Il pm Beatrice si smarca da Narducci ed Auricchio

Filippo BeatriceIl pm Beatrice si differenzia da Narducci e, soprattutto, si smarca da Auricchio e dai suoi "magnifici 12", come li definì Repubblica in un articolo dell'estate 2006.
Sì, Luciano Moggi con la sua determinazione nel dimostrare quello che diceva già in pieno scandalo, ovvero "non sono un angelo ma neppure il diavolo", ha sparigliato le carte che i media ci avevano disposto sul tavolo come volevano loro.
Il ritrovamento delle intercettazioni di altri dirigenti impegnati in colloqui con designatori, istituzioni del calcio, e finanche arbitri in attività, ha reso quel copione della rappresentazione carta da macero. Dall'anno scorso è chiaro a tutti che quel copione va riscritto, che quella docu-fiction di Filippetto, Operazione Offside, mandata in onda da La7, è scaduta prima di un vasetto di yogurt e resta un anacronistico spot per la squadra Offside e per il suo capo, l'allora maggiore Auricchio.
Da oltre un anno aspettiamo delle risposte da Andrea Monti, direttore del quotidiano rosa, bravo a porre le domande ma, a quanto pare, non altrettanto a convincere qualche suo giornalista nell'andare a sfrucugliare il pm Narducci per avere risposta a quelle domande.
Cosa si chiedeva Andrea Monti il 16 aprile 2010? Questo:
1. Come furono selezionate le intercettazioni?
2. Chi decise che quelle recentemente esibite, con il coinvolgimento dell' Inter e di altre squadre, erano irrilevanti?
3. L'intero corpo delle intercettazioni è stato messo oppure no a disposizione della giustizia sportiva?

La terza domanda Monti poteva anche non porla, perché è notorio che nel 2006 si è imbastito in fretta e furia un processo sportivo su poche telefonate selezionate dalla Procura di Napoli e consegnate, il 26 maggio 2006, all'allora ancora "privato cittadino" Francesco Saverio Borrelli (guarda il video). E tra le telefonate "selezionate", non da Borrelli ma dalla Procura di Napoli, non c'erano quelle riemerse ad aprile 2010, ed anche questo Monti doveva saperlo, quindi, domanda inutile.
Le altre due domande sono quelle per le quali la gente aspetta ancora le risposte dei mezzi d'informazione, perché sembra che in Italia sia scomparsa la figura del giornalista d'inchiesta, quello che va a fare anche le domande scomode ad un Auricchio o ad un Narducci, senza limitarsi a mettergli un registratore a cinque centimetri dalla bocca e limitarsi ad ascoltare senza chiedere nulla.
E' quanto è accaduto il 13 aprile 2010 (guarda il video) al termine dell'udienza nella quale vennero acquisite dal tribunale le prime telefonate riemerse. Un nugolo di giornalisti a "registrare" le giustificazioni di Narducci su quelle telefonate spuntate solo allora, senza neppure una domanda quando Narducci fa passare quelle telefonate come "... quelle di chi, noi lo sappiamo, da che mondo è mondo, e continuerà per l'eternità, a protestare, a lamentarsi, a recriminare, a imprecare contro mille divinità, perché si sente vittima di comportamenti sbagliati, di arbitraggi sbagliati, o non all'altezza delle situazioni". Come se fare la griglia con Mazzei fosse stato un lamento di Facchetti per un arbitraggio sfavorevole. Quella era "la madre di tutte le griglie", la prima grigliata ascoltata dalla squadra Offside, mesi prima dell'unica grigliata Moggi-Bergamo diventata la colonna sonora dell'estate 2006 e la colonna portante della fiction realizzata da La 7 prodotta da Telecom Media Italia.

Bene, ora le due domande poste da Andrea Monti trovano una risposta grazie ad Andrea Fanì, giornalista del Corriere dello Sport, che ha ottenuto un'intervista con il pm Filippo Beatrice, che con Narducci è stato il padre dell'indagine Calciopoli, seguita anche nelle prime udienze del processo ancora in corso a Napoli.
Le conclusioni di Palazzi, nelle motivazioni per la prescrizione sportiva delle telefonate "riemerse", pur senza scriverlo, chiamano in causa investigatori ed inquirenti napoletani.
Palazzi, un altro magistrato, militare e prestato allo sport, dice che se avessero sottoposto al suo giudizio quelle telefonate nel 2006 avrebbe adottato altri provvedimenti e portato in giudizio più dirigenti e più squadre che, invece, l'hanno fatta franca.

Beatrice risponde a Fanì dicendo: "Quando sono stato trasferito a Roma, nel 2009, quelle telefonate non erano state segnalate".
Beatrice contraddice Narducci che, il 13 aprile 2010, ci aveva messo la faccia per fare scudo ad Auricchio ed aveva parlato come se le avessero conosciute e valutate penalmente; invece nessuna valutazione era stata fatta dai pm, sentendo oggi Beatrice, perché neppure loro le conoscevano. Le conoscevano solo Auricchio e la sua "magnifica" squadra Offside.
Inoltre il pm Beatrice smentisce quello che Auricchio aveva risposto ai difensori di Moggi in aula, quando aveva affermato che ogni telefonata era stata segnalata ai pm. Beatrice dice che quelle telefonate non gli erano state segnalate. Siamo portati a credergli, anche perché sarebbe una spiegazione al famoso "Piaccia o non piaccia non esistono telefonate...", incipit narducciano che altrimenti andrebbe catalogato alla stregua di un'azione da kamikaze.

Sarebbe stato perfetto se anche Narducci quel 13 aprile, o negli infuocati giorni precedenti nei quali si usò in abbondanza il termine "disinformazione allo stato puro", avesse detto quanto Beatrice ha dichiarato ora: quelle telefonate non ci erano state segnalate!
Narducci ha scelto una strada diversa da quella di Beatrice: difendere il lavoro di Auricchio per non dover spostare una sola virgola del suo impianto accusatorio.

Poi Beatrice dice: "Erano centinaia di migliaia, partimmo da un primo screening effettuato dai carabinieri nel 2006. Poi siamo andati avanti per approfondire le indagini ma non siamo arrivati a quelle telefonate, almeno fino a che io ho lavorato all’inchiesta, prima del trasferimento alla Dia nel 2009".
E qui qualcosa non ci torna più. Nel 2006? Se non è un errore di battitura, o un errore di data da parte di Beatrice, la cosa sarebbe strana, almeno per le nostre conoscenze su come si svolge una indagine di polizia giudiziaria: la selezione delle telefonate si fa di giorno in giorno e quelle più importanti si segnalano immediatamente ai pm. Di solito, quasi subito, si procede anche alla trascrizione se si dispone di personale in numero sufficiente (e quell'articolo di Repubblica, nel 2006, parlava di 12 componenti per la squadra Offiside, non pochi). Solo gli agenti della polizia giudiziaria, specificatamente coloro che seguono l'ascolto, conoscono alla perfezione l'intera indagine.

Ora dobbiamo ricordare che Auricchio in aula ha dichiarato che, dopo una telefonata che lui stesso ha definito normale nei contenuti, trovando comunque strano un contatto Moggi-designatore, segnalò la cosa ai pm chiedendo di poter infilare Pairetto nel calderone delle persone da intercettare.
Il 26 novembre 2004, invece, sentirono Facchetti grigliare con Mazzei, il giorno dopo con Bergamo, e non lo trovarono strano, "allarmante", "inquietante", non lo riferirono ai pm che di quelle telefonate ignoravano l'esistenza. Lo dice Beatrice.
Ricordiamo anche che lo stesso Beatrice nel 2007 aveva risposto ad una domanda, in un'intervista a L'Espresso dal titolo profetico "Calciopoli non finisce qui" (ma in senso contrario, ndr), dicendo che le telefonate erano "30 mila circa, mille quelle utilizzate. Tutte le altre potrebbero essere trtascritte su richiesta del difensore. È assolutamente chiaro che cosa è stato fatto dalla Procura di Napoli e dai carabinieri di Roma. Quei telefoni sono stati sotto intercettazione 24 ore su 24, tutti i giorni. Quello che non c'è non ci può essere, semplicemente perché non esiste nelle intercettazioni". Forse neppure il numero effettivo delle intercettazioni conoscevano i pm?

Quello che neppure questa intervista di Fanì chiarisce è se, quando Bergamo e De Santis parlarono subito di telefonate di altri dirigenti, e di Facchetti in particolare, i due pm Beatrice e Narducci abbiano interpellato Auricchio per chiedergli cosa ci fosse di vero in quanto dicevano i due indagati. Non sappiamo se abbiano avuto questa curiosità, se lo abbiano chiesto ad Auricchio e, se sì, cosa gli abbia garantito Auricchio.

Due domande che avremmo rivolto volentieri a Beatrice:
1. Ci spiega perché affidaste l'indagine proprio ad Auricchio visto che sul web non abbiamo trovato una traccia che giustifichi la risposta data all'Espresso nel 2007 secondo cui lo avevate fatto "Per ragioni né casuali né recondite. Sapevamo che loro s'erano già occupati di Moggi e del suo entourage, coinvolti nella vicenda delle fideiussioni. Avevano già materiale"?
2. Lo rifareste ancora (come chiedeva il buon Biagi)?

Andrea Fanì aggiunge il suo pensiero: "Una mole enorme di lavoro, leggere le centocinquantamila telefonate: impossibile da portare a termine entro i termini consentiti ai pm per chiudere le indagini e andare a processo. Ecco perché gli approfondimenti sono stati fatti in corso d’opera. Resta però un punto importante: che il primo screening, la prima selezione, come conferma Beatrice, fu fatta dai carabinieri che segnalavano ai magistrati napoletani quali erano le conversazioni salienti e utili per portare a compimento il lavoro d’indagine. Stando alle parole di Beatrice, è come se gli agenti che investigarono avessero ritenuto poco rilevanti le conversazioni (colloqui che vedono coinvolti Moratti, Facchetti, i designatori dell’epoca) poi invece trasformatesi nel fulcro della nuova istruttoria ­ forzatamente sportiva al momento ­ condotta da Palazzi".

L'interessante articolo si chiude con una sorta di giustificazione di Beatrice che trova risposta, per pura coincidenza nello stesso giorno, in un'intervista di Tuttosport a Nicola Penta. Dice Beatrice: "A riprova della enorme mole di materiale che le parti dovevano studiare, vi ricordo che quelle telefonate furono tirate fuori dalla difesa ma con un ritardo notevolissimo. Quindi anche per gli avvocati è stato un lavoro molto lungo".

Su Tuttosport, a Guido Vaciago che gli chiede se era così difficile trovare le altre telefonate e farlo in tempi da non far scattare la prescrizione, Nicola Penta spiega: "Certo che era difficile. E il problema sta nelle indagini e nel modo con cui sono state condotte dal colonnello Auricchio e dai suoi uomini, che non hanno prodotto in modo preciso i brogliacci. Un modo per complicare molto il lavoro alle difese e avvalorare le loro tesi [...] Noi abbiamo avuto l’hard disk con il corpus completo delle telefonate nel gennaio del 2009, ma all’inizio non ci diedero la chiave per decrittare la lista dei brogliacci, così io dovevo ascoltare le telefonate in modo casuale: una assurdità! Poi, dopo un anno di richieste, finalmente abbiamo avuto la password per i brogliacci e questo solo per avere la brutta sorpresa che i brogliacci erano inesatti o inesistenti: una mostruosità giuridica. A quel punto con un software preparato dal perito informatico Porta abbiamo incrociato i numeri di telefono e abbiamo potuto procedere un po’ più velocemente. E’ stato un lavoro allucinante e lungo, perché ogni telefonata - ne ho ascoltate almeno 25.000 - deve essere trascritta, ma non solo, bisogna capirne la rilevanza contestualizzandola con gli eventi sportivi. In pratica quello che dovevano fare gli inquirenti e non hanno mai fatto".

Diciamolo, per Beatrice e Narducci, che sono stati glorificati dalla stampa come quelli che avevano ripulito il mondo del calcio liberandolo dal male e dandoci finalmente il "nuovo calcio pulito", e che si erano mostrati delusi dalla giustizia sportiva (leggi l'articolo "Due pm mediatici"), le conclusioni di Palazzi sono come un pugno nello stomaco, perché, in pratica, il Superprocuratore dice che se la pulizia è avvenuta solo in parte è anche perché gli è stato fornita solo una parte del materiale utile per giudicare ed agire. Questo è vero, anche se non assolve la distrazione della Procura Federale, che poteva accedere agli atti dal 2007. Ma adesso tutti cercano di passare la patata bollente della responsabilità nelle mani di qualche altro.
Narducci, sempre quel 13 aprile, chiedeva ai giornalisti: "E' stata organizzata un'alterazione complessiva del campionato?": e si rispondeva da solo: "Noi crediamo di sì". Noi gli avremmo chiesto subito:
'Ma non pensa che il non aver segnalato e lasciato al giudizio sportivo della FIGC queste telefonate, passandone solo una parte, abbia falsato anche il giudizio sportivo e di conseguenza il campionato 2006-07?'.

Per ora incassiamo la risposta chiarificatrice del pm Beatrice e restiamo in attesa che qualche altro giornalista con la schiena dritta faccia la domanda all'assessore del comune di Napoli Pino Narducci.