Moggi scrittore: «E’ un bordello, niente verginelle»

MoggiFonte: Tuttosport del 18 ottobre 2007
Moggi scrittore: un calcio al cuore
«E’ un bordello, niente verginelle»
Big Luciano attacca Carraro, Petrucci, Collina, Paparesta.
Blanc: «Bravo, è secondo. Del Piero? Giusto il rinnovo. Ma i nuovi acquisti...»

MILANO. Un piccolo corteo tra la folla di fotografi e camera­men. Al centro c’è Luciano Moggi.
Distribuisce sorrisi, gli fanno strada verso il tavolo che ospi­terà la conferenza di presentazione del suo libro verità: «Un calcio nel cuore», titolo vagamente sarcastico. Si accomoda assieme ai giornalisti che lo hanno sostenuto nell’impresa: Enzo Bucchioni, Mario D’Ascoli e il moderatore d’eccezione Gigi Moncalvo. In platea prendono posto tutti gli altri, i legali dell’ex manager bianconero e i numerosi ammiratori del direttore, oltre ai giornalisti. Una folla mediatica. Fino a quel momento, Luciano Moggi è lo stesso di sempre. E’ ancora Big o Lucky Luciano.

Ma quando inizia a parlare (saranno quasi due ore di rivisitazioni) nella sala incontri di un bell’hotel nel centro di Milano, perde i superpoteri. «Non sono più abituato a vedere tanta gente per me, mi fa piacere». Esprime sincero stupore. Poi il risentimento: «Lo dedico a coloro che volevano uccidermi moralmente, a chi si è sostituito ai tribunali strillando in prima pagina “processatelo". Sono state dette tante falsità, hanno cavalcato l'onda popolare: lo aveva affermato, dimettendosi, anche il professor Serio della corte federale. Ma piano piano viene fuori la verità».

Ora è un uomo normale che risponde alle accuse provando a smontarle. Non ha rivelazioni clamorose, nel suo libro non ci sono sconvolgenti verità. Analizza serenamente e logicamente la situazione. Dice che il calcio è come «un bordello dove non ci sono verginelle». Tutti erano - e sono ancora - sullo stesso piano. Oppure, con altra metafora, che il calcio «è sport per 90 minuti e per il resto attività commerciale, dove conta essere più bravi della concorrenza». Qualcuno ai vertici di questo bordello-commerciale a un certo punto ha deciso di riprendere in mano la situazione.

Moggi ce l’ha con Gianni Petrucci, il presidente del Coni: «C’è stato il caso Lorbek (nel basket, il trasferimento irregolare del giocatore della Benetton Treviso, ndr), e c’è stato Ronzani (presidente della Camera arbitrale Coni, ndr) che al pm di Bologna ha parlato di Petrucci che sollecita­va certe sentenze». E ce l’ha con Franco Carraro: «Ha tre incarichi in Uefa e Fifa, e telefonava spesso a Bergamo raccomandandosi di non favorire la Juve». E pure con Pierluigi Collina: «Alla Domenica Sportiva e poi a Radio Anch’io, dalla sera alla mattina, è riuscito a contraddirsi sul fuorigioco di Trezeguet nel derby e contro la Fiorentina, poi ha spiegato che si deve capire l’idea del giocatore sul fuorigioco attivo o passivo. Forse farà seguire agli arbitri dei corsi per imparare a leggere nel pensiero». E ce l’ha pure con Paparesta: «Ma quale sequestro, era una battuta, e per for­tuna che c’erano l’addetto all’arbitro della Reggina e il portiere Soviero a confermare. Mi sono ribellato a Paparesta per come aveva cambiato il risultato, con la collaborazione dell’assistente Copelli. Che abbiamo visto a Torino in Supercoppa con l’Inter: annullò il gol di Trezeguet, perdemmo 1-0».

Moggi è un uomo con le sue debolezze. «E’ vero, ho comprato quelle tessere telefoniche svizzere. Non è reato, l’avevo fatto per difendermi dalla Telecom. Avete visto? Quando ha toccato i politici, il problema delle intercettazioni è emerso. Le mie erano chiacchiere, non ci sono reati». Spiega tutto, rivela anche dettagli personalissimi: «Sono stato a Lourdes e a San Giovanni Rotondo perché credo in certi valori». Racconta aneddoti: «Quella vecchietta che sognò me e Padre Pio... ». Risponde alle domande di Idriss, Cozzolino, ma anche del giornalista che premette di «giocare fuori casa» e poi gli fa perdere il controllo, e che quando rivela per quale testata lavora, il coro «Ahhh, ecco» unisce Moggi ai suoi ammiratori-tifosi. Di quel giornale oggi la Juve è partner commerciale: «Si vede che hanno apprezzato la campagna fatta un anno fa. Io mi ero dimesso per aiutare il club a difendersi: avessi saputo prima come lo hanno fatto, sarei rimasto al mio posto».

Lui, l’ex dg, dice di «essere nato juventino», e che «Del Piero è un bene della Juve, giusto il rinnovo», ma an­che che «Ibra non lo avrei mai ceduto in Italia e mai a quelle ci­fre». E ancora: «Blanc più paga­to di me? Lo ritengono bravo, in effetti è secondo in classifica», « Mutu, Trezeguet e Ibrahimovic sono in testa ai cannonieri e sono tre miei giocatori. E anche per il Mondiale vinto credo di avere qualche merito».

Il mercato Juve? «Nella mia squadra questi acquisti sarebbero andati in panchina». Fino a Berlusconi: «Mi propose un incarico nel Milan. Poi scoppiò lo scandalo» e l’ex compare Giraudo: «Scappato con il bottino? Chiedetelo a lui». Un uomo normale con tanta voglia di calcio. «Un bordello senza verginelle, questa è la verità». Una storia italiana.

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