E' tornata la Juve da combattimento

pogbaFra i tifosi juventini serpeggiava un dubbio: ok, 5 partite, 4 vittorie e un pareggio in casa dei campioni d'Europa in carica; molti aspetti positivi, ma qualche incontentabile storceva il naso di fronte alle troppe occasioni concesse al Genoa, alla mancanza di furore che si era evidenziata contro il Parma.
C'era il dubbio legato alla mancanza di alcuni uomini fondamentali, e alla possibilità di rendere al massimo nonostante il turnover.
La partita di stasera ha lanciato un messaggio ai tifosi, agli avversari e soprattutto la Juve l'ha inviato a se stessa: la squadra non ha dimenticato la lezione dello scorso anno, la fame e il piacere di dominare l'avversario non sono scomparsi.
Stamford Bridge ha regalato ulteriore morale e convinzione.
Chievo avversario di modesta caratura, votato a chiudersi a riccio e ripartire, ce n'era abbastanza per rischiare un nuovo Siena, un nuovo Bologna o un nuovo Cagliari, o, appunto, un nuovo Chievo, visto che la scorsa stagione in due partite contro i veronesi i ragazzi di Conte portarono a casa due miseri punticini.
Invece si è rivista la Juve autorevole dei momenti migliori dell'anno passato, zero rischi, pressione costante, ottima condizione fisica e trame gradevoli che hanno portato i bianconeri vicino al gol in almeno 5 occasioni solo nella prima frazione di gioco.
Si è avuta l'impressione che il gol fosse solo una questione di tempo, che il fortino gialloblu (stasera eccezionalmente in gialloverde) stesse vacillando e attendesse solo la spallata decisiva per crollare.
E la spallata è arrivata in cinque minuti a ridosso dell'ora di gioco, a cura dell'uomo della settimana, Fabio Quagliarella.
Sorrentino aveva fatto il fenomeno per i primi 62 minuti, come spesso gli capita contro la Juve che evidentemente gli porta bene e gli fa fare belle figure, ma nulla ha potuto contro l'uno-due micidiale del risorto Quagliarella.
Pratica risolta da grande squadra, con i reduci di Londra ancora ad alti livelli e tanta curiosità per i “nuovi”. Il giovane Pogba - partito lento ma cresciuto alla distanza - ha mostrato colpi e movenze da grande giocatore, anche se paragonarlo a Pirlo non ha senso: personalmente ha le caratteristiche di Yaya Touré, se solo facesse qualche golletto...
Altra ottima gara di Giaccherini, ormai non più un semplice rincalzo, e pure Lucio ha fatto bene. Dei volti nuovi, il meno brillante è stato Isla, ancora in carburazione, ma è comprensibile alla luce del tipo di infortunio patito e delle prerogative del suo gioco.
Abbiamo visto anche Bendtner: da rivedere ma qualcosa mi dice che anche lui si ritaglierà il suo spazio.
D'altronde, in questa Juve tutti sanno rendersi utili e funzionali, e la gara contro il Chievo dice altre cose importanti: contro certi avversari il turnover è possibile; il turnover fa bene e regala spazio a chi in situazioni come quelle dell'anno scorso avrebbe giocato meno.
La consapevolezza di essere forti aumenta di partita in partita, e il sogno di ogni allenatore non è quello di ricorrere ad un turnover massiccio per far riposare i cosiddetti titolari: il sogno di ogni allenatore è quello di poter far ruotare di volta in volta uno/due presunti intoccabili e non sentirne la mancanza.
Nell'estate del 1994 Marcello Lippi, appena arrivato alla Juve, si impose come primo obiettivo quello di rendere la squadra Baggio-indipendente: sembrava un'eresia, divenne una realtà e ne guadagnò l'autostima di tutto il gruppo che finì per dominare la stagione.
Oggi c'è una rosa altrettanto unita ed affamata, guidata da due persone che in quella Juve lippiana c'erano.
E' il valore più importante trasmesso in questi due anni, quel carisma che nelle precedenti annate post-Calciopoli era sempre mancato, dal campo allo staff tecnico e dirigenziale.
Archiviato il Chievo, adesso sotto con Fiorentina e Roma, due squadre, due città che vivono la sfida con la Juve come la madre di tutte le battaglie (battaglie, non partite). Due città per le quali - almeno calcisticamente - il tempo sembra essersi fermato: per una è l'occasione di tornare ai tempi dei Medici, alla Firenze potente e arrogante che influenzò il Rinascimento; per l'altra si torna ai tempi di Cesare, dei gladiatori e delle conquiste imperiali.
Roba da gente fuori dal tempo.
E' il momento di mettere a tacere i chiacchieroni, e quasi quasi sarei contento se Conte assecondasse gli sproloqui provenienti dall'ambiente “livido” standosene in albergo: eviterebbe lo spettacolo penoso che Firenze sa offrire puntualmente in queste occasioni. E si godrebbe la sua squadra serenamente, davanti ad un buon bicchiere di vino...

 

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