Se io potrei lo farei

MiccoliE ti pareva.
Ieri a Roma è stato il turno di Fabrizio Miccoli. Non si hanno notizie di camion spargi-liquami, come capitò di vedere alcuni anni fa in occasione della manifestazione di protesta degli agricoltori per la questione delle quote latte, ma la puzza di sterco si sente fortissima lo stesso anche oggi.
Complice la solita stampetta di casa nostra (compresa quella di Casa nostra, casa con la "C" maiuscola, naturalmente), il messaggio del 4 aprile 2008, nel programma di aggiornamento sui misfatti di calciopoli e della GEA, taciuti solo quando non sono pruriginosamente avversi a Moggi & C., è il seguente: se non facevi quello che ti dicevano, erano guai. Urca.
Senza addentrarmi troppo nelle considerazioni del bomber in miniatura, mi piacerebbe sapere quali terribili reati o vessazioni si celerebbero dietro al divieto di portare un orecchino da tamarro grande quanto un dvd; a farlo restare sul pullman della squadra senza consentirgli di partecipare al ricevimento-scudetto dal sindaco di Pinzolo; a trattarlo male dopo che, in un'intervista degna di Tafazzi, il nostro aveva affermato di non volere tornare alla Juve (dal prestito alla Fiorentina) per non dovere incontrare Luciano Moggi, con il quale non voleva più avere a che fare (invece tornò, e a Pinzolo rimase appunto sul pullman).
Forse la minuscola vittima del mobbing Moggiano non sa che, quando lui non era nemmeno nato o - tuttalpiù - era ancora piccolo come adesso, un certo Boniperti scrollava a muso duro i calciatori della Juventus per molto meno. Ricordo ancora che Rui Barros (si vede che alla Juventus ci dev'essere qualcosa che non funziona con quelli sotto il metro e mezzo), appena sbarcato a Torino, prima di essere accompagnato in sede per firmare il nuovo contratto fu dirottato dal barbiere per ridurre sensibilmente il cespuglio che aveva in testa.
Forse la minuscola vittima del mobbing Moggiano non ricorda neppure il particolare più importante, il più significativo. E cioè che, per non mettere il dvd appeso all'orecchio e sentirsi emarginato dal resto della truppa, la segreteria della Juventus gli versava, regolarmente, un ingaggio da circa 150.000 euro al mese.
A chi pensa che questi siano solo dettagli, domandando sdegnato il classico "che c'entra?", rispondo con questo post che scrissi, in tempi non sospetti, lo scorso 17 luglio 2007. Perché niente mi fa incazzare più del piagnisteo dei lavoratori incompresi quando, a farlo, sono i miliardari per caso dell'universo pallonaro, come amo definirli io. Si chiamino essi Miccoli, Del Piero, Buffon o Pizzaballa.
Non mi risulta che qualcuno di loro, per colpa della GEA, abbia dovuto o debba spremersi le meningi per trovare il modo di sbarcare il lunario, e con l'aria che tira per noi comuni mortali non è affatto un particolare da poco. Non scordiamoci mai che la maggior parte di coloro che sfileranno davanti al giudice per rispondere alle domande del mitico pm Palamara, insieme agli aneddoti strappalacrime sui maltrattamenti subiti, potrà già vantare, a ridosso dei trent'anni, un futuro senza punti interrogativi per sè e per i propri figli, con il sedere parcheggiato sopra a tanti soldi quanti la maggior parte degli esseri umani di questo mondo non sarebbero in grado di contare nemmeno campando (e lavorando) tre vite.
Francamente non mi importa un fico secco di Moggi, di suo figlio, degli altri componenti della Gea (compresi quelli della prima ora, tra i quali la figlia di un certo Cesare Geronzi, Chiara, oggi sempre più brutta ed impettita conduttrice del TG5), né di cosa si credano di trovare i magistrati di Roma una volta che saranno arrivati in fondo a questo processo.
Mi importa invece, e molto, sapere chi tra Roma, Milan, Inter, Fiorentina, Lazio o chi vi pare, sia mai stato penalizzato, nel comporre la propria rosa, dai veti made in GEA imposti a suon di minacce e intimidazioni. Nomi, cognomi, date, prove. Cioè le uniche cose che contano quando si parla di giustizia vera, altro che orecchini.
A tutti i Miccoli del futuro, invece, suggerisco un po' meno pallone e un po' più di tempo in compagnia di qualche buona lettura. A patto che non diventino come il supermanager di questo post.

Se io potrei lo farei.