persino a qualche giudice (sportivo e non), insomma a tutti, controllori e controllati”, dimenticandosi di togliere da questo elenco gli arbitri (con cui Lucianone non ha neanche una conversazione) e senza spiegare neppure in che modo la Juventus avrebbe potuto trarre profitto da questi rapporti, il signor Travaglio dimostra ancora una volta che dalle carte e dai processi prende quello che gli fa comodo e scarta quello che può risultare indigesto, con tagli degni del miglior Auricchio. Così: ”Moggi è stato condannato dal Tribunale di Roma a un anno e mezzo di carcere per violenza privata (pena ridotta in appello a un anno per prescrizione di un episodio delittuoso) per aver minacciato un paio di calciatori affinché si liberassero del proprio procuratore e passassero alla Gea del figlio Alessandro (anch'egli condannato in appello a cinque mesi). E' stato anche rinviato a giudizio dal Tribunale di Napoli per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva (il pm ha appena chiesto la sua condanna a 5 anni e 8 mesi di reclusione)”. Peccato che per l’accusa più grave del processo GEA, ovvero l’associazione a delinquere, Moggi sia stato assolto sia in primo che in secondo grado dal Tribunale di Roma. E se proprio vogliamo andare a parlare di sentenze e tribunali, perché non ricordare le archiviazioni dei Tribunali di Reggio Calabria e di Roma riguardanti il “sequestro” Paparesta e l’alterazione del sorteggio nella stagione 2004-05, oppure quelle del Tribunale di Lecce a proposito di Lecce-Juventus? E l’assoluzione del Tribunale di Torino dall’accusa di doping amministrativo scaturita dalla denuncia contro “ignoti” da parte dei dirigenti ridentini? E riguardo al processo di Napoli, deontologia vorrebbe che, oltre a citare le richieste dell’Assessor Narducci, si dicesse anche che in dibattimento sono apparse piuttosto evanescenti (eufemismo) tutte le accuse dei PM, grazie alle deposizioni in primis dei testimoni dell’accusa, poi di quelli della difesa. Ovviamente dello scandalo delle intercettazioni rilevantissime ignorate dai carabinieri e fatte riemergere dalla difesa Moggi neanche mezzo accenno. Più che un monumento, una sarta. Ma più in generale la ricostruzione della vicenda da parte della “star” di “Annozero” è: “il bizantinismo normativo” degli “indefessi Robespierre” è quasi quasi congeniale a Big Luciano, che da luglio potrà tornare a fare le cupole e i cupoloni. D’altronde Moggi è uno di quelli storicamente ben voluto dalla giustizia sportiva… Una teoria inattaccabile: infatti Moggi è stato radiato. Ora, forse, se glielo diciamo in “cobollese”, “il monumento” si accorgerà che a Napoli c’è stato un processo che ha smentito tutto ciò che sostiene da anni e che ha ancora il barbaro coraggio di ribadire. Infatti, lui che è tornato ad essere juventino solo dopo che hanno cacciato quel “ladro” di Moggi, si augura che richiamino il Presidente binario. Non avevamo dubbi, ma non si preoccupi, di certi juventini non sappiamo che farcene.
Ora, cambiando discorso (ma neanche troppo), sarebbe cosa altamente gradita se la società che ancora risponde al nome (ma solo a quello) di Juventus Football Club, fondata nel 1897 da un gruppo di studenti del liceo D’Azeglio di Torino e diventata, grazie ai signori Giovanni ed Umberto Agnelli, un mito sportivo nonché un pezzo di cultura italiana, si decidesse, dopo cinque anni in cui abbiamo assistito ad uno “squadricidio” e ad un perenne atteggiamento espiatorio (a tratti corretto da quando c’è il presidente Agnelli) a parlare. Sì, a parlare perché, anche se dobbiamo aspettare le sentenze affinché si agisca, sappiamo benissimo che tutto quello che ha spazzato via la Storia e l’onore della Juventus è stato in gran parte provocato dal clima giustizialista e forcaiolo mediatico; e uno che vuole appellarsi all’articolo 39 non può lasciar passare sotto silenzio neanche un semplice articolo di questo tipo. Non ci servono attacchi al palazzo o isterismi integralisti, dovrebbero solo dire una cosa: ”Siamo indignati”. Siamo indignati da tutto questo fango mediatico che rispunta a cicli regolari, da una giustizia sportiva parziale e persecutoria. Questo dovrebbe dire uno che ha a cuore l’onore e le vittorie della Juventus e vuole far luce su quanto è successo davvero. Speriamo che questa radiazione sia lo spunto buono per far alzare la voce alla società. Infine volevo fare un appello al nuovo sindaco di Napoli. Sindaco De Magistris, non è che è libero un posto per l’addetto stampa? No, perché sa, un “monumento” in Comune fa sempre la sua figura. E sono sicuro che non si sentirebbe solo.