Quello che veramente c'è nelle intercettazioni/2: Fragilità Juve

Luchino Montezuma

Non solo non ce l'hanno contata giusta, con la farsa di Calciopoli, ma hanno avuto pure la spudoratezza di pubblicare la prova delle loro malefatte.

Altro che "Potere Juve"! Ascoltando bene le intercettazioni che vado ora a commentare, si capisce che la realtà era proprio il contrario di quel che è stato fatto apparire.

Moggi capocupola? Una barzelletta. Il Direttore si arrabattava come poteva per arginare un potere molto più grande di lui, cercando di recuperare informazioni sulle trame che gli altri tessevano ai danni della Juve.  Mentre Giraudo, da par suo, abbandonato economicamente dalla proprietà (e alquanto malvisto…), cercava di stare a ruota del ricco carro milanista, restandone inevitabilmente subordinato.

E' incredibile che si sia fatta passare la Juventus come la grande burattinaia del mondo arbitrale, quando veniamo a scoprire che nell'estate 2004 alla CAN tutti "puntano su Milan e Inter" e si compiacciono del fatto che Montezemolo vuole far fuori la Biade. E Bergamo? Un nemico. Magari da blandire invitandolo a cena, sperando che trovi il tempo per loro.

Ma allora, chi deteneva il vero potere? C'era la politica romana che faceva forti pressioni a favore delle squadre capitoline. C'era la dirigenza milanista che intratteneva strettissimi rapporti con la classe arbitrale, mentre gli juventini venivano tenuti a distanza. Addirittura, scopriamo che Berlusconi faceva pressioni in prima persona sui designatori.

Quanto alle alleanze in FIGC, il ruolo di Mazzini risulta in definitiva molto poco incisivo.
M&G stessi sono consapevoli di rappresentare l'anello debole del sistema e nelle loro conversazioni cercano di rinfrancarsi a vicenda: "da spettatori non lo faremo mai, perché fino all'ultimo romperemo i coglioni". Di una cosa in particolare erano fieri e ne facevano un segno di distinzione: "Noi abbiamo l'abitudine di vincere con le nostre forze".

Signori, questo è "Stile Juve". Altro che balle.

 

 

2.1 Moggi a Giraudo: Quindi noi siamo accantonati un'altra volta? [1]

 

Questa conversazione fornisce una delle tante prove che Luciano Moggi e Antonio Giraudo non erano a capo di alcuna cupola. E comunque, se anche una cupola esisteva, i due ne erano semmai esclusi. Ma forse è proprio per questo che è stata per lo più trascurata dai media.

Infatti, i dirigenti bianconeri si dimostrano qui molto preoccupati dai maneggi degli altri grandi club e reputano di vitale importanza aprire canali per avere "informazioni" riguardo alle trame del "Palazzo". A questo proposito, Moggi (a 1'30'') si vanta di avere trovato una fonte in un "ragazzo di Roma di Atalanta" (Atalanta è il soprannome del designatore Bergamo), alludendo probabilmente a Manfredi Martino, segretario alla CAN. Questi gli avrebbe riportato la seguente confidenza ricevuta da Bergamo: "Quest'anno è Milan-Inter". Ma Giraudo lo contraddice (almeno in parte), dato che Galliani gli avrebbe confidato che "puntano tutti sull'Inter".
Successivamente Moggi riporta una seconda soffiata del "ragazzo di Atalanta" che rovescia completamente l'immagine tanto cara ai media (tra cui Repubblica stessa) della contiguità con i designatori. Infatti, Bergamo avrebbe rivelato a Martino: 'tanto Moggi e Giraudo alla fine dell'anno Montezemolo li manda via".
Giraudo non la prende affatto bene e insulta "Atalanta", mentre Moggi si chiede: "Come si fa ad arrivare fino a questo punto?" e prova a ipotizzare la ragione di tale ostilità: "gliel'avrà detto in un momento di rabbia, perché ha dovuto mandare via questa qua". Appare chiara l'allusione all'affare Fazi, e cioè alla segretaria della CAN allontanata perché accusata di intrattenere rapporti sospetti con alcune società, in particolare Milan e Roma. In altre intercettazioni ci sono allusioni più esplicite a questo scottante retroscena.
A questo punto, Moggi pone una domanda molto eloquente: "Quindi noi siamo accantonati un'altra volta?
Signori, questo sarebbe un dubbio da capocupola? Tanto capocupola da ipotizzare poi che Galliani stesse facendo il furbo con Giraudo, che cioè tramite la confidenza fattagli volesse "scaricare l'Inter" e "usare noi". A questo proposito, si raccomanda con Giraudo affinché non si facciano usare dal dirigente milanista: "Bisogna trovare qualche sistema" dice…

 

 

2.2 Moggi a Giraudo: Noi siamo impotenti di fronte a una cosa del genere [2]


I due dirigenti juventini sono molto preoccupati dei maneggi che avvengono alla CAN. "E' cominciata la verifica di quello che mi disse il ragazzino", dice Moggi (02' 18''), che ce l'ha in particolare con Bergamo per una designazione.[3] "Evidentemente" commenta "hanno subito delle pressioni, su questo non ci piove. Sicuramente gli avranno detto: no, quello no". Giraudo allora si rammarica di non avere "sfiduciato" il designatore toscano, creando un problema che si porteranno dietro tutto l'anno. "Adesso bisogna martellare, fare e disfare, ma sappiamo che sarà così tutto l'anno" dice.

Dunque non era vero che M&G designavano. Anzi, le pressioni più forti erano di segno opposto.
In particolare qui sono preoccupati da forze riconducibili alla Roma, perché Moggi collega questo problema niente meno che a un "casino scoppiato per Gilardino", e cioè un'interpellanza parlamentare orchestrata dai "romanisti" contro Berlusconi. E aggiunge: "Quando mi dissero di Capitalia, cominciai a crederci anche". E Giraudo: "Fanno tutta una roba attorno che non c'entra niente… è una cosa incredibile!".

A questo punto arriva uno dei passaggi a mio avviso più significativi di queste conversazioni, direi quasi toccante. Comincia a 4'36'', lo riporto per esteso:


Moggi: "Noi siamo impotenti di fronte a una cosa del genere. Dobbiamo solo fare da spett… cioè, da spettatori non lo faremo mai, perché fino all'ultimo romperemo i coglioni a tutti… però, noi siamo i più deboli di tutti, nell'anello….”

Giraudo: "In questo momento, è sicuro. Non siamo forti né a livello industriale, né a livello politico. Non c'è dubbio che sia così. Lo eravamo anche prima, solo che prima c'era una figura, e adesso non c'è più".

 

Eccolo qui, il potere Juve. Ecco i presupposti di Farsopoli. Moggi e Giraudo erano l'anello debole del sistema e qualcuno lo spieghi al professor Guido Rossi o a Francesco Saverio Borrelli.

Quanto al resto della telefonata, si tratta di ordinaria amministrazione e in particolare verte sul calciomercato in corso.[4]

 

 

2.3 Bergamo: Fammi andare domattina in Federazione e vedrai che casino faccio


Moggi invita Bergamo a cena a casa di Giraudo, vuole riportargli ciò che gli avrebbe detto Carraro: "ce l'ha con te di brutto", gli rivela.

Per provare a spiegare il senso di questo invito non si può non tornare alle confidenze del "ragazzo di Atalanta", e cioè al sospetto che il mondo arbitrale fosse stato indirizzato a favore di Inter-Milan. Probabilmente i dirigenti juventini volevano vederci chiaro. E probabilmente non solo su questo, data l'altra confidenza del "ragazzo" sulle voci su Montezemolo intenzionato a far fuori la Triade. Si pensi anche alla frase "Bisogna trovare qualche sistema".. (vedi 2.1).

Ma la rivelazione su Carraro con la quale Moggi cerca di blandirlo non è affatto nuova a Bergamo, il quale parte con una pesante e colorita sequela di insulti all'indirizzo dell'allora Presidente della Federazione. Pare infatti che gli avesse appena fatto una scenata talmente feroce da spingerlo a pensare di lasciare l'incarico. Il designatore auspica che "non scoppi questo casino, che ci andiamo di mezzo tutti", ma è davvero avvelenato. In particolare, si dice ferito del fatto che Carraro gli abbia mancato di rispetto di fronte al gruppo: "Mi ha detto che sono un uomo privo di qualsiasi credibilità… Luciano, quanto è vero Iddio me la paga".

Moggi cerca di calmarlo "Dobbiamo aggiustare le cose", ma Bergamo è un fiume in piena e minaccia le dimissioni con tanto di dichiarazioni di fuoco ai giornali. E quando per l'ennesima volta il Direttore gli ripete l'invito a cena, Bergamo risponde "se sono sempre alla CAN vengo, se no non vengo" e chiude minacciando di andare in Federazione la mattina dopo "a fare un casino".

 

 

2.4 Previti a Galliani: Guarda che lo vuole Berlusconi


Se Luciano Moggi cerca di aprire dei canali di comunicazione per intuire i maneggi che avvengono alla CAN, qui e in altre intercettazioni Antonio Giraudo è colui che marca stretto il presidente della Lega Galliani, il grande tesoriere dei diritti televisivi.

In questa conversazione, prendendo spunto dall'andamento del calciomercato, e in particolare da alcune trattative in corso con la Lazio di Lotito, Giraudo racconta un aneddoto molto interessante. Galliani, infatti, gli avrebbe appena confidato di aver litigato con Previti che insisteva perché "aiutasse" il presidente laziale. Ovviamente, per dare peso alle proprie richieste, Previti gli avrebbe detto di riportare una precisa volontà di Berlusconi, al che Galliani avrebbe riposto "Se Berlusconi vuole che dia dei soldi a Lotito, che me lo dica di persona".
Dunque, e ancora una volta, appare chiaro che i favori nel sistema calcio non si chiedevano a Moggi e Giraudo, ma semmai a qualcun altro. Qui, come altrove, appare fin troppo palese che i dirigenti juventini non comandavano alcun potere occulto, ma semmai cercavano di non farsi sopraffare dal ben più decisivo potere altrui.[5]

 

 

2.5 Moggi a Giraudo: In effetti Berlusconi è andato nello spogliatoio, ha preso il pettine e l'ha pettinato

Questa telefonata dovrebbe essere del giorno successivo al Trofeo Berlusconi. Infatti, a 5'40'', Giraudo racconta a Moggi di un pranzo post partita in cui Berlusconi, Galliani e Meani si siedono al tavolo con la quaterna. Notare l'amministratore delegato juventino, terribile affiliato della cupola, che si descrive alle prese con un poco dignitoso "tallonamento" dei dirigenti rossoneri. Ma soprattutto, Moggi che aggiunge al quadretto un altro interessantissimo dettaglio: Berlusconi sarebbe andato negli spogliatoi a riprendere duramente Pairetto (qui soprannominato Pinochet).

A questo punto non si possono non constatare due fatti eclatanti:

 

1) Meani non era un signor nessuno ai margini del Milan, ma partecipava alle cene con gli arbitri assieme a Galliani e Berlusconi.

2) Le pressioni ai designatori non le facevano solo l'addetto agli arbitri lodigiano e magari Galliani, ma addirittura Berlusconi in persona, "col pettine suo".

 

Giraudo, che dopo aver cercato di stare a ruota dei ben più potenti dirigenti milanisti pare ora in preda a una specie di sindrome di Stoccolma, commenta: "Tanto è andata meglio così, così questo qui non lo ammazzano". E Moggi, come per cercare di rassicurarsi, aggiunge: "E' stata una cosa perfetta. Però resta il fatto che Salienti non verrà più con noi… fa parte degli assistenti bolognesi e ha fischiato quel fuorigioco di Zalayeta che non sta né in cielo né in terra… l'ha detto anche lui".

Quanto al resto della telefonata, assistiamo al solito tormentone su Lotito, qui etichettato, tra le altre cose, come "benemerito cretino". Per Moggi i politici "sono stati matti a dare in mano la Lazio a Lotito", a cui dà pure del pazzo e del vanesio.[6]

 

 

2.6 Moggi: Meno male che abbiamo l'abitudine di cercare di vincere con le nostre forze [7]


La conversazione si apre con uno scambio di battute alquanto sibilline su una confidenza che avrebbe ricevuto Moggi nientemeno che da un ministro (Pisanu?) e che riguarda un misterioso discorso che Galliani[8] aveva già fatto a Giraudo. I due stanno volutamente nel vago, come se sospettassero di essere ascoltati. Non si può capire con certezza a cosa si riferiscano, anche se vien da pensare ai poco amichevoli progetti di Montezemolo nei loro confronti, già citati in altre telefonate.

Ma la frase fondamentale la pronuncia Moggi al minuto 2'40' (vedi titolo):

 

"Meno male che noi abbiamo l'abitudine di fare sempre le cose per noi e basta, e cerchiamo di vincere ma con le nostre forze".


Si tratta di una chiosa al resoconto di un Ansa in cui l'avvocato del Chievo commenta la condanna sportiva in primo grado di alcuni dirigenti di Siena e Chievo per un procedimento scaturito dalle inchieste delle procure di Napoli e Ancona sulle scommesse. Il legale avrebbe definito le accuse "baggianate" chiedendosi perché "non si indaga su tutte". Ci sarebbe anche, a suo parere, Reggina-Milan, partita di fine stagione che aveva consentito ai calabresi di salvarsi grazie a un Milan molto remissivo, data l'ormai matematica vittoria dello scudetto.
Giusto per ribadire il concetto, Lucianone, nel raccontare l'episodio a Giraudo, aveva esordito così: "Meno male che noi non abbiamo l'abitudine di comprare né di vendere cose a nessuno. Noi facciamo la nostra strada".

 

 

2.7 Mazzini a Moggi: guarda caso, tutti i nostri amici cercano di farli fuori


Innocenzo Mazzini, vice-presidente della FIGC, rappresenta in Federazione, per così dire, un "esponente politico di area juve".

D'altronde, tutti i maggiori club si giocavano la partita del potere stringendo alleanze di questo tipo, se non piazzando direttamente propri uomini. Di certo, non si può dire che il funzionario toscano rappresentasse la pedina più influente dello schieramento: le romane ad esempio, tramite Capitalia, avevano dalla loro la Presidenza, e cioè Carraro.

In questa conversazione Mazzini esordisce sottoponendo a Moggi il caso di Pazzanese,[9] dirigente amico escluso dalla lista dei delegati UEFA da una manovra poco cristallina da parte di esponenti di una "cordata" avversa ("Ghirelli, Di Cesare e tutta la batteria"). "L'hanno fatto anche con Lulli", spiega Mazzini, "Guarda caso, tutti i nostri amici cercano di farli fuori".

Passatoglielo da Mazzini, Moggi prova a dare un consiglio a Pazzanese: "Non bisogna avere paura di entrare in conflitto con qualcuno", ma il funzionario federale risponde che lo farebbe più volentieri "con le spalle coperte". E' evidente che la "cordata" (o le cordate…) avversa in FIGC è soverchiante, mentre quella di Moggi e Mazzini un po' deboluccia.

In generale,[10] Mazzini fa il resoconto di una serie di situazioni le quali, benché non del tutto chiare, evidenziano lo scarso potere che ha in Federazione: parla di indicazioni disattese da parte del "nostro amico", facendo i nomi o semplicemente alludendo ad alcuni arbitri e assistenti; parla di "gran baraonda" e di aver visto Carraro "malissimo". Moggi risponde di avere "i coglioni pieni", ma di "non voler mollare". Per Mazzini il momento sarebbe cruciale, tanto che il giorno dopo avrà un incontro con "Petrucci e loro".
Alla fine, Moggi si ripropone di sentire Ghirelli per la questione Pazzanese e Mazzini gli ricorda di citare anche Lulli, definendo la situazione "allo sfascio". E aggiunge: "Però, siccome si potrebbe perdere il potere, io voglio lottare fino in fondo". E Moggi: "Non si perde niente, perché si fa il culo prima di perderlo", consigliando di aspettare a vedere "che piega prende la continua lagna di Carraro" e comportarsi di conseguenza.

 

 

 

 


[1] Molti giornali, durante Calciopoli, hanno enfatizzato, in questa intercettazione, la frase di Moggi: "Con Gigi è una cannonata". In realtà si riferisce al contatto che ha con Pairetto in quei giorni in virtù del suo ruolo nella commissione arbitrale UEFA. Infatti, Giraudo ricorda che ora "deve impegnarsi per Stoccolma". Come si evince da altre telefonate (dovremmo trovarci a metà agosto 2004), si allude al ritorno dei preliminari di Champions League con gli svedesi del Djurgarden, per il quale i dirigenti juventini sperano nella designazione di un arbitro esperto che garantisca una direzione equa, a differenza di quella a loro avviso infelice dell'andata di Torino finita 2-2. Piuttosto, di questo passaggio, inquieta quando Giraudo chiede a Moggi come "tira l'aria a Sportilia, non è come l'anno scorso?". E cioè, verrebbe da pensare che intenda, "non è come quando c'era la Fazi alla CAN?".

[2] Repubblica titola l'intercettazione "Giraudo a Moggi: Lotito lo carico contro tutti". Ma, a parte che semmai è "Moggi a Giraudo", al solito la frase è estrapolata dal contesto in maniera tendenziosa. La realtà è che i due, come si evince pure da altre conversazioni, in quei giorni stavano cercando acquirenti per piazzare Iuliano. In particolare, Moggi stava cercando di convincere Lotito, ma Caso si opponeva. La frase "lo carico contro tutti" è una spacconata di Lucianone che spera di convincere il presidente della Lazio a non considerare il parere del mister. 

[3] Moggi: "Improvvisamente a Milano non va più quello indicato. E siccome non possono mandarci il loro, ne vorrebbero mandare un terzo". Dovrebbero riferirsi al Trofeo Berlusconi… ma non ci era stato raccontato che era stato Moggi a sceglierlo? E soprattutto, perché tutto questi problemi per la designazione di un'amichevole?

[4] Si parla delle misure da prendere contro i concorrenti di calciomercato (la Roma che sta su Ibra, il Real Madrid su Cannavaro), delle insicurezze di Capello riguardo alla competitività della squadra, e soprattutto su incassi da fare: innanzitutto i 30-40 milioni che garantirebbe il passaggio del preliminare di Champions; poi i diritti televisivi delle amichevoli estive, dei quali Moggi discute con Romy Gai passatogli da Giraudo. 

[5] Oltre all'episodio di Previti, non ci sono altri passaggi particolarmente degni di nota. Si parla delle trattative di mercato in corso, di acquisti e di cessioni: Cannavaro, Miccoli, Iuliano, Baiocco. Giraudo insiste sulla cessione di Iuliano. In generale, i due dimostrano di avere una pessima considerazione di Lotito.

[6] Le trattative in corso col neo-presidente laziale offrono diversi spunti di derisione nei suoi confronti. I due provano ad ipotizzare un'offerta: metà Miccoli, Baiocco e Iuliano gratis (Giraudo non vede proprio l'ora di sbolognare il difensore), in cambio di Cesar e 10 milioni, ma poi convengono che sarà inutile perché "10 milioni non ce li ha" e che sarà "una perdita di tempo". Lotito cerca invece uno scambio alla pari Miccoli-Cesar, e Moggi si lamenta di aver ricevuto la risibile proposta alle 2.30 di notte.
Ma Giraudo non si rassegna: "metà Miccoli e Iuliano per 10 milioni". E, come in una specie di tormentone, ripete "Piazzagli Iuliano". Ma è dura, dice: "primo è pazzo, secondo è vanesio, terzo non c'ha una lira".
Alla fine, i due si danno appuntamento per il giorno dopo, al pomeriggio, a Milano, per chiudere con Cannavaro. 

[7] Di questa telefonata Repubblica sottolinea invece l'ultima parte, quella in cui si parla di una riunione in Lega alla cui uscita si era parlato di diritti televisivi (Giraudo: "la Mazzoleni rompeva i coglioni col contratto dei diritti"). L'AD avrebbe usato questo argomento per fare pressione su Baldini e Sensi per "mettere a posto Emerson". Moggi approva: "Bisogna farlo contestualmente, altrimenti ci fottono. Quella è gente senza faccia". E Giraudo: "Son deficienti, son poco di buono. Bisogna starci attenti".

La canea forcaiola del 2006 volle vedere nell'intercettazione la prova di una sorta di potere ricattatorio juventino, fondato sui diritti televisivi Sky, finalizzato a strappare i giocatori più forti agli avversari, in questo caso Emerson alla Roma. Ma al solito si tratta di pura fantasia, anche perché la Roma firmò il contratto con Sky nel novembre seguente, più di due mesi dopo la cessione di Emerson, avvenuta con la piena soddisfazione della società capitolina, che riuscì a strappare alla Juve 15 milioni più Brighi. I diritti televisivi erano entrati a un certo punto nella trattativa sotto forma di un quadrangolare (per quattro anni, con proventi di sponsor e TV a favore della Roma) che i bianconeri volevano mettere sul piatto insieme ai 15 milioni già offerti (vedi qui). In questa telefonata, Moggi e Giraudo fanno considerazioni sull'opportunità di organizzare il quadrangolare (appunto comprensivo di diritti televisivi per la Roma) solo contestualmente alla cessione di Emerson, sospettando che i dirigenti romanisti volessero usare il centrocampista brasiliano solo come specchietto per le allodole. Tra l'altro la Guardia di Finanza indagò sul caso, perquisendo addirittura la casa di Emerson e controllando i suoi conti, stabilendo alla fine che era tutto in ordine.

[8] La fonte di Galliani sarebbe stata Berlusconi, che a sua volta sarebbe stato informato dal ministro stesso. 

[9] E' Pazzanese in persona a raccontarlo al Direttore: dopo essersi occupato dell'organizzazione della finale di Champions a Milano nel 2001, l'Uefa l'aveva promosso a delegato, "quello che tu incontri quando fai le partite di Champions League" (notare come da queste spiegazione si capisce che Moggi è poco addentro alla materia…e in certi momenti sembra ascoltare più che altro per cortesia...), oltre a far parte di un "pannello" di esperti che si occupano di biglietteria. Ora, grazie a un amico nell'UEFA, ha saputo che la FIGC ha depennato il suo nome dall'elenco dei nominativi dei delegati italiani in scadenza che biennalmente bisogna presentare. La sua ipotesi è che sia stato il collega Di Cesare all'insaputa dello stesso Carraro, per una meschina questione di protagonismo e invidia, per avere cioè l'esclusiva nei rapporti con l'Uefa.

[10] Mazzini racconta anche di una riunione appena terminata avente come ordine del giorno lo "Statuto". In gioco pare ci fossero "certe peculiarità" della Lega che la FIGC (Maccalli in primis) voleva osteggiare.