Più che di "Processo Calciopoli", stavolta parliamo di "Prioreschi vs Beatrice". Su nemmeno 3 ore di udienza, la parte del leone ieri l'han fatta il legale di Moggi e il Pubblico Ministero napoletano. Quasi un'ora se l'è presa l'avvocato romano, per convincere il Tribunale che alcune delle prove presentate dall'accusa sarebbero irregolari. Poco più di 40 minuti, invece, è stata occupata dalle spiegazioni dell'accusa, in questo caso costretta sulla difensiva.
Le questioni poste dall'avvocato Prioreschi non sono state solo formali. Anzi, l'avvocato è entrato anche fin troppo nel merito della storia delle indagini, esponendosi anche ai rilievi del suo avversario per questo.
Insomma, le schermaglie iniziali del processo non sono state solo procedurali, ma si è toccata anche la sostanza. Basti pensare che la parte più interessante dell'intervento di Prioreschi è stata dedicata al famoso (o famigerato) teorema delle SIM svizzere, e il prossimo 15 maggio, giorno in cui il Tribunale si pronuncerà sull'ammissibilità delle prove presentate, uno dei teoremi portanti di quel processo mediatico che 3 anni fa venne chiamato Calciopoli, e che per noi è Farsopoli, potrebbe già subire un brutto colpo.
In sostanza, il legale di Moggi contesta i famosi specchietti sul presunto traffico telefonico che sarebbe intercorso tra molti degli imputati. Secondo l'accusa, tali documenti (presentati in forma di files di Excel) rappresenterebbero l'accertamento di un canale riservato di comunicazione telefonica tra Moggi, il ds messinese Fabiani, i designatori e alcuni arbitri. Prioreschi ricorda che si tratta solo di un'ipotesi investigativa dei Carabinieri, fondata su un'acquisizione di tabulati stranieri (svizzeri e del Liechtenstein) avvenuta senza che per altro venisse effettuata la richiesta di rogatoria internazionale prevista da diversi articoli di legge e dal trattato bilaterale italo-svizzero.
Prioreschi ripercorre così la nascita di questo filone d'indagine: il 9 febbraio del 2005, dal fisso di casa Bergamo (allora designatore arbitrale) parte una telefonata al numero di un cellulare dotato di SIM svizzera, e i Carabinieri, che sono in ascolto, intuiscono che dall’altra parte ci sarebbe Moggi. Da lì, chiedono al pm di mettere sotto intercettazione anche l'utenza straniera. Badate bene: l'utenza in questione viene posta sotto intercettazione, ma senza esito, perché tale numero non produce traffico telefonico. A quel punto, gli inquirenti chiedono ai pm di acquisire i tabulati telefonici relativi a quest'utenza, ma "contemporaneamente e autonomamente" (cioè senza rogatoria) compiono, secondo l'informativa d'indagine, "accertamenti mirati tramite gli uffici collegati svizzeri", con il risultato di scoprire che tra l'1 gennaio e il 15 marzo l’utenza in questione avrebbe contattato unicamente altre due utenze svizzere, ipotizzando che ad usarle fossero nientemeno che i due designatori, Bergamo e Pairetto. Sempre "autonomamente", e cioè senza rogatoria, accertano che l’intestatario di queste SIM straniere (gestore Switzerland Sunrise) sarebbe un certo Arturo De Cillis nato a Carovigno.
Un anno dopo, a maggio 2006, e cioè allo scoppio di Farsopoli, il figlio dell'intestatario De Cillis (che è ottuagenario) si presenta dai Carabinieri e racconta che quelle 3 SIM, più altre 6 sempre intestate a suo padre, sarebbero state acquistate nel loro negozio di Chiasso da un dipendente della Juve, tal Bertolini. A quel punto, l'indagine lievita, ma secondo Prioreschi un po' troppo, perché in seguito all'esame dei tabulati delle 9 schede ne scaturiscono altre e, soprattutto, in successivi interrogatori, De Cillis fornisce agli inquirenti i numeri di qualcosa come 385 SIM del Liechtenstein, come se, a forza di essere sentito, avesse riportato loro l'elenco di tutte le schede vendute nel suo negozio di Chiasso.
La tesi dell'avvocato di Moggi è che, in quanto fatto senza la necessaria rogatoria internazionale (questione molto più che formale, come avevamo già segnalato qui), l'atto che ha originato questa indagine sarebbe irregolare, e di conseguenza sarebbero inutilizzabili anche tutti quelli che ne sono seguiti. E' il concetto della “inutilizzabilità derivata”, per il quale l'avvocato si appella a due sentenze della Cassazione. Allo stesso modo, chiede che non possano essere utilizzate le dichiarazioni rese da Bertolini e De Cillis presso l’autorità giudiziaria, nonché quelle al riguardo dei carabinieri del Nucleo Operativo di Roma che hanno svolto l'indagine.
Per prevenire alcune possibili obiezioni dall'accusa, il legale ricorda che la giurisdizione, riguardo alle indagini sulle utenze mobili, è quella della nazione del gestore di telefonia, e non quella del luogo in cui le utenze vengono utilizzate. Inoltre, le SIM, a parte le 9 di De Cillis, non si sa nemmeno a chi siano intestate, perché risultano in gran parte anonime. E' vero che ci sarebbero sentenze della Cassazione che parlano di “instradamento”, e cioè del fatto che quando una sim straniera comunica con numeri italiani la chiamata è instradata nel nostro paese e quindi soggetta al nostro regime giuridico, ma la differenza qui starebbe nel fatto che si tratta di SIM straniere che comunicano fra loro.
Oltre alla questione schede svizzere, Prioreschi solleva profili di inutilizzabilità riguardo alle intercettazioni vere e proprie. Segnala irregolarità nei decreti di autorizzazione, che nel caso di quelli effettuati dal Gip sarebbero privi di motivazione, mentre quelli del Pm ne avrebbero una solo "apparente". Evidenzia inoltre diversi casi di mancanza di motivazione anche rispetto ai decreti sulle SIM svizzere. Inoltre, tutte le richieste di intercettazioni e di proroga mancherebbero di timbro di deposito in segreteria.
Ma l'aspetto più sostanziale riguarda il problema della "remotizzazione". In poche parole, secondo la legge, l'ascolto delle intercettazioni può essere sì effettuato dall'autorità di polizia giudiziaria (es. i Carabinieri), ma il server deve essere installato presso il centro intercettazioni della procura. In questo caso, invece, il sistema delle intercettazioni era installato direttamente presso il reparto operativo dei Carabinieri: un server con 18 linee telefoniche (una linea può intercettarne 150). Tanto è vero che, per le varie richieste di informazioni sulle utenze, nelle comunicazioni ufficiali la TIM interloquisce direttamente con i Carabinieri, e non con la procura. La stessa procura, quando interloquisce con la TIM, indica i Carabinieri (RONO) come coloro che fanno le intercettazioni (e non il CIT della procura). Alla questione avevamo già dedicato un articolo che entra nel merito degli aspetti più tecnici.
Prioreschi solleva poi altre richieste di inammissibilità. Una riguarda il caso Lodà, e cioè di un signore che parrebbe aver depositato presso la Procura di Firenze un documento audio da lui registrato, contenente informazioni sulla costruzione del famoso dossier su Della Valle, e che per l'avvocato costituirebbe un caso di "intercettazione abusiva".
Inoltre, introduce la questione dell'inammissibilità di tutti gli atti della giustizia sportiva, delle dichiarazioni rese presso l'ufficio indagini della Federcalcio alle relazioni dell’ufficio indagini, dagli atti della Figc relativi all'indagine della procura di Torino al deferimento della procura federale di Calciopoli.
Il problema dell'inammissibilità degli atti della giustizia sportiva viene poi rimarcato anche dall'altro avvocato di Moggi, Trofino, che fa solo un breve intervento al proposito. Ma la questione viene sollevata pure dai difensori di diversi altri imputati.
Particolarmente interessante anche il breve intervento dell'avvocato Messeri, legale dell'arbitro Bertini. Sostiene anch'egli l'inutilizzabilità dei tabulati delle SIM svizzere (lui li chiama "tabulati", ma forse si riferisce ai famosi specchietti che associavano a ciascun arbitro le rispettive SIM svizzere e ne ipotizzavano la rete di chiamate), per mancanza della rogatoria, delle autorizzazioni e altre ragioni indicate da Prioreschi.
Laddove anche tali tabulati venissero ammessi, chiede l'audizione dei legali rappresentanti dei gestori telefonici, per sottoporglieli e verificarne la provenienza e la completezza. Inoltre, chiede una perizia per chiarirne le modalità di formulazione, dato che sono documenti di formazione extraprocessuale quantunque finalizzati al processo, formati in assenza di principi difensivi, e di cui è lecito approfondire i sistemi tecnologici a cui gli investigatori sono ricorsi. Tutto ciò perché, rileva, tali documenti contengono delle assolute contraddittorietà. Risultano, ad esempio, assurde e illogiche le 39 telefonate prima di una partita (Juve-Milan). Addirittura, in un altro caso, Bertini in 10 minuti starebbe prima ad Arezzo e poi a Milano.
Nel caso dunque i tabulati fossero comunque ammessi, chiede perciò una perizia completa.
L'udienza si conclude, dunque, con il lungo intervento del Pm Beatrice, finalizzato a difendere la bontà dei mezzi di prova messi in discussione.
La registrazione Lodà, fatta autonomamente, e non dall’autorità giudiziaria, sarebbe ammissibile anche se priva di autorizzazione. Sull'ammissibilità degli atti della giustizia sportiva, Beatrice ricorda che alcuni difensori, a differenza dei colleghi che ne hanno chiesto l'inutilizzabilità, hanno chiesto loro stessi di produrre atti dello stesso tipo. Inoltre, ricorda casi in cui atti di procedimenti diversi da quelli giudiziario sono stati acquisiti.
Sulle SIM svizzere critica Prioreschi, che a suo dire è entrato troppo nel merito, raccontando la storia dell'indagine. Contesta il discorso della “inutilizzabilità derivata”. Ricorda che la giurisprudenza dell’instradamento riguarda le intercettazioni telefoniche, e non le attività di richiesta di acquisizione tabulati o comunque di documenti in possesso di gestori italiani.
Sulla motivazione dei decreti del pm, contesta la definizione di "apparente". In realtà, in alcuni casi, come quello dell’acquisizione di tabulati telefonici, può essere sufficiente, secondo alcuni pronunciamenti, una versione “succinta”. Licenzia come troppo formalistica la contestazione della mancanza delle firme dei segretari della procura.
Giustifica la doppia data di un atto (nov. 2004 e giu. 2005) con la necessità, nel secondo caso, di contabilizzare le intercettazioni presso la ditta fornitrice.
Sulla questione della remotizzazione va però in difficoltà. Parla di "segmenti" nei quali la Cassazione avrebbe stabilito che l’intercettazione dovesse avvenire, come quello della "captazione", che avviene presso il gestore; quanto alla "registrazione", la prima deve essere fatta in Procura, poi però un’attività identica potrebbe avvenire nei locali di polizia giudiziaria. In sostanza, da quando la registrazione si fa in digitale, essa potrebbe tranquillamente avvenire contemporaneamente sia in Caserma che in Procura. Quando però il Presidente del Tribunale gli chiede chiarimenti sul "sistema base" usato per le intercettazioni, va in confusione, strappando alla Casoria un commento ironico: "E' impreparato sul punto... vabbene..."
Prossimo appuntamento, dunque, il 15 maggio, quando il Tribunale si pronuncerà sull'utilizzabilità delle prove presentate.