Incontro con Moggi alla Versiliana

Moggi LucianoMarina di Pietrasanta (Lucca) – Teatro è il "Caffè de La Versiliana" che, a differenza di quanto farebbe pensare il nome, è un ampio spazio all’aperto tra i verdi pini marittimi che solo la raggiante Versilia sa offrire; in scena va l’incontro–dibattito sui mali del calcio, titolo della rappresentazione “Il pallone rimbalza ancora?”. S’alza il sipario, la pièce si apre sulle sontuose note della Moldova di Dvorak, si snoda tra i melodici svolazzanti capricci di Moggi, i timidi scolastici solfeggi di Beha, e le stonate litanie farcite di entrate fuori tempo di Jacobelli, si chiude infine con il vigoroso do di petto di Penta, il tutto all'incombente e silenziosa presenza del “convidado de piedra” Bergamo. Potremmo sintetizzare così l’incontro che svoltosi a Marina di Pietrasanta davanti a un auditorio di almeno un migliaio di spettatori, per la maggior parte juventini, anche se non mancavano i soliti saccenti disinformati antijuventini stile “bacicin vattene a ca’ che te muè t’aspeta”. L’evento, in diretta tv su alcune emittenti locali, è aperto da un giornalista doc dei bei tempi andati, un sempre in forma Romano Battaglia che apre la serata presentando i partecipanti al dibattito: Oliviero Beha, Luciano Moggi, Xavier Jacobelli sul palco e Nicola Penta (sempre in compagnia della affascinante moglie) in prima fila nel settore privato destinato alle personalità e ai soci del club gentilmente ospitante. Paolo Bergamo è anche lui in prima fila.

Vediamo brevemente in rassegna i temi trattati.
Beha, che sottolinea di avere a cuore l’informazione, chiede a Moggi se nel 2006 non fosse il caso di prendere il giusto tempo per svolgere il processo sportivo, prendendo spunto da ciò che si sta facendo attualmente in Turchia e Moggi replica che, certo, si doveva fare, ma sottolinea anche che sarebbe stato sufficiente fare ciò che Andrea Agnelli ha fatto proprio il giorno prima a Roma: difendersi senza avvalersi di uno Zaccone, ad esempio.
Ancora Beha, timidamente, fa cenno al caso delle intercettazioni scomparse e, retoricamente, chiede se Auricchio possa avere fatto di testa sua.

Interviene Jacobelli a ruota libera: non teme, proclamando un severissimo “meglio liberi che servi”, di definire il calcio come “putrescente”, e fra riferimenti a Uckmar (caso Covisoc), e indignazioni per un'Atalanta condannata (ad uno sconvolgente – 6, ndr) sulla “base del niente”, ricorda gattopardescamente che nel 2006 tutto venne cambiato affinché nulla cambiasse (!), forse gli deve essere sfuggito che una società abbastanza importante nel quadro italiano venne polverizzata e proprio sulla “base del niente”, ma all’epoca non si infervorava…
Sempre Jacobelli ammette che fu un grosso errore della Juventus non andare al TAR, e che la giustizia sportiva non funziona, così non può andare avanti, poi finalmente, ecco lo stonato acuto fuori tempo che ci fa tornare nostalgicamente ai siparietti del Processo di Biscardi, anni di grazia 2002/2003: Carraro se ne doveva andare, lo dicevo, ripete con furiosa ed impetuosa rabbia, “se ne deve andare” sembra di sentir riecheggiare ancora in un vigoroso e possente flashback, e noi che pensavamo che i campioni fossero quelli come i consiglieri "non competenti" che sono fermi al 2006!

È il momento di Penta, il quale a domanda di Beha risponde che, sì già nel 2006 c’era sentore che quelle intercettazioni nuove, quelle uscite oggi, ci fossero, ci dovevano essere e anche lui sottolinea come la giustizia sportiva non funzioni in quanto troppo legata alle ipotesi di condanna di chi conduce le indagini per conto della magistratura; chiede sulla base di questo che i giornalisti facciano pressioni affinché venga fatta una seria riforma della stessa. Sottolinea poi come sia sbagliata la teoria di coloro che vogliono affibbiare alla strategia di Moggi il “tutti colpevoli, nessun colpevole”: non è così, dice, e come non incorniciarlo, Moggi fu accusato di esclusività di rapporto, per difendersi deve dimostrare che il suo rapporto non era esclusivo e pertanto deve per forza tirare in ballo gli altri. Lineare, sintetico, ineccepibile. Un intervento da “chapeau”.

Moggi ribadisce poi che tutto partì da Torino e come ulteriore dimostrazione, qualora ce ne fosse bisogno, porta ad esempio il fatto che venne fatta una denuncia contro ignoti (ignoti?!) per il discorso della gestione economica della Juventus, denuncia finita ben presto in archivio.
Si snocciolano poi altri casi di mala giustizia sportiva, scommessopoli, premiopoli, plusvalenzopoli, etc

A chiudere la serata con il botto ci pensa Jacobelli: sfodera il tema scottante, il più scottante di tutti ancora oggi, anche alla luce di tutto ciò che è uscito fuori in cinque anni, l’orrido quesito che disturbò le nere notti di Jacobelli: che necessità c’era di fare quelle telefonate ai designatori? Perché, se eravate così forti, sentivate la necessità di telefonare? Ecco, il vero sunto del calcio “putrescente” per il sig. Jacobelli. Moggi educatamente risponde con il cavallo di battaglia, semplice e pura verità, che ispirò tutta la sua fulgida e gloriosa cavalcata: “Dovevo difendere il fortino”.
Il calcio “putrescente”, dice Jacobelli e lo fa mentre stringe l’acciar del “perché telefonavi?”, apice della putrescenza a quanto pare; e le intercettazioni “dimenticate”? La giustizia sportiva non va, perché? Perché l’Atalanta si becca un – 6, dice, e la giustizia a doppio peso? E i favoritismi smaccati e nauseabondi alla seconda squadra di Milano? Neanche degni di nota a quanto pare. La Juve non va al TAR e sbaglia? Certo ma, se chi è vittima di un’ingiustizia ha colpa se sbaglia (o vuole sbagliare, sia ben chiaro) la strategia, non ha maggior colpa chi quella ingiustizia la perpetra, sig. Jacobelli?

Ed ecco il do di petto di Penta che dà il vero senso alla serata: "Avete parlato di tutto, ma la cosa più grave sono le intercettazioni scomparse"; asciutto, breve, vigoroso, altisonante, un do di petto alla Del Monaco! Dalla platea si alza un meritatissimo applauso a scena aperta.

Beha afferma che ha a cuore l’informazione; avremmo voluto chiedergli, ma nel bagno di folla a lui dedicato non siamo riusciti: “Dott. Beha, da rappresentante dei giornalisti, è il caso di fare più rumore per quattro insignificanti telefonate a un designatore o perché in un'indagine di Stato spariscono telefonate rilevanti?”. Glielo avremmo chiesto da cittadini, dott. Beha, più che da tifosi della Juventus.

Alla fine rimaniamo, appunto, delusi nello scoprire che ai comuni mortali non è concesso fare domande, e ne avremmo avute tante; ciò anche dietro le quinte, i giornalisti presenti dimostrano di non gradire domande vis a vis, più facile parlare a ruota libera davanti a un microfono senza contraddittorio, evidentemente. Gli unici disponibili, i signori Penta e Bergamo; Moggi non pervenuto, nel senso che era inavvicinabile in quanto attorniato da troppi fans che alla fine intonavano l’immancabile inno “c’è un direttore, c’è un solo direttore”.


Video della serata