Della posizione di Moggi si è discusso in lungo e largo, e il suo processo ha avuto un'attenzione mediatica non indifferente. All’ex dg della Juventus abbiamo dedicato uno speciale, a cui rinviamo per approfondimenti, con un’analisi dettagliata delle motivazioni della sentenza di primo grado, capo d’accusa per capo d’accusa. Nel successivo giudizio d’Appello è sopravvissuto soltanto il capo A dell’associazione, mentre le frodi nel frattempo sono andate prescritte. Ai fini però della restituzione dei due scudetti, anche la posizione di Giraudo diventa fondamentale, poiché era lui il legale rappresentante della Juventus durante gli anni oggetto d'indagine. Urge quindi un riepilogo, per capire esattamente in che condizioni si trovi l'ex ad bianconero e quali speranze ci siano per lui. Andiamo ad analizzare le carte.
Il giudice Stanziola del processo d'appello si discosta decisamente dal clima forcaiolo che si respira leggendo il dispositivo del suo predecessore, il giudice De Gregorio. Questi aveva rinviato a giudizio in primo luogo sia Moggi che Giraudo, e quindi una sua idea sulla colpevolezza dei due se l'era già fatta. Ma De Gregorio era andato oltre, riprendendo pedissequamente le informative di Auricchio e non considerando minimamente le tesi difensive degli imputati: uno degli apici viene raggiunto sicuramente sulla questione Paparesta, sul cui sequestro il magistrato afferma che è "un dato pacifico che Paparesta sia stato chiuso nello spogliatoio".
La sentenza d'appello conferma la condanna per associazione a delinquere, ma riduce la pena di Giraudo a 1 anno e 8 mesi, addebitandogli la frode per la sola Juventus-Udinese del 13 febbraio 2005. L'inclusione di almeno una frode sportiva era un requisito necessario per condannare l'ad, anche se la sua posizione si è notevolmente sgravata dal 1° grado.
Analizziamo l'antefatto: dopo la partita di andata Juventus-Milan, l'operato di Bertini fu aspramente criticato poiché, a detta dei media, aveva consentito alla Juventus di pareggiare a reti inviolate quella partita ed impedire ai rossoneri di guadagnare terreno e portarsi a -1. Nelle sette-otto giornate che susseguirono, le sviste, a detta dei dirigenti, stavano contribuendo notevolmente alla nuova situazione di classifica, per quanto la squadra bianconera ci avesse messo del suo per ridurre il vantaggio sul Milan a soli due punti. È in questo quadro che avviene la telefonata Moggi-Giraudo del 6 febbraio: i due discutono sulla necessità di stabilizzare l'ambiente interno (quello dello spogliatoio) e anche "l'altro ambiente e quelli che sembrano degli amici ma, oramai, non ci danno più niente...", intendendo probabilmente quello federale, sottoposto al costante bombardamento dei media ogni qualvolta ci fosse un errore pro Juve. Una persona in malafede potrebbe pensare che Moggi possa riferirsi a una strategia per ottenere favori arbitrali. Ma, successivamente, aggiunge che "secondo me non esiste niente che in pratica possa incidere sull'andamento della partita ma quando sei al limite deve essere in un'altra maniera", ovvero ritiene che gli arbitri non incidano sul risultato, ma quando la lotta è serrata le sviste possono costare.
Moggi parla anche di alcuni fischietti che "hanno paura di essere marchiati dopo così... di essere contro. Va a capire perché, poi gli facciam le polemiche, ma qui siamo arrivati al punto che nel dubbio ci dan, nel dubbio puoi dare a favore o contro, qui nel dubbio dai sempre contro e non va bene perché tu ti vuoi prendere l'interno ma anche l'esterno".
In poche parole quindi questa è una telefonata a discarico, dove Giraudo concorda con la visione del collega. Addirittura, in una successiva telefonata tra i due, si dice che se un arbitro sbaglia involontariamente a favore della Juventus, "è bandito, scappa dalla prima griglia, daaai [...] poi questi dicono 'chi ce lo fa fare?' '', mentre quelli che sbagliano a favore di altre squadre vengono premiati: "Ora aspettiamo Rosetti in prima griglia domenica. Se lo merita. E se invece succede il contrario, scappa dalla prima griglia per 10 settimane, lo mandano addirittura in terza griglia", conclude amaramente Moggi, riferendosi alla mancata espulsione di Stam nella gara Milan-Lazio da parte del fischietto torinese.
È in questo scenario che si inserisce la cena dell'8 febbraio con Bergamo e Pairetto. Perché, secondo Stanziola, sarebbe questo l'atto fraudolento, non certo l'aver protestato pubblicamente o al telefono con Moggi per l'atmosfera arbitrale (proteste, tra l'altro, che erano note a tutte, come riporta questo articolo di Fulvio Bianchi: "A disvelare il senso reale delle riunioni periodiche è, a parere della Corte, il contenuto della telefonata del 9 febbraio 2005", ovverosia la famosa "grigliata" Moggi-Bergamo". La deduzione logica sarebbe:
Preoccupazione di Giraudo ---> accordo con Moggi di farsi sentire con chi di dovere ---> discussione delle griglie a cena ANCHE con Giraudo.
Tutto ciò denota un'assenza di garantismo paurosa, poiché appare lapalissiano come le lamentele dei due dirigenti juventini denotino solo grande passività e rassegnazione verso gli ambienti federali e la pressione mediatica a cui ogni arbitro è sempre sottoposto non appena sbagli in favore della Juventus. Pressione che ci viene confermata dalla telefonata del 26 novembre di Carraro a Bergamo: "Mi raccomando, che non sbagli a favore della Juventus", che fa capire come anche in FIGC conoscessero bene il trambusto che una vittoria "discussa" dei bianconeri potesse causare (soprattutto in vista delle elezioni della Lega). Bergamo inoltre afferma che spesso le cene con i presidenti delle squadre erano incentrate più su un clima gioviale e di cordialità, al fine di cercare di accattivarsi le simpatie dei designatori e affinché questi includessero la propria squadra sempre in prima fascia, quindi con un lotto di arbitri sorteggiabili il più competente possibile. Ma fingiamo di piegarci al gioco della Corte, e smontiamo le loro certezze.
a) Se le griglie erano state il centro della conversazione, che senso ha chiamare Bergamo il giorno dopo? E perché Bergamo poi il 10 febbraio chiama Pairetto per confrontarsi ulteriormente sui nomi da mettere nelle varie fasce?
b) Durante la conversazione, Moggi adopera sempre il singolare: "io ho studiato la griglia", "io volevo mettere Tombolini, ma...", e mai una volta chiama in causa Giraudo nella composizione delle griglie;
c) La sentenza recita: "la menzionata conversazione del 9 febbraio [...] nella quale Moggi dettava praticamente le griglie a Bergamo già stabilite riprova che nell'incontro serale tenuto il giorno precedente - al quale avevano partecipato oltre a Pairetto e Moggi anche Giraudo - [...] era finalizzata a tale incombenza. [...] E difatti Moggi detterà a Bergamo le griglie arbitrali che questi recepirà supinamente". Oltre a rimandare al punto a) precedentemente discusso, urge una precisazione: nel discutere delle griglie, Moggi cita Tombolini, ma in maniera distratta, come se non avesse avuto tempo di verificare se effettivamente poteva andarci. Bergamo poi propone il nome di Rodomonti, mentre la sua griglia è composta da Bertini, Racalbuto, Trefoloni, Paparesta e Tombolini. E quale sarà l'arbitro poi sorteggiato? Proprio Rodomonti! E meno male che se l'era studiata Luciano!
d) In una successiva telefonata del 10 febbraio, Bergamo e Pairetto discutono delle griglie, e il tono è come di due persone che non si erano ancora nemmeno parlate sulla faccenda. Pairetto fa la sua griglia, che è identica a quella di Bergamo ma con l'aggiunta di Rodomonti, e Bergamo infatti dice "Ah, io Rodomonti non ce l'avevo messo". Ma non aveva discusso di griglie la sera prima?
Quest'ultima telefonata è poi la prova di come questa associazione esista solo nella mente degli antijuventini in malafede: l'impressione è che Bergamo chiami Pairetto soprattutto per parlare del malumore di Moggi. Questi gli avrebbe detto che quando gli arbitri sbagliano contro la Juventus succede un finimondo, mentre quando sbagliano in altre partite vengono premiati. Insomma, Moggi si lamenta del trattamento che i designatori, presunti sodali dell'associazione, hanno verso gli arbitri che sbagliano contro la Juve. E per farlo li invita a cena e non discute nemmeno delle griglie, perché altrimenti le avrebbe dettate là e contattato i possibili arbitri (di cui invece non c'è alcuna prova).
E come reagisce Bergamo alla sfuriata? Mostrandosi molto determinato a respingere qualsiasi accusa e a evidenziare la propria indipendenza, infatti dice: “Noi non ci si può far imporre niente da nessuno", con Pairetto a fargli da eco con "noi non dobbiamo accontentare mai nessuno, dobbiamo accontentare noi stessi".
L’aspetto che però, più di ogni altro, incarna le contraddizioni di questa sentenza sta nel diverso trattamento che Stanziola riserva agli arbitri, tutti assolti da lui, al contrario di quanto aveva fatto De Gregorio. In che modo quindi la Corte stabilisce se un arbitro abbia commesso frode sportiva? In una di queste due modalità:
- deve aversi la prova che l’arbitro è stato indotto a prendere decisioni volutamente errate;
- quando ciò non fosse possibile, “è indispensabile accertare una condotta fraudolenta effettiva ed univoca nella direzione di gara”
Nel primo caso, il giudice precisa che le sim svizzere e i relativi contatti non sono sufficienti, come non lo erano stati per la Casoria. Così, Dondarini viene assolto poiché sia il referto arbitrale sia la CAF non avevano rilevato censure tecniche al suo operato, e "a maggior ragione una condotta già giudicata conforme alle regole della disciplina sportiva dai competenti organi non può essere rivalutata negativamente (per gli stessi fatti) dal giudice ordinario, in assenza della prova del previo concerto".
Anche Pieri trova completa assoluzione, proprio perché la colpevolezza non è più desumibile dalle sim svizzere e/o dalle telefonate "a sua protezione" di Moggi con Baldas, elementi che invece erano bastati per De Gregorio. Infatti, sebbene il referto arbitrale dell'osservatore Luci evidenzi qualche svista tecnica, i suddetti elementi non sono sufficienti a suffragare l'ipotesi di un Pieri "associato", anche per aver ricevuto rimproveri da parte dei designatori per alcuni errori da lui commessi nel corso della gara, in particolare per la punizione fischiata dal quale deriverà il gol di Nedved. E sul possesso delle sim straniere, la Corte non pone in dubbio che Pieri le abbia effettivamente ricevute, ma si concentra sul fatto che questi non abbia ricevuto alcun vantaggio dall'essere associato: "Proprio tale ultima circostanza pone in serio dubbio l’appartenenza del Pieri all’associazione a delinquere che, finalizzata ad alterare l’esito del campionato 2004-2005, mirava, nella prospettazione accusatoria, a tutelare gli arbitri che avevano favorito la Juventus o che comunque erano vicini alla società e a penalizzare gli arbitri che non favorivano la squadra bianconera".
Il ruolo di Giraudo quindi appare totalmente secondario, poiché egli non fa altro che concordare con Moggi sulla necessità di lamentarsi con i designatori a causa della "sudditanza psicologica al contrario", che a loro avviso influenzerebbe gli arbitri a non fischiare nulla a favore della Juve per il rischio di essere marchiati come "filo-juventini", come lo stesso De Santis. Proprio di quest’ultimo l'ex dg bianconero si lamenta con la Fazi dicendo che non può nemmeno lamentarsi perché altrimenti si sente rispondere dai giornali "ma è il vostro Massimo!", segno che per il sentimento popolare era ancora marchiato a fuoco per il famoso gol annullato a Cannavaro. E del potere dei media è ben conscio Carraro che, poco prima delle elezioni in Lega, raccomanda a Bergamo di non favorire la Juventus nello scontro con l'Inter; e questi recepirà in pieno il messaggio, consigliando a Rodomonti di "guardare più a chi sta dietro" (l'Inter, n.d.r).
Come mai, quindi, la sentenza è così controversa? Il doppiopesismo che si legge nel dispositivo è molto simile a quello che si evince da quello della Casoria, che non a caso aveva detto di aver ricevuto pressioni dal Procuratore Capo Lepore ("vedi che devi fare per farla astenere" disse il giudice citando uno scambio epistolare tra Lepore e il Presidente del Tribunale di Napoli Alemi). Un clima brutto a Napoli quindi, con i giudici che non sembra abbiano potuto giudicare in completa serenità. Raccontarono gli inviati Rai infatti che, poco prima della lettura delle condanne del processo ordinario di 1° grado, si sia udita la Casoria urlare e inveire contro le altre due giudici a latere.
La speranza è che a Roma ci sia un clima più sereno nell’affrontare l’affare Calciopoli e che quindi prevalga una neutrale e corretta interpretazione e applicazione della legge.