Accuse Juve: il condizionamento mediatico

Questa accusa è senza dubbio la più ridicola tra tutte quelle mosse nei confronti della Juventus: 69 intercettazioni (praticamente il 20% dell’intero testo della prima informativa) per dimostrare che Moggi era in grado di condizionare l’opinione pubblica. Ma con quali mezzi il vecchio volpone di Monticiano riusciva in questa incredibile impresa? Semplice, con la moviola del Processo del Lunedì. C’è da ridere, e non poco, a partire da Fabio Baldas, responsabile dei replay biscardiani, definito dai Carabinieri come «fondamentale nel preservare gli scopi dell’organizzazione». È molto strano che gli investigatori, che in più parti si dimostrano molto attenti ad alcuni episodi del passato (citano favori arbitrali per la Juve di molti anni prima), non si rendano conto del reale valore mediatico di una trasmissione come il Processo, che fatica a superare i 500.000 spettatori per uno share medio del 3-4%. Qualunque, anche modesto, appassionato di calcio italiano non può che sorridere di fronte a questa bislacca teoria: è noto che ogni trasmissione sportiva, dalla più seguita alla più scalcagnata, ha una propria moviola (Filippo Grassia la fa addirittura alla radio) e che con i mille angoli di ripresa e le centinaia di replay proposti a ripetizione su tutti i canali televisivi è difficile pensare che un errore arbitrale possa sfuggire ai telespettatori. Di tutte queste moviole Moggi ha scelto poi di controllare quella sbagliata, quella che la sentenza di un Tribunale ha definito “inattendibile”, a fronte di una querela degli arbitri. Ma non è solo la moviola a preoccupare i Carabinieri, che si dicono indignati per la longa manus poggiata anche su Raisport e su alcuni quotidiani, grazie al controllo di giornalisti “servi” quali Franco Melli, Ignazio Scardina, Tony Damascelli e Ciro Venerato. Ogni commento è superfluo. Come al solito, vi sono telefonate ripetute (ben dodici, le stesse usate nei capitoli dedicati al caso Paparesta e al condizionamento degli arbitri) a dimostrazione della scarsità di argomenti sulla questione.