“Inseguire un pallone è come inseguire gli obiettivi della vita, ogni tanto lo puoi raggiungere, ogni tanto ti può sfuggire. Affrontare un avversario è come affrontare le difficoltà quotidiane, a volte ti supera, a volte riesci a bloccarlo, sapendo che non devi smettere di correre. Vedere il pallone gonfiare la rete, è come sentire il proprio cuore riempirsi di gioia. Grazie calcio, per avermi insegnato a vivere giocando”.
Il giorno che Gianluca Pessotto scrisse questa poesia il suo animo ed il suo cuore erano particolarmente ispirati. La sua sensibilità ed intelligenza si stavano esprimendo ai massimi livelli.
Parole vere, sentite, scritte da un uomo che un bel giorno ha visto calare il nero delle tenebre sulla sua esistenza. Quel nero catrame che aveva coperto con un manto ruvido ed ispido la sua splendida, meravigliosa realtà, che lo aveva accompagnato sino a quel momento, donandogli gloria infinita e soddisfazioni personali a non finire.
Non voglio rivangare quella triste storia, ringraziando soltanto la provvidenza divina, che ha continuato a suonare la melodia della vita per il nostro Pessottino.
Ho la fortuna di conoscere Gianluca, avendolo incontrato spesso ad eventi juventini, e non potrò mai dimenticare il giorno in cui presentammo il libro “Andrea Fortunato, una stella cometa”.
Eravamo all’interno della Fondazione Chianelli di Perugia, struttura che ospita bambini ammalati di leucemia, felici, per un giorno, d’incontrare il loro campione. Gli occhi di Gianluca erano lucidi di commozione, veri e propri specchi della sua anima.
Pessotto calciatore arrivò alla Juve nell’estate del '95, con la squadra bianconera fresca Campione d’Italia, dopo nove lunghi anni. Era l’inizio di un ciclo straordinario di cui Gianluca è stato grandissimo protagonista.
Al Direttore Luciano Moggi capita ogni tanto, durante le serate che trascorro con lui, di avere una gran voglia di parlare di calcio. Ed io lo ascolto per ore in religioso silenzio, come quando, da ragazzino, ascoltavo le avventure di mio nonno in guerra.
“Pessotto è stato uno dei due, tre giocatori fondamentali del mio ciclo. Indispensabile in campo e nello spogliatoio”, ripete spesso.
Fu proprio il Direttore a portarlo alla Juve con una telefonata:
“Gianluca, vuoi venire a giocare con noi?”, gli chiese.
La storia narra che aveva già un accordo definitivo con la Fiorentina, ma rispose di sì senza esitare, ragionando in un secondo sui sacrifici che mamma Rina aveva fatto per lui.
Era pazzo di gioia e lo avrebbe voluto gridare al telefono.
Pessottino aveva appena finito di giocare una straordinaria stagione con la maglia del Toro, risultando, ironia del destino, miglior giocatore in entrambi i derbies vinti dai granata.
Era esploso un grande terzino di fascia, ricco di dinamismo, intelligenza tattica, accessoriato da un ottimo piede sinistro. Ma la sua più grande dote era la continuità di rendimento assoluto: rileggendo il suo score juventino, 243 partite, è impossibile trovare un cinque in pagella, dimostrazione di un’affidabilità stupefacente.
Era il classico giocatore che “faceva la legna”, indispensabile per i suoi compagni.
Una volta Davids era stato scelto come miglior giocatore del match, e lui, di fronte alle telecamere, disse: “No, questo premio lo dovete dare a Pessotto”.
Amato e stimato dai compagni, che lo sommersero di abbracci dopo i suoi due goal realizzati in maglia bianconera. Uno dei due lo ricordo bene: a Perugia, un tiro da trenta metri all’incrocio dei pali. Ero seduto in tribuna, vicinissimo alla zona da cui fece partire il missile terra aria.
Ottimo curriculum anche con la maglia azzurra: 22 presenze, partecipando ai Mondiali del 98 e agli Europei del 2000.
Ma il momento più importante della carriera di Pessotto è indimenticabile per tutti i tifosi juventini, durante una fresca serata di maggio del 1996, a Roma, in Finale di Champions League.
Juve e Ajax si giocavano la “Coppa con le Orecchie” ai calci di rigore. Per noi tifosi bianconeri sembrava un’altra serata stregata, dopo aver visto la nostra squadra sbagliare otto, nove palle goal clamorose, mentre la tensione saliva e l’incubo stava continuando, imperterrito.
Gianluca si presentò sul dischetto, era il secondo rigore: con una calma inglese stupefacente, tiro perfetto e goal! Stupì soprattutto la sua esultanza contenuta, quasi fosse certo che non avrebbe sbagliato e che la Juve sarebbe divenuta Campione d’Europa. Trasmise la sua sicurezza a tutti noi bianconeri seduti sugli spalti e a tutti quelli di fronte alla TV.
Aveva ragione: il sogno si tramutò in realtà pochi minuti dopo, eravamo Campioni!
Grazie ancora, Gianluca, e grazie anche per il lavoro che stai attualmente svolgendo all’interno della Società.
Pessottino è infatti il Responsabile del Settore Giovanile della Juve, che tante soddisfazioni sta regalando alla Società. Un ruolo fondamentale che sta portando avanti con grande professionalità, conseguenza della sua esperienza ed intelligenza.
Questo è Gianluca Pessotto, il giocatore uomo che legge Hesse, Goethe, Schopenauer, Dostoevskij, che ha adorato Montanelli, Gorbaciov e che ama all’inverosimile il libro “Il Piccolo Principe” di Saint Exupéry, la favola che insegna i valori morali ed umani che vanno contro il materialismo galoppante della nostra società.
Quindi arrivederci, Piccolo Principe Bianconero, non dimenticare di preparare la Reggia Juventina, che molto presto potrebbe ricevere con tutti gli onori la Terza Stella.