Emergenza infinita, ma la Juve c'è

quagliarellaTemevo questa gara, anche se il Cesena veniva da 5 sconfitte nelle ultime 6 partite, quindi l’avversario non era annunciato fra i più irresistibili.
Ma i romagnoli sono squadra rapida e organizzata che gioca a pallone, mettendo in mezzo al campo un paio di fabbri, che non guastano.
E puntualmente la Juve decimata di questi tempi paga l’avvio della squadra di Ficcadenti, in vantaggio più per demeriti di una difesa inedita e distratta che per meriti propri.
Il gol di Jimenez è un retaggio delle sciocchezze cui la Juve ci aveva abituato all’inizio della stagione, un’azione tre contro zero e il cileno chiude a pochi centimetri dalla porta.
E’ chiaro che una retroguardia composta da Grosso, Bonucci, il giovane Sorensen (classe ’92) e Motta era difficilmente preventivabile ad inizio stagione, ma la situazione di emergenza in cui la rosa versa in questi giorni impone un metro di giudizio forzatamente condizionato da diversi aspetti. Il ricorso agli stessi elementi, fattore che in un momento di impegni fitti come questo è tutt’altro che un bene, e la mancanza di intesa tra giocatori fra loro sconosciuti, oppure costretti a cambiare ruolo di partita in partita se non addirittura più volte nella stessa gara, sono alcuni dei problemi che in questo momento Del Neri è costretto ad affrontare e che purtroppo sembrano non volersi interrompere: oggi è toccato a Melo, già acciaccato, fermarsi di nuovo pochi minuti dopo il suo ingresso.
In tre giorni il tecnico di Aquileia ha stabilito un piccolo record per la storia recente della Juventus, facendo esordire quattro giovanotti sotto i 20 anni (Buchel, Giannetti, Liviero e Sorensen), e solo per un mero aspetto statistico Giandonato non rientrava nella categoria.
E tutto sommato, i ragazzi se la sono cavata bene tutti quanti e, se l’andazzo non migliora, le possibilità di impiego di questi “deb” potrebbero intensificarsi nelle prossime settimane, eventualità che, se proprio dovesse verificarsi, speriamo sia almeno utile a scoprire un giovane futuribile, cosa che in Spagna o Inghilterra rientra nella norma ma che in Italia suona come un’eresia.
Le notizie più liete della giornata, a parte i tre punti ottenuti con carattere e capacità di soffrire (qualità che negli anni erano andate perse), riguardano le condizioni di alcuni singoli.
Del Piero sta bene, davvero bene, trasforma il rigore del pareggio (che ci sta tutto, mica come quello concesso ieri sera ad altri) e sembra avere un passo confortante.
Del Neri lo gestisce a dovere togliendolo saggiamente dopo un’ora di gara: con la settimana entrante alle porte (e sia Brescia che Roma hanno inviato messaggi sinistri) è assolutamente vitale preservare Del Piero, a costo di rischiare di non chiudere la gara.
Quagliarella segna il quinto gol della sua stagione (in nove presenze) e l’auspicio è di ritrovarci a primavera con il record personale del napoletano ampiamente battuto.
Aquilani sta bene e cresce nel corso della gara distribuendo qualità e geometria, nonostante il poco supporto offerto dall’involuto Sissoko, mentre l’onnipresente Marchisio, ancora una volta sballottato da sinistra a destra (e conclude la gara in posizione centrale…), merita almeno simbolicamente quella fascia da capitano che Del Piero gli consegna al momento del cambio con Iaquinta, tornato abile (chissà per quanto?) e autore del gol del 3-1.
A proposito del gol del 3-1, interessante notare che i due separati in casa (Grosso e Salihamidzic) vi abbiano partecipato attivamente: una bella iniezione di fiducia per tutti e due, soprattutto per il protagonista del Mondiale tedesco che non scendeva in campo in un match ufficiale dalla fine della scorsa stagione.
In questo gruppo che sembra essere unito e convinto c’è bisogno di tutti.
Ricordo che sedici anni fa la prima Juve di Lippi che andava ad iniziare il ciclo entusiasmante di cui abbiamo memoria (e nostalgia…) dovette far ricorso ad un emarginato Massimo Carrera per far fronte ad un’analoga emergenza infortuni.
E il difensore milanese fu uno degli artefici della cavalcata trionfale di quella stagione.
Ora, quella era una squadra con un livello qualitativo superiore, ma la mentalità che si andava affermando è molto simile a quella odierna.
Da juventini possiamo solo augurarci di rivivere quei momenti.

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Temevo questa gara, anche se il Cesena veniva da 5 sconfitte nelle ultime 6 partite, quindi l’avversario non era annunciato fra i più irresistibili.
Ma i romagnoli sono squadra rapida e organizzata che gioca a pallone, mettendo in mezzo al campo un paio di fabbri, che non guastano.
E puntualmente la Juve decimata di questi tempi paga l’avvio della squadra di Ficcadenti, in vantaggio più per demeriti di una difesa inedita e distratta che per meriti propri.
Il gol di Jimenez è un retaggio delle sciocchezze cui la Juve ci aveva abituato all’inizio della stagione, un’azione tre contro zero e il cileno chiude a pochi centimetri dalla porta.
E’ chiaro che una retroguardia composta da Grosso, Bonucci, il giovane Sorensen (classe ’92) e Motta era difficilmente preventivabile ad inizio stagione, ma la situazione di emergenza in cui la rosa versa in questi giorni impone un metro di giudizio forzatamente condizionato da diversi aspetti. Il ricorso agli stessi elementi, fattore che in un momento di impegni fitti come questo è tutt’altro che un bene, e la mancanza di intesa tra giocatori fra loro sconosciuti, oppure costretti a cambiare ruolo di partita in partita se non addirittura più volte nella stessa gara, sono alcuni dei problemi che in questo momento Del Neri è costretto ad affrontare e che purtroppo sembrano non volersi interrompere: oggi è toccato a Melo, già acciaccato, fermarsi di nuovo pochi minuti dopo il suo ingresso.
In tre giorni il tecnico di Aquileia ha stabilito un piccolo record per la storia recente della Juventus, facendo esordire quattro giovanotti sotto i 20 anni (Buchel, Giannetti, Liviero e Sorensen), e solo per un mero aspetto statistico Giandonato non rientrava nella categoria.
E tutto sommato, i ragazzi se la sono cavata bene tutti quanti e, se l’andazzo non migliora, le possibilità di impiego di questi “deb” potrebbero intensificarsi nelle prossime settimane, eventualità che, se proprio dovesse verificarsi, speriamo sia almeno utile a scoprire un giovane futuribile, cosa che in Spagna o Inghilterra rientra nella norma ma che in Italia suona come un’eresia.
Le notizie più liete della giornata, a parte i tre punti ottenuti con carattere e capacità di soffrire (qualità che negli anni erano andate perse), riguardano le condizioni di alcuni singoli.
Del Piero sta bene, davvero bene, trasforma il rigore del pareggio (che ci sta tutto, mica come quello concesso ieri sera ad altri) e sembra avere un passo confortante.
Del Neri lo gestisce a dovere togliendolo saggiamente dopo un’ora di gara: con la settimana entrante alle porte (e sia Brescia che Roma hanno inviato messaggi sinistri) è assolutamente vitale preservare Del Piero, a costo di rischiare di non chiudere la gara.
Quagliarella segna il quinto gol della sua stagione (in nove presenze) e l’auspicio è di ritrovarci a primavera con il record personale del napoletano ampiamente battuto.
Aquilani sta bene e cresce nel corso della gara distribuendo qualità e geometria, nonostante il poco supporto offerto dall’involuto Sissoko, mentre l’onnipresente Marchisio, ancora una volta sballottato da sinistra a destra (e conclude la gara in posizione centrale…), merita almeno simbolicamente quella fascia da capitano che Del Piero gli consegna al momento del cambio con Iaquinta, tornato abile (chissà per quanto?) e autore del gol del 3-1.
A proposito del gol del 3-1, interessante notare che i due separati in casa (Grosso e Salihamidzic) vi abbiano partecipato attivamente: una bella iniezione di fiducia per tutti e due, soprattutto per il protagonista del Mondiale tedesco che non scendeva in campo in un match ufficiale dalla fine della scorsa stagione.
In questo gruppo che sembra essere unito e convinto c’è bisogno di tutti.
Ricordo che sedici anni fa la prima Juve di Lippi che andava ad iniziare il ciclo entusiasmante di cui abbiamo memoria (e nostalgia…) dovette far ricorso ad un emarginato Massimo Carrera per far fronte ad un’analoga emergenza infortuni.
E il difensore milanese fu uno degli artefici della cavalcata trionfale di quella stagione.
Ora, quella era una squadra con un livello qualitativo superiore, ma la mentalità che si andava affermando è molto simile a quella odierna.
Da juventini possiamo solo augurarci di rivivere quei momenti.