La "critica" tira i deferimenti

PalazziFonte: FIGC/News

Deferiti dalla Procura federale Paparesta e Racalbuto

Roma 04/01/2008 - Il Procuratore Federale ha deferito alla Commissione Disciplinare Nazionale:
per violazione dell’ art. 1, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva per essere venuti meno ai principi di lealtà, correttezza e probità:
• RACALBUTO SALVATORE, all’epoca dei fatti Arbitro Internazionale oggi Arbitro Fuori Quadro, per avere, nel corso della telefonata dell’ 8.05.2005 avvenuta col sig. Massimo De Santis proferito frasi idonee a gettare discredito nei confronti del settore arbitrale
• PAPARESTA GIANLUCA, all’epoca dei fatti Arbitro Internazionale oggi Arbitro Effettivo, per avere prima attivato la dirigenza del Milan per propri interessi connessi alle vicende della Soc. ITAL BI OIL e per aver successivamente omesso di rappresentare ai competenti organi F.I.G.C. il particolare interesse che aveva nella vicenda, derivante dal rapporto di affinità con i soci e gli amministratori della predetta società.

Con questo scarno comunicato, la Federazione Italiana Giuoco Calcio, ha reso noti i deferimenti nei confronti degli arbitri Racabulto Salvatore e Paparesta Gianluca. Analizzando, come sempre, ogni situazione inerente ai deferimenti del Procuratore Federale Stefano Palazzi, salta all’occhio immediatamente una cosa.
Il deferimento è alla Commissione Disciplinare. Avete letto letto bene, a quella Commissione, primo grado di giudizio che fu “saltata” ai tempi del primo maxi-processo, Calciopoli, svoltosi nel 2006.
Ci chiediamo, dunque, se è a seconda della luna o del sole, del mal di testa o del mal di pancia, che questi Signorotti, dal potere discrezionale incontrastato e “non controbilanciato da nulla e nessuno”, possano decidere di procedere in un senso o nell’altro opposto.

L’articolo 40 del V Titolo (PROCEDIMENTO PER ILLECITO SPORTIVO E PER VIOLAZIONI IN MATERIA GESTIONALE ED ECONOMICA), al comma 3 dice testualmente: Al termine degli accertamenti la Procura federale adotta i provvedimenti di cui all’art. 32, comma 5, comunicando le conclusioni agli interessati.
Art. 32, Procura federale: 5. Con il deferimento la Procura federale trasmette alla Commissione disciplinare competente, tutti gli atti dell’indagine esperita e formula i capi di incolpazione. Dell’avvenuto deferimento deve essere data immediata notizia al Presidente federale, nonché, in casi di deferimento di società, alla Lega, al Comitato, alla Divisione e al Settore di appartenenza.

Allora chiediamo: come mai allora, quando il Vecchio Testo del CGS riportava tale procedura all’articolo 37 comma 1, non si espletò identico iter giudiziario?
La domanda bisognerebbe porgerla all’allora Commissario “molto“ straordinario della Federazione, Guido Rossi, che, come molti ancora ricorderanno, non rispettò i dettami del codice saltando la Commissione Disciplinare, andando direttamente alla CAF e sostituendo il “giudice naturale” prima dei processi.
Allora, gli articoli 1 comma 1, erano presenti come oggi.

Prendendo in esame il caso di Paparesta, il riferimento è datato e anche di molto.
Si parla di una telefonata intercorsa tra l’ex arbitro e Leonardo Meani a fine aprile 2005 (pagina 80 di 193 della relazione di Borrelli), consultabile nella nostra sezione Download, telefonata ricevuta da Paparesta, in cui Meani faceva presente di una documentazione presente nelle mani del Dottor Gianni Letta, allora Sottosegretario alla presidenza del Consiglio, relativa ad un argomento legato al “biodisel”, che lo stesso Paparesta aveva consegnato a Meani circa dieci giorni precedenti la telefonata, subito dopo la partita Chievo-Milan che lo stesso aveva arbitrato.
Lo stesso Paparesta ha fatto presente di avere consegnato il documento all’uscita dagli spogliatoi, in maniera del tutto casuale, visto che scaturisce da una discussione assolutamente generica relativa all’attività di Governo e ad una procedura di infrazione mossa al Governo italiano dalla Commissione europea per il mancato recepimento della direttiva relativa agli accordi di Kyoto. Sempre da tenere presente che l’ex arbitro, nei confronti della società citata, svolgeva la funzione di revisore dei conti, e in quell’occasione ricevette dalla società Ital Bi Oil, una newsletter con rassegna stampa allegata e già fatta pervenire dalla stessa società, a parlamentari, ministri e sindaci, newsletter che proveniva a sua volta dall’Assobiodisel.
In tale circostanza, Paparesta, ha chiarito di non avere nessun interesse nella vicenda.
Però quella consegna casuale ci lascia basiti. In quale contesto di casualità, si può avere dietro un documento di una società per cui si svolge la funzione di revisore contabile, nel momento in cui, “casualmente”, si va ad arbitrare proprio una partita in cui sono presenti dirigenti della squadra che scende in campo, a cui si deve consegnare qualcosa? Mah! Tutto può essere, ma qualcosa non torna. Non torna nemmeno, e mai probabilmente tornerà, che cosa consegnò Paparesta a Meani, visto che in mano nessuno ebbe mai qualcosa di concreto se non la dichiarazione dello stesso ex arbitro.

E il Milan? Nessun deferimento? Al tempo (e purtroppo anche oggi), chiunque orbitasse nelle vicinanze di un certo Luciano Moggi era oggetto di deferimento immediato, e la società Juventus, conseguentemente, con responsabilità diretta e presunta.
Da quanto si apprende nella nota della FIGC, Paparesta Gianluca, avrebbe intrattenuto rapporti con la dirigenza della Società Milan A.C., attivando la stessa per interessi propri connessi alla Società Ital Bi Oil. Nel comunicato si parla di “dirigenza” e non si definisce “CHI” della dirigenza. Dovrebbe trattarsi del Meani. Allora Meani era un dirigente e non un co.co.co? Avrebbe dovuto essere deferito anche il Milan? No, perché giudicato nel processo precedente, quando gli venne riconosciuta una banale violazione dello stesso articolo 1 del CGS.

La locuzione latina “Non bis in idem”, o più frequentemente "ne bis in idem", tradotta letteralmente, significa “non due volte per la medesima cosa”. Principio del diritto in forza del quale un accusato non può essere giudicato due volte per lo stesso delitto. Si applica alle sentenze passate in giudicato, per cui nessun giudice può esprimersi due volte sulla stessa causa. In questo specifico caso, siamo dunque di fronte alla non possibilità di deferimento nei confronti del Milan.

L’8 maggio del 2005, invece intercorre una telefonata tra l’arbitro romano Massimo De Santis e Salvatore Racalbuto (vds progr. 17493 – utenza 392/07 in uso a Massimo De Santis, informativa C.C. pagina 347 – novembre 2005).
La telefonata, come da trascrizione, recita uno scambio di vedute sulle partite appena dirette dai due, (Livorno-Siena 3-6 diretta da De Santis e Atalanta-Messina 2-1 diretta da Racalbuto) in un primo tempo si fa riferimento al derby toscano diretto dall’arbitro romano, il quale, racconta all’interlocutore, di un siparietto avuto con il Presidente del Livorno, Aldo Spinelli, per poi proseguire, con vari assensi di Racalbuto, citando anche il Cagliari di Massimo Cellino. Sulla gara diretta da Racalbuto i due commentano di una partita svolta regolarmente.
Successivamente De Santis informa Racalbuto di avere sentito telefonicamente Paolo Bergamo (designatore), il quale ha espresso la volontà di dare, attraverso lo stesso de Santis, una mano a Racalbuto, raccomandandosi di stargli vicino, e sperando che continui ad arbitrare bene perché è importante. La telefonata si conclude, con uno scambio di vedute sulla gara di cartello Milan-Juventus, arbitrata da Pierluigi Collina. Nella trascrizione si evince un giudizio alquanto critico alla direzione di gara di Collina.
Quindi, domandiamo: secondo il Procuratore Federale, le frasi idonee a gettare discredito nei confronti del settore arbitrale, sarebbero riconducibili al giudizio espresso dai due nei confronti di Collina?
Onestamente ci pare un po’ troppo che due professionisti non possano, nemmeno in una telefonata privata, commentare l’operato di un collega, sia in maniera positiva che altresì negativa. È oltremodo farneticante considerare tale intercettazione (non resa nemmeno in forma integrale) come prova per un possibile deferimento, considerando che non si ha a disposizione lo scambio verbale tra i due.

Cose da capire, in questa nuova e torbida situazione, ce ne sono molte:
prima di tutto ci chiediamo per quale motivo Paparesta e Racalbuto non siano stati deferiti a suo tempo o, comunque, in tempi ragionevoli, invece che 18 mesi dopo.
In secondo luogo, ci si domanda, nel caso di Racalbuto, su cosa possa basarsi il deferimento. L’aver criticato l’operato di un collega in una telefonata “privata” intercorsa con un altro arbitro? Oltre questo non possiamo pensare ad altro, visto che il deferimento parla chiaro, anzi chiarissimo: “proferito frasi idonee a gettare discredito nei confronti del settore arbitrale”. O forse, in un momento di difficoltà, si vuole difendere oltremodo l’operato di chi oggi è ancora “criticato”?
Sull’operato di Paparesta, e soprattutto della dirigenza del Milan, in questo caso Meani, crediamo che non ci sia bisogno di altre parole. La frittata è già stata fatta al tempo, quando era il caso di approfondire le carte processuali, ma “qualcuno” aveva fretta, e la fretta ha fatto fare i gattini ciechi a mamma gatta.

Certo è singolare come la stessa persona, il Superprocuratore Palazzi, tratti due casi analoghi in modo diametralmente opposto:
1. Paparesta, attraverso Meani, “chiese la raccomandazione” al Milan per una sua pratica. Paparesta viene deferito.
2. Collina, in una lunga telefonata con lo stesso Meani, organizzava un incontro clandestino con il Milan (Adriano Galliani) al fine di “chiedere la raccomandazione” per diventare designatore.
Collina viene “graziato” da Palazzi e diventa anche lui Super, Superdesignatore.

Quando qualcuno si degnerà di farci capire dove c’è differenza, ai fini della giustizia sportiva, tra il comportamento di Paparesta e quello di Collina è sempre tardi.
Non approfondiscono i “candidi cantori” del nuovo calcio pulito, tacciono quei vertici federali che hanno avallato la scelta Collina. Sono tutti impegnati nello “sbattere il mostro in prima pagina” e nel nascondere che anche questo è un campionato irregolare. Lasciamo da parte altri aspetti, come quello che è un campionato “in attesa di giudizio” per lo scandalo Bilanciopoli (ma per questo Petrucci ed Abete non chiedono di “fare in fretta”) e concentriamoci solo sull’aspetto trattato in questo articolo: se per lo stesso comportamento un arbitro viene deferito mentre l’altro è “il designatore” vi sembra tutto regolare, etico e morale?