Riprendiamo il discorso da dove l'avevamo interrotto, ossia sulla necessità dell'istituzione di un Giudice delle Indagini, cui trasferire, oltre al potere di archiviazione, anche il potere di deferimento.
L'obiezione che si solleva ad ogni proposta di modifica del processo sportivo è la necessità della celerità del giudizio sportivo. Mai ben spiegata tale necessità, a volte in contrasto con l'esasperata lentezza di procedimenti, dovuta ad intempestività della Procura Federale, e con la conseguente immancabile prescrizione di ogni illecito.
Ma che cosa si intende realmente per "celerità"?
La presenza di un Giudice che decida sulle richieste di deferimento della Procura Federale avrebbe un duplice effetto: la Procura Federale sarebbe meno esposta al rischio di protagonismo o di superficialità, dovendo fare i conti con un controllo sulle sue richieste, e sicuramente molti deferimenti non verrebbero fatti, o per autolimitazione della Procura Federale, o per decisione del Giudice stesso.
Ed ecco quindi che, al costo di un'udienza, si eviterebbero fino a tre gradi di giudizio sportivo per molti processi. Ossia si avrebbe maggiore celerità.
E' evidente poi che tale udienza-filtro debba consentire al Giudice anche un potere di integrazione istruttoria, nei casi di carenza nelle indagini della Procura Federale, per evitare deferimenti inutili, affrettati o ingiusti.
Questa figura di Giudice esiste, come già detto, tanto nei processi di tipo inquisitorio quanto in quelli di tipo accusatorio.
Fin qui abbiamo ragionato ovviamente sul presupposto che il processo sportivo sia o debba essere strumento di Giustizia.
Se invece il processo sportivo è inteso come strumento di Potere, allora va tutto bene com'è attualmente. La "celerità" ha come termine di riferimento la celebrazione di un processo qualsiasi, non importa con quale grado di accuratezza, di vicinanza alla realtà storica e di garanzie, né con quale esito. Il processo serve in questo caso a riaffermare un Potere, che si manifesta nel rito processuale e che non deve subire "intralci", neppure il "ritardo" procurato dalla celebrazione di un'udienza di verifica delle pretese della Procura Federale. E quindi a che pro limitare i poteri della Procura Federale, organo ideale a rappresentare totalmente e insindacabilmente questo Potere?
Su questo problema si giocano la faccia Petrucci e Abete, circa il ruolo che intendono dare alla Giustizia Sportiva, con tutte le ricadute di rispetto verso di essa. Meno rispetto si ha verso i soggetti amministrati, meno rispetto si riceverà da loro. Il rispetto non si è mai ottenuto a bastonate.
Quindi, pur restando in un processo di tipo inquisitorio, con l'udienza-filtro del giudice il processo sportivo, finora caratterizzato dalla segretezza e dall'esclusività delle indagini della Procura Federale, si aprirebbe al contraddittorio tra le parti prima di decidere se sia necessario il deferimento dell'incolpato davanti al collegio giudicante, nel nostro caso la Commissione Disciplinare, giudice di primo grado. Comparirebbe così per la prima volta la Difesa, sia pure al termine delle indagini, per contrastare le richieste della Procura Federale.
Perché il tutto non si risolva però nell'istituzione di un giudice clone dell'Accusa, occorre che il Giudice delle Indagini abbia la certezza che il contraddittorio potrà svilupparsi anche nella fase processuale successiva, la fase dibattimentale davanti alla Commissione Disciplinare, costituendo la fase dibattimentale, in tal modo, anche un controllo sull'operato del Giudice delle Indagini.
E così arriviamo al principio del contraddittorio e al connesso regime della prova, che sono l'altro fondamentale elemento di distinzione tra i due tipi ideali di processo.
Limitiamo l'analisi alle sole prove dichiarative (testimonianze, chiamate in correità, interrogatori degli incolpati), dove le differenze di regime sono più rilevanti.
Nel processo di tipo inquisitorio si dice che prevale la scrittura, perché sono utilizzabili come prove i verbali delle dichiarazioni raccolte durante le indagini, senza contraddittorio e in segretezza, dall'Accusa e le informative degli organi di polizia indirizzate all'ufficio che rappresenta l'Accusa.
Nel processo di tipo accusatorio si dice che prevalgono la pubblicità e l'oralità, perché sono utilizzabili come prove non i verbali delle dichiarazioni raccolte dall'Accusa e le informative, ma le dichiarazioni orali rese davanti al collegio giudicante, alla luce del sole e nel contraddittorio delle parti. I verbali dell'Accusa e le informative, in questo caso, servono all'Accusa e alle Difese per individuare le fonti di prova utili, da svolgere davanti al collegio giudicante. Ovviamente anche le Difese interrogheranno i testi dell'Accusa e potranno indicare propri testi, a loro volta interrogabili anche dall'Accusa.
Com'è noto, il processo sportivo è inizialmente costruito sul modello inquisitorio, nel senso che i verbali della Procura Federale e le informative di polizia costituiscono prove utilizzabili.
Vi è da dire, però, che anche nei processi di tipo inquisitorio la fase dibattimentale non esclude l'audizione dei dichiaranti in contraddittorio davanti al collegio giudicante. Anzi, sia l'Accusa che la Difesa debbono e possono indicare i testi da sentire, mentre l'interrogatorio degli incolpati costituisce un obbligo ineludibile, a pena di nullità della sentenza. Riguardo a questo ultimo aspetto c'è da dire di più, che normalmente è previsto anche un obbligo di interrogare l'imputato prima del rinvio a giudizio, anch'esso a pena di nullità. Obbligo a cui corrisponde anche l'altro obbligo di svolgere, se necessari, accertamenti su quanto dichiarato dall'imputato a propria difesa. Inoltre nel dibattimento il collegio giudicante ha ampi poteri di iniziativa istruttoria a prescindere dalle richieste delle parti. Insomma, le prove formate dall'accusatore senza contraddittorio si aprono nel dibattimento al contraddittorio delle parti.
Cosa succede invece nel processo sportivo?
Non c'è obbligo di interrogatorio (vedi caso Alessio), né apertura al contraddittorio per deferire a giudizio e men che meno obbligo di fare accertamenti su quanto eventualmente dichiarato dall'incolpato (vedi caso Conte sull'esclusione di Mastronunzio); non c'è obbligo di interrogatorio da parte del collegio giudicante per poter pronunciare condanna (vedi ancora caso Alessio), non esiste lista dei testi da sentire in contraddittorio con le Difese; l'eventualità dell'audizione di testi o altri dichiaranti in contraddittorio è auspicato da riformisti in erba come fatto del tutto discrezionale ed eccezionale, quasi a voler disturbare il meno possibile.
In realtà il contraddittorio in dibattimento sulla formazione della prova, sia pure confermando il valore probatorio di verbali e informative raccolti dall'Accusa durante le indagini, è il minimo irrinunciabile per qualsiasi riforma. Nel processo sportivo tutto questo non c'è per i noti "motivi di celerità".
Ma quanto ci vuole a sentire, nei casi più complicati, 10 o 20 testi? Una, due udienze? Le si facciano a tappe forzate e non si accampino scuse puerili sulla celerità.
Olio di gomito, si acceleri il lavoro processuale da fare e amen!
Ma allora, quale modello reale in definitiva segue questo processo sportivo attualmente in vigore?
E' difficile paragonarlo ad un qualsiasi modello inquisitorio conosciuto, che con tutti i suoi limiti non è però privo della dignità di chiamarsi "processo".
Prove unilateralmente raccolte, fuga dal contraddittorio e blindatura del materiale probatorio raccolto dalla Procura Federale sono cose d'altri tempi, non raccomandabili. Eppure questo processo sportivo riesce anche ad essere a volte smontato, per la pochezza intrinseca del materiale probatorio più che per un'effettiva possibilità di difesa.
Vale, anche in questo caso, quanto detto poco sopra circa la distinzione tra strumento di Giustizia e strumento di Potere. Il mezzo (processo sportivo) è più importante del fine (giustizia).
In realtà pare problematico chiamarlo anche soltanto "processo". In assenza totale di contraddittorio sulla formazione delle prove mancano, infatti, le parti essenziali di un processo: l'imputato e il suo difensore. Ci stanno le prove costruite dall'Accusa, con le domande fatte e quelle non fatte a testi e indagati. Le domande non fatte dall'Accusa ai propri dichiaranti non possono essere fatte dalla Difesa, che al massimo può fornire qualche altra prova con indagini difensive, in minor quantità, costruite allo stesso modo. Le indagini difensive, infatti, sono voce marginale, distinta ed aggiuntiva al materiale probatorio dell'Accusa, fenomeno che accade anche nei processi veri, e per di più nel processo sportivo la possibilità di svolgerle è compressa dalla "celerità" del rito sportivo entro tempi angusti.
Si va poi direttamente alla discussione finale con le conclusioni delle parti, Accusa e Difesa, per convincere il giudice.
Questo non è contraddittorio. Il contraddittorio precede la discussione finale delle parti e non va confuso con quella.
Non c'è intervento di una parte sulle prove fornite dall'altra parte e chi ha maggiori mezzi di indagine e maggior tempo per utilizzarli blinda il processo.
Se in questo processo mancano l'imputato e il suo difensore, sono, invece, ben presenti un accusatore superdotato di poteri ed un giudice pigro per scelta normativa.
Del processo inquisitorio resta quindi solo il valore di prova delle indagini dell'Accusa, mentre se ne vanno il Giudice che decide sulle indagini, il contraddittorio dibattimentale sulle prove e i poteri istruttori del giudice del dibattimento.
A Petrucci e Abete il Codice Rocco non bastava per regnare sul loro impero sportivo.
La rappresentazione normativa che ci dà l'attuale Codice di Giustizia Sportiva, più che ad un tribunale, fa pensare ad una cucina, dalla quale si possono sfornare solo arrosti frettolosi, per lo più bruciati.
E guai a protestare, qua il cliente ha sempre torto. E i cuochi esigono rispetto.
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Rispetto per la Giustizia Sportiva! /4
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