Capuano, per noi resta Farsopoli

capuanoPochi attimi dopo la sentenza, il pm Capuano ha detto: "Non è stata una farsa, non è stata Farsopoli".
Per noi resta comunque Farsopoli, e non basta la sentenza a cambiare il "dietro le quinte" e la storia "vera" che è stata svelata, ancora solo in parte, dal 2006 a ieri.
Se Capuano avesse perso avrebbe detto "E' stata Farsopoli"? Ne dubitiamo.
Alla luce della sentenza appaiono anche esagerati i timori di Capuano, Lepore e Narducci, firmatari di ben due ricusazioni del giudice Casoria, il cui voto contava comunque uno su tre.
Però nell'euforia del post sentenza tutti hanno guardato ai condannati (non colpevoli, come erroneamente scritto da troppi, ndr) e pochi al numero degli assolti: tra rito abbreviato e ordinario 15 imputati su 35 sono stati assolti, più Carraro e Ghirelli prosciolti e sfilati dal mazzo già da De Gregorio, ed allora, anche scegliendo come metro di valutazione le condanne, non resterebbe quantomeno una "mezza Farsopoli"?
Farsopoli non è, come sembra aver inteso Capuano, un giudizio sul processo penale, perché quello è solo un atto, Farsopoli è "il tutto", Farsopoli è la contrapposizione alla volutamente riduttiva definizione "Moggiopoli", abbandonata dall'inventore Beha quando si è reso conto che l'operazione, all'italiana, cercava solo un capro espiatorio per ripulirsi l'immagine senza fare davvero pulizia.
La definizione "Farsopoli" è legittimata anche dal cambiamento della Gazzetta, spiazzata nel 2010 dalle intercettazioni "scartate", costretta a parlare di "buchi", ad usare il termine Calciopoli e a rivedere la grafica del Monopoli che avevano trasformato in "Moggiopoli".

Farsopoli è il termine coniato nel 2006 appena il popolo del web ha letto le informative trovandovi tante incongruenze che solo la propaganda, perché l'informazione vera è altra cosa, voleva farsi "sfuggire". Farsopoli è la gestione della giustizia sportiva "cotta e mangiata" che ha ridotto i gradi di giudizio, cambiato i giudici naturali, ristretto i tempi di difesa ed elogiato la difesa della Fiorentina perché aveva deciso di rinunciare al suo intervento difensivo.

Ma è Farsopoli anche per altri motivi, misteri irrisolti dopo cinque anni, stranezze che chiedono verità che pochi giornalisti cercano e reclamano.
Se Capuano su alcune delle cose che ora ricorderemo, quelle che riguardano l'aspetto investigativo/penale che è il suo campo di competenza, ci dicesse che sono state un'eccezione, saremmo tranquillizzati come cittadini, prima ancora che come appassionati di calcio.

Farsopoli è:

1. Scoprire che Dal Cin ai pm napoletani non porta prove ma "sensazioni", che queste vengono verbalizzate e l'indagine affidata non alla polizia giudiziaria napoletana che già stava seguendo quell'inchiesta, ma ad Auricchio a Roma, senza che questa scelta, dopo cinque anni, sia mai stata spiegata, perché non risulta che Auricchio "aveva già materiale su Moggi".

2. Ipotizzare subito l'associazione a delinquere, necessaria per poter intercettare, sulla base di deposizioni di Cellino, Dal Cin, Spinelli, Canovi, tutte basate su "impressioni, sensazioni".

3. Un investigatore che chiede di poter iniziare ad intercettare i designatori perché c'è una telefonata, da lui definita "normale", di Pairetto a Moggi perché "il dato era qualificante anche perché in quella data, al 14 di ottobre, non c’era stato il cosiddetto sorteggio per la partita che vedeva impegnata la Juve... insomma, aveva una sua collocazione temporale investigativamente utile", e non adotta lo stesso criterio quando prima di un altro sorteggio, il 25 novembre 2004, sente ben altra telefonata con escamotage sui preclusi incorporato.

4. Leggere sulle informative, già a maggio 2006, che Facchetti deve essere andato a cena da Bergamo, e che Moratti ha parlato con il designatore (la propaganda diceva "Basta la telefonata" nel 2006), e vedere l'informazione e l'Ufficio Indagini fare come le tre scimmiette e i protagonisti tacere, dichiararsi "diversi, onesti" e reclamare lo scudetto. Leggere telefonate trascritte integralmente su pagine e pagine di informativa e poi un pezzetto delle stesse "sintetizzato" in Omissis di poche righe.

5. La principale stranezza sulle sim svizzere: scoprire a febbraio 2005 la prima sim svizzera, sapere che è intestata ad Arturo De Cillis e non ascoltarlo neppure dopo gli avvisi d'indagine del 2005, aspettando per un anno la "botta di fortuna" del figlio Teodosio che interviene per chiarire la vicenda dando anche un passaggio al maresciallo Nardone fino a Chiasso, in Svizzera, perché possa prendere i suoi appunti con i numeri di telefono.

6. Una fuga di documenti di indagine protetti, si fa per dire, in modo non "straordinario", l'ennesima fuga senza colpevole identificato, una fuga verso un giornale romanista che avviene, evidenzia Della Valle, appena la Fiorentina conquista il diritto a giocare la Champions lasciando fuori la Roma.

7. Una divulgazione di atti d'indagine che viene descritta come un danno per l'accusa e che la propaganda insinua essere avvenuta per aiutare gli imputati. Se dovessimo crederle dovremmo pensare che magari deve essere stato un amico di Moggi, un po' spaccafamiglie che, per sviare i sospetti, ha anche trascritto una telefonata ridicola per rilevanza penale, come quella del figlio e della D'Amico, e l'ha passata a 'Il Romanista'. Ma perché fu trascritta quella telefonata e non quella del 4-4-4? E non è Farsopoli? Continuiamo.

8. La Gazzetta che riporta la telefonata "Se Dattilo è sveglio dimezza l'Udinese" come se fosse precedente alla partita, e la corregge dopo ben quattro giorni. I risultati invertiti delle partite che la Juventus avrebbe vinto, secondo Auricchio, e che invece aveva perso, il mancato rigore a favore del Chievo che Auricchio nelle informative trasforma in un gol annullato e che il giudice De Gregorio riporta pari pari nelle motivazioni del rito abbreviato. Morfeo riportato sull'informativa come espulso, inesattezza che Auricchio scarica sulla Gazzetta, che aveva sbagliato il tabellino da lui copiato.

9. Un giornalista che "collabora" alle indagini dal primo momento "perché si sentiva gratificato" e il suo giornale che è usato nelle informative come fonte da cui prelevare tabellini giusti e sbagliati, copiare le lamentele di chi perdeva e ogni altra notizia utile a sostenere la tesi investigativa.

10. Il verbale dell'interrogatorio di Paparesta secretato così bene che il giorno dopo era sul pc di una giornalista del Corriere della Sera, ed il giornalista che aveva "collaborato" alle indagini a lagnarsene con gli investigatori per la mancata precedenza nello scoop.

11. L'assenza di audio delle telefonate "svizzere" che lascia campo libero all'immaginazione, perché "è in quelle la prova dell'illecito, della frode", quando nell'unica telefonata su sim svizzera di Moggi, la famosa grigliata del 9 febbraio, c'è la prova che Moggi neppure dalla sim svizzera chiede a Bergamo "Voglio il numero uno degli arbitri", e non chiede nemmeno il numero due, non chiede proprio un arbitro e avrebbe dovuto farlo se avesse saputo che il sorteggio era taroccabile. Ma vallo a spiegare a chi vuole fare solo propaganda.

12. Sentire Borrelli ammettere di non aver selezionato lui le telefonate utilizzate per il processo sportivo, ma di averle avute confezionate dalla Procura di Napoli, di averle avute senza aver fatto la dovuta richiesta e quando ancora non aveva firmato il suo incarico di Capo dell'Ufficio Indagini. "Durante la mia gita a Napoli... Certo, non possiamo fare a meno di constatare che a Napoli è successo qualcosa di strano, e dire strano è dire poco" disse Borrelli alla Commissione. Quell'audizione è stata sepolta dai media sotto camionate di sabbia.

13. Un fascicolo archiviato come "modello 45" dalla Boccassini (contenente le dichiarazioni di Nucini) che nessun legale riesce ad ottenere, che Borrelli non chiede alla sua ex Procura nel 2006 mentre ne chiede ed ottiene uno sulla Fazi alla Procura di Torino, un modello 45 alla cui acquisizione si oppongono anche i pm di Napoli. Perché? Rivelerebbe forse chi ha fatto aprire quel fascicolo o incongruenze sulla tempistica di certe dichiarazioni?

14. Gli appelli del 2006 a recarsi dai pm per collaborare e consentire di ripulire il calcio, e il dietro le quinte rivelato da Coppola, teste dell'accusa, sulla precisa tipologia di "collaborazione" che si voleva: "L'Inter non interessa. A noi non risulta che l'Inter facesse pressioni, non abbiamo registrazioni", senza nessuna menzione sul rapporto.

15. Sentirsi ripetere come un ritornello, quando si avanzano dubbi, le parole che un pm aveva detto al giudice: "Piaccia o non piaccia agli imputati non ci sono mai telefonate tra Bergamo o Pairetto con il signor Moratti. [...] Balle smentite dai fatti. Ci sono solo quelle persone, perché solo quelle colloquiavano con i poteri del calcio. Non è vero che ogni dirigente telefonava a Bergamo, a Pairetto, a Mazzini o a Lanese: le persone che hanno stabilito un rapporto con questi si chiamano Moggi, Giraudo, Foti, Lotito, Andrea Della Valle e Diego Della Valle". E poi scoprire due anni dopo che le telefonate c'erano.

16. La sequenza di risposte "Le telefonate non ci sono", "L'avvocato non può dimostrare nulla", "Facchetti avrà chiamato su un altro telefono", "Qualcosa sarà sfuggito" che dopo due settimane diventano "Le abbiamo ascoltate e valutate non rilevanti".

17. L'avvocato Messeri che chiede: "Avete mai intercettato una telefonata in cui l’interlocutore era Paolo Bertini?", Auricchio che risponde: "No", e dopo qualche giorno escono le telefonate di Bertini a Gabriele, a Bergamo dopo Milan-Juve e quella sull'imbarazzante visita nello spogliatoio, prima della partita, del presidente di una squadra che "non interessa".

18. Telefonate che sono riportate solo sui brogliacci e delle quali sono introvabili i files audio. Telefonate segnalate da chi le ascoltava come rilevanti con baffi gialli e rossi e "scartate" dal qualcuno al livello superiore.

19. Una telefonata importante trascritta per tre pagine e senza la frase finale, "Noi pensiamo a vincere il campionato e voi pensate a salvare la Fiorentina", che spiega la frase precedente ritenuta incriminante, un'altra intercettazione letta in aula ma.... no, di questa ne parleremo e vi faremo ascoltare dopo le motivazioni.

20. Il pm che ancora nella replica finale ricorda "le palline che si aprivano, il colpo di tosse", ma per credere ci vorrebbe "un atto di fede", perché non dimostra come una pallina che si apriva possa essere prova di taroccamento, visto che il testimone Martino, lo stesso che avvisava Meani appena finito il sorteggio, ha risposto all'avvocato Morescanti che il biglietto non si poteva leggere quando si apriva una sfera, perché "era ripiegato due volte, in quattro".

Potremmo continuare, perché l'indagine ci ha fornito incongruenze a gogò, perché le sei deposizioni di Auricchio ci hanno fornito una messe di materiale, con l'apice del Milan che non aveva televisioni, perché c'è anche Baldini che prima non conosce Auricchio e poi lo conosce ma il numero degli incontri dichiarati dai due non combacia, come non tornano tante date, mentre tornano nella mente di Nucini, per incanto, un sacco di numeri che non aveva mai dato, che aveva detto di non aver tenuto per sé, e spuntano fuori i colloqui di lavoro e non si capisce più, alla fine, se è persona ascoltata come testimone o come uno che è stato nella cupola. Ne abbiamo tralasciate di cose, come Zeman, miglior allenatore d'Europa al quale Moggi fa il torto di far guadagnare qualche miliardo per togliersi lo sfizio di farlo licenziare, come abbiamo tralasciato Armandino Carbone e tante altre inesattezze di questa storia chiamata "Farsopoli".