Il ritorno del ministro ultrà

larussaCom'era prevedibile, si è già messo in moto l'esercito degli Ascari in servizio permanente effettivo della Beneamata del calcio italiano. Tutta quella corte di personaggi di fede interista che per tanti anni hanno costituito parte fondamentale della propaganda nerazzurra è stata rapidamente sguinzagliata per cercare di arginare alla meno peggio l'ondata che nel giro di poche ore ha spazzato via cinque anni di onestà cartonata e autoproclamata. In rapida successione stanno sfilando i vari Mazzola, Bartolozzi, Severgnini, Zazzaroni e compagnia interante. Ma non è delle figure di secondo piano che mi voglio occupare. Ha trovato modo di dire la sua anche un personaggio che, per il ruolo che ricopre, dovrebbe mantenere un certo decoro, ma che purtroppo non è nuovo ad uscite avventurose e inadatte ad un rappresentante delle istituzioni. Il ministro della difesa Ignazio La Russa è universalmente riconosciuto come un accanito tifoso interista, e già in passato la sua fede lo ha portato ad atteggiamenti più consoni ad un ultrà della curva nord che ad un politico di così alto rango. Ricordiamo soltanto un episodio: quando intervenendo ad un programma sportivo su una tv locale trattò in maniera sprezzante un opinionista di fede juventina che lo incalzava sulle responsabilità emergenti della sua squadra riguardo a Calciopoli e lo liquidò con un elegantissimo: "Dite a quel ragazzo abbronzato che non mi faccio dare lezioni di moralità da uno juventino".
Adesso l'occasione era troppo ghiotta per non permettere al ministro di dare nuovamente il meglio di sé.

Per usare una parola cara al presidente delle sua squadra del cuore, trovo veramente "inaccettabile" che un uomo delle Istituzioni arrivi a definire la relazione di Palazzi una "vendetta postuma da parte di ambienti che non hanno mai apprezzato il grande apporto dell'Inter in questi anni al calcio italiano: senza il "triplete" l'Italia avrebbe perso tante posizioni nel ranking internazionale". Il solo fatto di trattare con lo stesso metro di giudizio usato cinque anni fa (giusto o sbagliato che fosse) le intercettazioni che qualcuno voleva tenere nascoste o far passare come irrilevanti è per La Russa un'operazione vendicativa. Curioso poi questo atteggiamento per cui la giustizia sportiva è giusta e da rispettare quando condanna la Juventus e invece vendicativa quando osa occuparsi degli intoccabili. E infine divertente che si tiri in ballo il triplete del 2010 quasi fosse uno scudo giudiziario che mette al riparo dalle proprie responsabilità: secondo questo ragionamento, alla Juventus che nel 2006 fornì l'asse portante della Nazionale campione del mondo avrebbero dovuto dare un premio invece che mandarla in B e sottrarle due scudetti. Fa piacere però vedere come in casa nerazzurra si ritorni alle care vecchie abitudini vittimistiche, scolpite a fuoco nel loro dna. Quelle che sono venute buone negli anni scorsi per giustificare le continue sconfitte frutto solo della loro incapacità e che oggi riemergono, scherzo del destino, proprio nel giorno in cui il numero due della Figc Carlo Tavecchio (non proprio il primo che passa, insomma), di riconosciuta fede nerazzurra, rilascia dichiarazioni pilatesche in merito alle decisioni che dovranno essere prese il 18 luglio. Eh sì, è proprio pieno di anti-interisti questo mondo del calcio. Quanta nostalgia per quel 2006 quando si decise di dare poteri assoluti in mano ad un ex consigliere di amministrazione della seconda squadra di Milano.

Ma non finisce qui, il ministro è inarrestabile: "Premetto che io per quello scudetto non ho mai festeggiato (bontà sua, n.d.a.), ma trovo veramente vergognoso l'attacco a Facchetti, una persona di grande onestà intellettuale e trasparenza. In quei giorni del 2006 Facchetti era disperato per il disonore di cui si era ricoperto il calcio italiano. Quando gli chiedevo perchè l'Inter aveva tante difficoltà a vincere, lui mi diceva che 'combattiamo contro qualcosa che non si capisce, qualcosa di invisibile. Se vuole, il Consiglio federale mi chiami pure". Anche questo è un refrain che abbiamo già sentito. L'idea che sull'operato di Facchetti non si possa mai dire nulla per principio è di un'ipocrisia rivoltante. Il fatto di essere prematuramente scomparso non può costituire il lasciapassare per la santificazione e non può essere un'attenuante di fronte alle proprie responsabilità. Se chi è chiamato ad esprimersi su determinati comportamenti non li trova un esempio di onestà intellettuale e di trasparenza non potranno essere certo la parola di un ministro né i piagnistei di una tifoseria alle quale è stata raccontata la favola dell'uomo senza macchia a cambiare le cose. Patetico poi il tentativo di autoconvocazione innanzi al Consiglio Federale, che non sarà chiamato a dare un giudizio etico né storico sulla persona di Giacinto Facchetti, ma dovrà semplicemente decidere se siano venuti meno i presupposti etici che furono la colla con la quale quello scudetto venne appiccicato sulle maglie di chi non lo aveva vinto.

Per chiudere in bellezza, La Russa decide sostituirsi ai consiglieri federali anticipando quella che dovrà essere la giusta conclusione di tutta la vicenda : "Nessuna conseguenza giuridica né morale può derivare da un'inchiesta dove non c'è possibilità di difesa: c'è stata la prescrizione e quindi non esiste un contraddittorio né ci sarà alcuna conseguenza. Un procuratore che va avanti su questa strada esercita in maniera scorretta il proprio ruolo." Essendo il ministro un valente avvocato, prima ancora che un politico, dovrebbe sapere che alla prescrizione si può sempre rinunciare, come consigliato dallo stesso Palazzi, qualora si sia convinti della propria innocenza e la si voglia dimostrare urbi et orbi oltre ogni ragionevole dubbio in un contraddittorio con l'accusa. Sulle conseguenze giuridiche siamo d'accordo, almeno che Moratti non ci stupisca col suo primo vero gesto da signore decidendo di farsi processare. Ma l'eventuale decisione in merito alla revoca dello scudetto del 2006 sarà una decisione politica, un atto amministrativo che rientra nei poteri della Federcalcio (come ricordato nel parere dei tre saggi consultati all'epoca da Guido Rossi) e non una sanzione giuridica. Sulle conseguenze morali, invece, ministro La Russa: lasci perdere. Parafrasando una sua uscita ricordata in apertura, un tifoso della squadra che sfugge alle proprie responsabilità nascondendosi dietro al facile scudo della prescrizione non siede su un pulpito tale che gli consenta di disquisire allegramente di moralità. Men che meno di accusare apertamente di scorrettezza la Procura Federale, che ha semplicemente svolto il suo normale lavoro di indagine, giungendo a conclusioni in linea con quelle adottate cinque anni fa e riconoscendo agli incolpati il loro diritto alla scappatoia della prescrizione.