C salvi chi può

Cobolli e BuffonLa sensazione che provo osservando la foto qui sopra è che se questi due si trovassero chiusi in ascensore a causa di un black-out e, disgraziatamente, dovessero dare vita a un ping pong di riflessioni profonde, anche l'ascensore - pur di non ascoltare l'intero scambio di deliranti cazzate - si suiciderebbe sganciandosi dalle funi di sicurezza per schiantarsi al piano terra.

Delle opinioni instabili del Mimo abbiamo avuto ampia testimonianza a partire da due estati fa, e la regolarità con la quale ci aggiorna a settimane alterne ha fatto di lui, senza dubbio alcuno, un autentico fuoriclasse.

Il portierone buontempone, invece, dopo averci abituati a quella sorta di sorriso perpetuo per via del quale in certi momenti abbiamo anche temuto potesse trattarsi dell'anticamera dell'ictus, probabilmente è ancora alle prime armi. Si faccia coraggio, comunque, perché visti la simpatia e il feeling che lo legano al presidentissimo della nuova Juventus, il percorso verso il successo nel suo nuovo ruolo di grande pensatore sarà per forza rapido e travolgente.

"Quando con una decisione dubbia si rischia di mandare a casa una squadra, un paese, ci si deve mettere la mano sulla coscienza e usare un po' di buon senso", ha dichiarato ai giornalisti prima di salire sul pullman della squadra per intonare un karaoke, sulla base musicale della hit di Gianni Morandi "Tornare a casa".

Non so se anche io mi debba sentire in odore di nomina a pensatore del secolo, ma ascoltando quella frase ho avuto un improvviso abbassamento della pressione e anche Thuram, che fino a quel momento era sembrato un orsetto del Luna Park disperso dentro al mio televisore, irriso e preso a fucilate dai bambini arancioni di Marco Van Basten (sette perette in due partite alle finaliste - solo nel colore delle divise - del mondiale 2006), per un attimo è tornato a far breccia nel mio cuore, stimolando ulteriormente la mia voglia di riflessioni rancorose.

Quando delle decisioni eufemisticamente dubbie - mi son detto - polverizzano una squadra e un numero di tifosi pari al doppio degli abitanti della Danimarca, oltre e depredarla di titoli, campioni e dignità, non ci si dovrebbe mettere una mano sulla coscienza, o magari tutte e due?

Ma soprattutto: coloro i quali sono stati eletti a furor di popolo (oltre che a furor di presidenti binari tipo quello della foto) simboli e bandiere di quella squadra, non avrebbero dovuto dedicare, una volta ogni tanto, lo stesso tipo di osservazioni profonde e sentite nei confronti di quelle decisioni eufemisticamente - e sottolineo: eufemisticamente - dubbie?

Lo so, sono monotono. Infatti ci metto pure l'asso di briscola, giusto per chiudere questa mia prima apertura dello sciacquone nei confronti del portiere ridarello.

Pensavo: c'era una volta un bravo calciatore, che a un certo punto della sua carriera tutti davano per morto. Era ancora giovane, ma si diceva fosse ormai più adatto a occupare bordelli e comunità di recupero per tossicodipendenti, che non un posto da titolare nel calcio che conta.

Nella squadra polverizzata, in favore della quale Gigi Buffon e i suoi compagni non sentono di dover spendere alcuna parola, quel giocatore sedeva quasi sempre in panchina. Ieri sera, al contrario, quel giocatore era titolare, col numero dieci sulle spalle, e nonostante un rigore sbagliato tenga attaccata al respiratore artificiale la nazionale di Abete e Guido Rossi, a ridurla in fin di vita è comunque stato un suo gol, propiziato dall'errore in perfetto stile campionato amatori di un altro fenomeno dalla memoria corta: Gianluca Zambrotta.


Per dirla alla Bruno Pizzul: tutto molto bello...