Da Meani a Suma: gli spiriti liberi

meaniAlla corte di Galliani, in questo piccolo microcosmo rossonero della galassia berlusconata, l'imprinting della casa madre sull'utilizzo delle comunicazioni è forte, fortissimo, e ricalca un modello rivelatosi vincente, almeno per un ventennio, utilizzato dal presidentissimo su tutti i fronti, dall'imprenditoria edil-televisiva al calcio, dagli scranni della politica interna alle dacie in terra russa. Un innovatore, dalla comunicazione verità al franchising del trapianto dei bulbi, altro che Antonio Conte. Comunicazione forte è sinonimo di vera verità. Berlusconi lo ha capito prima di tutti e lo ha trasmesso ai suoi adepti, un modello blindato che ha permesso di trasformare geometri in amministratori delegati, ragazzotti di provincia in direttori della comunicazione sportiva, lavoratori instancabili in Co.co.co a tempo determinato ma di qualità, protetti da barricate di telecamere, selve di reggitori di microfoni e da un'aura di arrogante tracotanza.

Non mi sfiora nemmeno il pensiero di paragonare, limitandomi all'ambito sportivo, Mauro Suma a Paolino Rossi, entrambi difensori dei propri colori, il primo con continuità avendo sempre e solo avuto un unico referente, il secondo invece costretto giocoforza a reggere il moccolo per 5 anni all'inefficacia di dirigenti improvvisati, disorientati ma sorridenti. Bisogna nascerci così, non ci si può diventare. Piuttosto mi addentrerei nel mondo della comunicazione apertamente di parte, libera da ipocrisie e logiche di mercato, contrapposta a quella diffusa da pretestuosi personaggi imparziali che lasciano trasparire invece il tifo più subdolo, quello silente, quello accennato, quello velato dalle mezze frasi, dalle smorfie e dai mezzi sorrisi. Il più strisciante e vigliacco.

Ma forse non c'è niente di meglio che fare il giornalista prezzolato, quello certificato dal senso di appartenenza, uomo o spirito libero di tifare su canali o siti monotematici e bicolore, il giornalista che non deve nascondere la propria fede con dichiarazioni di circostanza. O forse sì? C'è di meglio, a pensarci. Il primo allievo della comunicazione no limits è stato Meani, da cui anche Moggi avrebbe dovuto imparare, ed è sempre in tempo. Milanista fino al midollo, per fede o per convenienza, non ci pensava nemmeno ad usare mezze frasi o velati consigli quando si trattava di dare indicazioni ad arbitri e segnalinee. "Con una squadra come il Milan la bandierina deve stare giù", eccheccazzo!! Detto con quel piglio e decisione da sembrare più un ordine che una richiesta di equità.

Da Meani a Suma il passo sarebbe anche breve se non si fossero intromessi altri alfieri più o meno assuefatti alla comunicazione senza vergogna. Pellegatti, graziato da un magnanimo Antonio Conte, ne è la dimostrazione più evidente: è il pensiero macchiato dalla parola, è la nuvoletta di un vignettista irriverente, è il pensiero diffuso di un giornalista schierato che dietro ad un sorriso e ad un microfono ti sputerebbe in faccia. Quindi non è tanto Pellegatti che preoccupa, lo conosciamo, in fondo più che un gergo da giornalista ha usato parole di un ultrà andato a male, seduto è seduto, ma non più sugli spalti. E allora cos'è che preoccupa? Sono indeciso, molto indeciso. Non so convincermi se sia più grave che Berlusconi o, a questo punto, in una cascata di intenti, anche Galliani, siano riusciti a trasformare un giocatore di calcio in un bugiardo che non può arrossire o un ragazzo di provincia in un imbonitore su larga scala, un testimone, più che di Geova, di Adriano. Ho ancora negli occhi Seedorf, intervistato da Sky, negare l'evidenza di un filmato. Ho ancora negli occhi il mezzo sorriso e quell'aria da bravo ragazzo mentre spudoratamente mentiva spacciando un'opinione per un fatto accaduto davanti alla chiarezza di un'immagine. Un sorriso e una bugia. PierClarence!

E se fossero invece più gravi le parole usate da Mauro Suma da Rozzano? "Ma cosa è successo ad Andrea Pirlo? Mai visto così nervoso, così ringhioso con gli arbitri. In effetti in 10 anni di Milan non si ricorda nulla di plateale da parte del campione bresciano nei confronti delle cosiddette giacchette nere. Invece sia a Parma che in altre partite, le immagini televisive hanno sorpreso Pirlo più di una volta a muso duro nei confronti del direttore di gara. Anche in questo caso non c'è bisogno di essere severi o apocalittici nelle valutazioni: aria nuova, succede. L'importante è che, lo stesso che il 20 Dicembre 2004, due giorni dopo Juventus-Milan 0-0 (sì, quella partita, arbitro Bertini) scriveva che il Milan non doveva fare demagogia, please... non faccia la morale adesso al Sito del Milan che, mettendoci la faccia, e senza fiancheggiatori, ha segnalato azioni di campo che riguardavano un proprio giocatore raggiunto due volte. I monumenti si fanno in due, a chi va in campo e anche a chi trasforma Pirlo, in 10 anni, da una promessa in divenire (tale era il Pirlo dell'estate 2001) in un campione ricco e vittorioso."

Verrebbe da rispondere, vero? Anche quando si spertica nello sventolio della bandiera Nesta. Ma quale bandiera? Sono finiti i Franco Baresi, e sono finiti soprattutto i Paolo Maldini, ne scrivesse un ringraziamento come si deve piuttosto che sventolare un laziale adottato all'occorrenza. E visto che c'è, scrivesse anche l'elogio di Andrea Pirlo invece di ricordare quanti soldi ha dato il Milan al ragazzo di Brescia, dimenticandosi di contare gli scudetti e le Coppe dei Campioni o Champions League che dir si voglia. A me viene da domandarmi in fondo quale sia la differenza tra il ragazzo di Brescia che usa cervello e piedi e il ragazzo di Rozzano che usa cervello, favella e faccia tosta. La differenza sta nel fatto che Pirlo si è reso conto di cosa si prova a trovarsi dalla parte sbagliata del microfono, si è reso conto di cosa si prova, sul campo, nel passare da un mondo a colori a uno in bianconero. Non c'è nessuno che tutela, c'è da difendersi in campo, e i gomiti vanno usati invece che appoggiarli sul tavolo.

Ma Suma se n'è reso conto? Sì, da subito, quando ancora si faceva le ossa a Telelombardia. Ha capito immediatamente sulla propria pelle cosa si può dire e cosa non si può dire, quali domande vanno fatte e quali non vanno fatte. Ha subito capito la differenza tra un giornalista e uno stipendiato e l'ha messa in pratica. Altrimenti non si spiegherebbe oggi come sia riuscito a levarsi i peli dalla lingua senza pinzetta all'interno della galassia pettinata. E bravo Mauro Suma! Spirito libero. Libero di muoversi tra Rozzano e Cologno Monzese, al massimo con visita guidata al laghetto di Milano2.