Galdi, Auricchio, la rimpatriata e lo champagne

gazzetta45 mila copie cartacee in meno e 19 mesi in più. Sono numeri della Gazzetta. Delle 45 mila copie giornaliere in meno, rispetto a settembre di quest'anno, apprendiamo da un articolo di Italia Oggi, con il quotidiano rosa che conferma il calo già evidenziato nel primo semestre 2011 e che occupa saldamente il secondo posto per contrazione delle vendite, -8,3%, dietro Il Giornale con -14,5%. E' un periodo di contrazione generale, ma i numeri della Gazzetta sono impietosi se paragonati a quelli di altri giornali. Forse la scelta del target preferenziale e preferito, quello vestito di nerazzurro, e la linea editoriale di "preservazione di certe figure ed orientamento dell'opinione pubblica", dichiarata dal direttore Monti, non pagano.
Diciannove, invece, sono i mesi trascorsi in attesa di una risposta alla domanda fatta dal direttore Andrea Monti il 16 aprile 2010: "Chi decise che quelle recentemente esibite, con il coinvolgimento dell'Inter e di altre squadre, erano irrilevanti?" Se la lunga ed inutile attesa ha fiaccato diversi lettori della Gazzetta, come dar loro torto? Che senso ha fare una domanda senza cercare di darle risposta?
Evidentemente Monti non ha dato un preciso mandato ai suoi inviati a Napoli, Galdi e Piccioni, di "sfruculiare" Narducci e Auricchio per portare finalmente a casa la risposta. "Sfruculiare" Bergamo era doveroso per Palombo, replicò Monti, sfruculiare Narducci ed Auricchio, evidentemente, no.

Di occasioni per fare quella domanda a Narducci gli inviati rosa ne hanno avute a bizzeffe, nelle pause delle udienze. L'ultima occasione andata sprecata è stata la sera dell'8 novembre, subito dopo la sentenza emessa dal coeso ed affiatato collegio presieduto dalla Casoria. Galdi ha fatto il giro della Procura e firmato articoli con i pareri e le risposte, a domande mai scomode o coraggiose, di Lepore, Narducci, De Gregorio ed Auricchio.
Nella rimpatriata con l'investigatore capo di Calciopoli, con il quale ha "collaborato" alle indagini, Galdi ha diviso la fatica dell'intervista con Piccioni: otto domande in tutto. Quattro a testa?
L'intervista celebrativa, dal titolo "PARLA L'INVESTIGATORE PIU' IMPORTANTE DI CALCIOPOLI. Auricchio: L'inchiesta non era contro la Juve", è sulla Gazzetta del 10 novembre ed inizia con una domanda di quelle toste davvero, che bisogna essere in due per fare: "Dottor Auricchio, ha stappato lo champagne?". Chi avrà fatto questa domanda? Piccioni o Galdi, secondo voi?
Una domanda su otto sprecata, se si voleva portare al direttore Monti e ai lettori la risposta alla domanda delle domande su chi aveva scartato le telefonate dell'Inter. Ne restano altre sette, anzi quattro, perché tre vengono spese per chiedere: "Lei è tifoso dell'Inter?", poi "I tifosi che Le hanno detto per strada?", ed ancora "Va alla partita?".

Restano quattro domande. Vertono sull'accusa mossa dalle difese in relazione al metodo usato negli interrogatori: "Ore e ore senza un caffè, domande preconcette, pressing su testimoni e indagati per suffragare le ipotesi di colpevolezza. In pratica, avete «obbligato» l’inchiesta ad andare da una parte"; ed Auricchio risponde che è una delle tantissime argomentazioni infondate, "sventolate in dibattimento per far salire la tensione".
Risposta buona per i poco informati lettori della Gazzetta che non avranno mai modo di fare un confronto delle versioni, perché Galdi, come inviato, mica ha evidenziato quello che rispose l'ex assistente Cuttica, teste dell'accusa badate bene, mica un testimone portato dalle difese.
Prioreschi: "Lei ricorda quanto è durato il suo esame dai Carabinieri?"; Cuttica: "Tantissimo"; Prioreschi: "Eh. Se Le dico dalle 9:40 alle 16:25, cioè sette ore per quattro pagine di..."; Cuttica: "Senza un bicchiere d'acqua"; Prioreschi: "Senza un bicchi... per quattro pagine di verbale, Cuttica?"; Cuttica: "Sì".
Non un caffè, "neanche l'acqua", disse Cuttica. Non sono invenzioni delle difese e ancor meno nostre, sono parole verificabili ascoltando l'udienza su Radioradicale.it (da noi trascritta, pagine 7 ed 8), piaccia o non piaccia ad Auricchio e a Galdi. Altri testimoni, sempre dell'accusa, hanno ammesso che nel corso degli interrogatori sono stati loro riportati i contenuti delle intercettazioni e quant'altro.

Poi il duo di inviati si avvicina alla domanda che dovrebbe fare, quella del direttore Monti... fuocherello?: "Perché quelle famose telefonate «altre» finirono in soffitta? Anche a considerarle non rilevanti penalmente, perché sposare la tesi assolutista del «chiamavano solo loro»?".
Ed Auricchio risponde: "Noi abbiamo fatto una indagine su quella che abbiamo ritenuto essere una organizzazione criminale ben definita: i dati raccolti hanno poi confermato questa nostra ipotesi accusatoria. Non abbiamo mai avuto l’ardire di occuparci di una inchiesta sull’intera storia del calcio".
Al duo, logicamente, la risposta basta ed avanza, a noi no. Avremmo chiesto, come minimo, ad Auricchio: "Ma è normale che svolgendo un'indagine per cercare riscontri ad una tesi investigativa, in presenza di telefonate che possono far ipotizzare altre frodi da parte di altri soggetti, si decida di non interessarsene?".
Perché noi fatichiamo a credere che quanto accaduto con Farsopoli sia prassi comune nella tecnica investigativa. Immaginiamo: un investigatore, mentre sta salendo a piedi per raggiungere il quarto piano, dove deve verificare una soffiata ricevuta, al secondo piano passa davanti ad una porta socchiusa che permette di vedere una persona stesa a terra; e normalmente dice: "Non ci interessa, non abbiamo soffiate o ipotesi su reati commessi al secondo piano"? Ed al subalterno che dice: "Comanda', a me, questa mi pare situazione da tre baffi rossi", di solito che si risponde? "Tiremm innanz"?

Lungi da noi aspettarsi che il duo di inviati rosa facesse una domanda tipo: "I maliziosi sostengono che non abbiate allargato di proposito il fronte investigativo ai soggetti che emergevano, altrimenti sarebbe stato difficile parlare di rapporti esclusivi tipici di una cupola", ma ancora una volta hanno mancato di chiedere almeno: "Ma insomma, chi le ha scartate? Lei o i pm? E quale dei due pm, visto che Beatrice ha detto che quelle telefonate non le conosceva?".
Già, ma i lettori che hanno saputo dello smarcamento dell'ex pm Beatrice sono quelli del Corriere dello Sport, che almeno ad uno dei due pm la domanda l'ha fatta, e non quelli della Gazzetta.

Altra domanda posta ad Auricchio è stata: "Un altro aspetto dell’inchiesta è strano. A un certo punto, non si indaga più, tutto si ferma e Lei se ne va. O L’hanno cacciata?".
Ed Auricchio risponde che non ha scelto lui e che da buon militare ha eseguito. Del resto, aggiungiamo noi, chi è responsabile di un'indagine lo è anche della sua conservazione stagna, della sua segretezza per qualsiasi "esterno", fosse anche l'amico Galdi che vuole collaborare perché "lo gratificava". Ed invece quell'indagine segreta non è rimasta, anzi, qualcuno le ha messo le ali ed è volata verso le redazioni. In pratica Auricchio è stato rimosso dal campo operativo, anche se non l'ha detto chiaramente ed ha evidenziato, invece, che "con il mio trasferimento si è deprivata l’inchiesta del responsabile proprio nel momento in cui quella stessa inchiesta entrava nella fase di discovery".
Sul perché non si indaghi più dal 2005 al 2006 nessuna risposta, nessuna controdomanda per sapere che cosa abbiano fatto in quel periodo a livello di discovery ("scoperta", traducendo dall'inglese), né perché non ascoltino in quel periodo neppure l'intestatario delle tre sim che conoscevano.
Continua ad aleggiare il mistero sull'attività svolta, o non svolta, nel periodo 2005-2006, a parte la stesura delle tre informative, piene delle note inesattezze, evitabili visti i mesi di tempo avuti a disposizione per fare le opportune verifiche.

A Galdi&Piccioni Auricchio risponde anche che "non sono stati raccolti rumors da bar dello sport o da qualche articolo di giornale": ma anche questa è un'inesattezza buona solo per chi conosce poco le risultanze delle sue deposizioni, perché l'errore sull'espulsione mai avvenuta di Morfeo, in Lecce-Parma, in aula l'ha giustificata scaricando la colpa proprio sulla Gazzetta, che aveva sbagliato il tabellino della partita da lui copiato ed incollato sull'informativa. Più di qualcosa è stata raccolto non solo da articoli di giornale ma persino dai siti sociali delle presunte "vittime": Lecce, Inter, ecc.

Ma, oltre alla domanda del direttore Monti che, a questo punto, dobbiamo supporre non avrà risposta, c'è un'altra domanda mai fatta che ci sarebbe piaciuto sentir rivolgere da un Giornalistavero ad Auricchio, questa:
"Con le Sue indubbie capacità investigative è riuscito a scoprire almeno chi ha trascritto e diffuso alla stampa la telefonata sui figli di Bettega e quella di Alessandro Moggi sulla D'Amico, la cui rilevanza penale ci sembrò zero? Chi oltre ai suoi uomini aveva accesso alle intercettazioni e può aver fatto quelle trascrizioni?".