Juve, la strada è quella giusta

krasicLa Juve segna tre gol in un tempo e chiude in 45 minuti la pratica Lecce.
La regola dei tre gol segnati e altrettanti subìti tanto in voga nelle prime giornate di questa stagione viene sfatata, confermando i progressi di una squadra che manda un segnale prima di tutto a se stessa: i lavori in corso procedono, e la strada per divenire un gruppo è quella giusta.
Una strada intrapresa nella quale non è sicuramente marginale il ruolo della società, autrice di iniziative apparentemente bizzarre ma che dimostrano una vicinanza alla squadra che negli anni negli anni sciagurati targati Cobolli e Blanc non si era nemmeno intuita.
In campo si vedono giocatori che applaudono le giocate riuscite dei propri compagni e non ne sotttolineano gli errori, ma soprattutto dopo tanto tempo si vedono festeggiamenti “di gruppo” ad ogni gol segnato.
E, caso emblematico, il quarto gol, quello che per Del Piero è il numero 178 in Serie A con la Juve (record di Boniperti eguagliato), nasce da un grande gesto di altruismo da parte di uno degli ultimi arrivati.
La squadra sta crescendo tantissimo sul piano dello spirito e della fiducia, un po’ più lentamente sul piano prettamente tattico, perché finché c’è partita il Lecce sorprende più volte la retroguardia bianconera, poco protetta dai centrali di centrocampo che per caratteristiche amano offendere più che coprire.
Su questo Del Neri deve ancora lavorare e lo sa benissimo, e intanto ringrazi Storari per la prontezza di riflessi che ha consentito di mantenere la porta inviolata nonostante la pericolosità del contropiede salentino orchestrato dall’ex Olivera, cui garantisce sostegno Mesbah: l'algerino, lasciato uno contro uno con Grygera da un Krasic ancora una volta pigro in ripiegamento, qualche grattacapo lo crea.
Mi scuserà per questo piccolo appunto il serbo, e mi scuserà per le perplessità che avevo espresso al momento del suo acquisto: lo paragonai ad una specie di Tiago destinato a perdersi nella mediocrità generale.
Faccio mea culpa, mi aveva tradito il suo score: quattro mesi “a tutta” nell’ultima parte del 2009 e poi un lento e progressivo decadimento di prestazioni, Mondiale compreso.
Invece Krasic è ormai il vero pericolo numero uno per gli avversari, il suo dinamismo a tratti incontenibile esalta il pubblico e regala giocate che spaccano in due la difesa giallorossa.
Le belle notizie di giornata ci dicono di un buon Aquilani, gran gol e e buona gestione della palla, e soprattutto di Felipe Melo, rigorista di giornata ma salito alla ribalta soprattutto per la standing ovation che il pubblico gli ha riservato al momento dell’avvicendamento con Sissoko.
Un rapporto, quello fra il brasiliano e i tifosi, che sembra ormai recuperato, ed è una notizia che non può che far bene a tutti.
Anche oggi come a Milano si è comportato benissimo Marchisio, in veste di oscuro lavoratore di fascia sinistra; bravissimo nel coprire De Ceglie (l’aostano maluccio in avanti), sempre pronto a supportare l’azione offensiva.
Quagliarella non è un fenomeno, rimane sostanzialmente un istintivo; ma degli attaccanti a disposizione mi sembra il più scaltro (Del Piero a parte, ma qui l’età ha il suo peso), molto più di Amauri, volonteroso e fisicamente tosto ma inconcludente come al solito.
Del brasiliano naturalizzato si ricorda solo il triangolo chiuso con Krasic nell’azione del 3-0, per il resto solo confusione, e pasticci.
Mancherà di sicuro il gol, ma la mancanza di una punta di valore assoluto potrebbe pesare a fine stagione per una squadra in crescita, ma che con qualcosa in più potrebbe far saltare il banco in un campionato dove squadre perfette (e qui mi ripeto) non se ne vedono.
Un campionato nel quale dopo 7 partite le candidate al successo finale hanno 14 punti, tre punti in più di questa Juve imperfetta ma che ha un vantaggio dovuto al profondo rinnovamento: può solo migliorare.
Come migliora anche Del Neri, il quale, all’appuntamento più importante della carriera sembra aver preso in considerazione l’idea di non insistere a prescindere sul suo dogmatico 4-4-2 in favore di un atteggiamento più “camaleontico”, passando a gara in corso indifferentemente dal 4-3-3 (visto oggi) fino al 4-5-1 (visto per larghi tratti a San Siro).

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