Dossier doping: il processo di primo grado

La fase istruttoria, che si conclude il 29 maggio 2000, determina il rinvio a giudizio per il medico sociale della Juventus, Riccardo Agricola e per l’amministratore delegato Antonio Giraudo. I due sono chiamati a presentarsi il 31 gennaio 2002 per l’inizio del processo presieduto dal giudice Giuseppe Casalbore.
La società Juventus è accusata di frode sportiva per abuso di farmaci. In pratica, il capo dello staff medico, in accordo con il manager bianconero, avrebbe somministrato prodotti farmacologici leciti per sfruttarne gli effetti collaterali con lo scopo ultimo del miglioramento delle prestazioni sportive. Una modalità di impiego dei farmaci definita “off-label”, cioè fuori etichetta, fuori prescrizione.
L’accusa è debole poiché si tratta sempre di prodotti non inseriti nelle liste antidoping e, soprattutto, perché il fatto non costituisce reato secondo la legge sulla frode sportiva del 1989. Ma il colpo di scena è dietro l’angolo. Giugno 2004: dopo una serie di udienze a calciatori, dirigenti e allenatori che non apportano sostanziali elementi di novità, il giudice Casalbore richiede l’intervento dell’ematologo Giuseppe D’Onofrio per eseguire delle perizie sui valori sanguigni dei calciatori juventini. Questi, coadiuvato dal dr. Eugenio Muller, produce un teorema dai risultati originali e dalle fondamenta discutibili: nelle variazioni dei valori ematici dei giocatori si può presumere che, in pochi casi, si sia verificata la somministrazione di Epo. Il colpo è duro e inaspettato e la difesa contesta subito la mancanza di vere basi scientifiche in grado di validare le conclusioni di D’Onofrio. Questi, al contrario, insiste sull’accusa di somministrazione di Epo, nonostante gli sbalzi di ematocrito e di emoglobina superino di poco e in sole due occasioni le soglie consentite. Sta di fatto che il 15 luglio 2004 all’incolpazione di abuso di farmaci e di altri reati minori, si aggiunge anche quella di somministrazione di eritropoietina, farmaco del quale non esiste prova di acquisto da parte della Juventus.
Il 15 ottobre 2004, la requisitoria dei pm Sara Panelli e Gianfranco Colace dà per certo l’uso «a bassi dosaggi ma cronico» di questa sostanza, pur senza che un giocatore bianconero sia mai stato trovato positivo ad un controllo. Incredibile come la Panella cerchi di avvalorare questa teoria: «Sui suoi computer (di Agricola, nda) abbiamo ritrovato un’ impressionante quantità di dati sui giocatori, con persino i grafici dei loro valori del sangue». In sostanza, il dottor Agricola era troppo preciso e questo testimonierebbe che l’abuso di farmaci era una consuetudine perfettamente organizzata. Ma affermare che la “prova del dolo” risiede nella meticolosità stessa del dottore nello svolgere il suo lavoro è quantomeno illogico: se operare con precisione ed efficienza significa essere sicuramente colpevoli, allora vi è un qualche difetto di logica. Secondo questa ottimistica congettura, doparsi un po’ come capita costituirebbe addirittura un’attenuante. Inoltre, non era solo la Juventus a prevedere frequenti controlli dei propri atleti. Il milanista Seedorf, chiamato in causa per essersi rifiutato di sottoporsi al controllo incrociato sangue-urine, ebbe a dichiarare che a Milanello, venivano svolti controlli ogni due mesi ( Cfr C.Petrini, Le corna del diavolo, Kaos, pag.259). Il che rientrerebbe nella media di quelli svolti dalla Juventus. I pm chiamano in causa anche Giraudo, reo di essere stato a conoscenza delle pratiche mediche di Agricola e di non aver mosso un dito al riguardo. Durante il discorso accusatorio si registra anche un grottesco episodio di cui si rendono protagonisti i due pm, i quali chiedono conto ad Agricola del contenuto di un testo di ematologia pubblicato alla fine degli anni Settanta:

Agricola: «Non mi sono mai occupato direttamente di questa materia»
Pm: «Lo ha scritto lei, Renzo Agricola»
Agricola: «Veramente io mi chiamo Riccardo»

Si passa poi alla creatina, sostanza notissima nelle palestre di tutto il mondo, che sarebbe stata somministrata in dosi anche di 10 grammi (Nelle palestre si consigliava di fare una settimana di “carico” con dosi di 20 grammi giornalieri per proseguire con alcune settimane di “mantenimento” con 5 grammi per dì). Ma la creatina è argomento caldo già da qualche tempo negli ambienti medici al punto che da più parti si erano lette e ascoltate testimonianze del suo utilizzo. Il medico della nazionale francese Marcel Ferret, il 26 settembre 2002, nella deposizione davanti a Guariniello sostiene di aver appreso dell’esistenza della creatina dai calciatori italiani: «Gli studi dell’epoca consigliavano 20 grammi al giorno, ma solo un atleta disse che ne prendeva tanta: lo ricordo bene, non giocava nella Juve, ma nel Toro. E non la tollerava: gli venivano i crampi. Poi c’erano Zidane e Deschamps. Il primo parlava di 5/6 grammi al giorno, il secondo non ricordo» Milan, Parma e Roma sono le altre squadre citate da Ferret come “sperimentatrici” della sostanza. Si viene a sapere che la Juventus aveva incominciato a fare uso di creatina nel marzo del 1995 (pare quindi che i Vialli e i Ravanelli del primo scudetto di Lippi corressero anche senza di essa…) su consiglio del commissario tecnico della nazionale di atletica, Elio Locatelli, che la ordinava dalla Svezia.
Alla fine della stagione ‘94/’95 la Juventus cambiò fornitore, scegliendo la Also-Enervit, che nel frattempo era diventata uno degli sponsor della società. Nelle deposizioni di Agricola si legge che la sostanza era somministrata agli atleti in dosi da 6 grammi (due bustine da 3 grammi l’una). Lo stesso Agricola, in precedenza, aveva disinvoltamente parlato di creatina (giacché sostanza lecita) in più occasioni, come nel libro “Sul campo con la Juve” ( G.Lodi, G.Ventrone, Sperling & Kupfer, 1998) dove con l’allora preparatore atletico Ventrone illustra le metodologie di allenamento degli atleti bianconeri. In quel volume, il dottore afferma che inizialmente non vi era molta letteratura scientifica sull’uso di creatina e non si conosceva con precisione quali fossero i dosaggi corretti. Successivamente ricorda come la sostanza fosse somministrata in dosi di 10 grammi giornalieri durante la preparazione estiva, al fine di favorire l’anabolismo (incremento della massa muscolare) e poi a stagione in corso, in dosi di 3 grammi, esclusivamente negli intervalli delle partite.
Nelle deposizioni di fronte a Guariniello, persino alcuni giocatori della Lazio zemaniana hanno ricordato come la creatina venisse impiegata durante i ritiri estivi. Secondo l’allora capitano biancoceleste, Gianluca Favalli, fu utilizzata soltanto nella stagione 1995 in due somministrazioni alle 9 di mattina e alle 13. Il trattamento sarebbe durato solo 1-2 mesi durante i quali il giocatore avrebbe riscontrato un aumento di peso pari a 2kg (da 77 a 79). Favalli ha raccontato che la decisione da parte sua e dei suo compagni di squadra ha suscitato vivo disappunto in Zeman. Versione dei fatti successivamente confermata da Paolo Negro, altro laziale.
Parole concordanti sull’argomento sono giunte anche da Paolo Zeppilli, medico della Nazionale, che ha sottolineato come la creatina fosse usata nel club azzurro il giorno antecedente le partite, in particolar modo durante Mondiali ed Europei, in dosi di 4 o 5 grammi. Lo stesso Zeppilli aggiunge che, agli inizi della diffusione dell’uso di creatina, non se ne conoscevano i dosaggi appropriati al punto che alcuni testi scientifici consideravano non nociva la somministrazione di 20 grammi giornalieri ( Cfr. Mauro Barletta, Il calcio in farmacia, Lindau, pag.70).
Infine, secondo alcuni calciatori e tecnici, la creatina sarebbe un integratore inutile per le prestazioni sportive, se non dannoso, visti alcuni effetti collaterali come intolleranze specifiche e gastriti. L’ex laziale Di Matteo ha affermato che in Nazionale smise di assumere creatina perché gli procurava dei fastidi gastrointestinali mentre il medico sociale del Milan, Rodolfo Tavana, ha dichiarato che la sostanza era stata ampiamente somministrata agli atleti rossoneri, salvo poi essere dismessa dal momento che «non si era riscontrata alcuna utilità».
Ma non è la creatina ad interessare nell’immediato i giornali poiché il giorno successivo la requisitoria, arrivano titoli roboanti a nove colonne che si fanno baffo di ogni presunzione di innocenza: «La Juve ricorreva all’Epo e abusava di farmaci» oppure «La Juve ha fatto uso di Epo» e «Epo ai giocatori». Che non si sapesse che una requisitoria non è una condanna definitiva?