Nessuno tocchi Milano

Moratti e GallianiUna volta erano le "sette sorelle". Poi QUATTRO si persero per strada, travolte da fallimenti e retrocessioni (Fiorentina), o graziate in virtù di artifizi fiscali che tutte le aziende di quest’Italia gradirebbero ottenere (Parma, Lazio e Roma). Un'altra continuava a spendere e ad indebitarsi senza curarsi delle regole (Inter). Poi c’era chi vinceva (Milan e Juve).
Infine Calciopoli, e l’inizio del finto duopolio Roma-Inter. Finto perché in realtà quello tra le società dei Sensi e di Moratti è sempre stato un rapporto tra vassallo e signore. Ora le cose sono cambiate, la Roma indebitata e in crisi tecnica sta diventando un serbatoio dal quale attingere, e certamente vedremo nell’immediato futuro altri giocatori giallorossi prendere la via di Milano.
E stavolta non solo verso la sponda nerazzurra. Perché è chiaro il nuovo duopolio, questo sì, destinato a durare. Milan-Inter, la sfida annunciata sin dall’estate, dopo due stagioni in cui il Milan ha tenuto, per diversi motivi, il basso profilo. Stessa propensione a lustrini e paillettes (chi con i giocatori più griffati, chi con il Mister più Speciale), stessi proclami sulla rinascita di due giocatori che allo stato attuale tutto sembrano tranne che risorti (Sheva da una parte, Adriano dall'altra), stessa "scorta mediatica” (fondamentali, le tv del Cavaliere e le Gazzette piene di “amanti” del petroliere) ma, soprattutto, stessa “scorta arbitrale". Perchè soprattutto quest'ultima "forza" sta agendo in modo tale da avvalorare i pronostici della vigilia.
Gare che vedono le milanesi arrancare si risolvono con l'aiutino puntuale dell'uomo col fischietto (o con la bandierina), che sembra aver stabilito per le due squadre meneghine una specie di esclusivo codice comportamentale: si ammonisce solo dopo 2 interventi degni del cartellino giallo, e si espelle dopo i successivi 4. Forse. E il calcio di rigore è una specie di territorio privato, a dir la verità di recente frequentato più dalla sponda rossonera che, contro la squadra di Reja, è stata gratificata con un rigore che ci rimanda alla madre di tutte le proteste rossonere in Calciopoli. L'intervento di Costacurta su cross di Ibrahimovic, in quel Juve-Milan delle presunte 42 telefonate "svizzere" tra il "Moggi Group" e l'arbitro Bertini, era dieci volte più rigore rispetto alla sciocchezza che ha mandato Kakà sul dischetto contro il Napoli. Ma in quell'occasione, il fischietto aretino, noto "sodale della Cupola", evitò di concedere un penalty sacrosanto: in lieve contraddizione, ci pare, con i teoremi farsopoliani. Domenica sera, invece, nell'Era del Calcio Pulito, si è visto un campionario di schifezze da Oscar, termine più che adeguato considerato che uno dei protagonisti del dopo partita viene dal cinema. Grottesco il trattamento riservato dall'arbitro Rocchi ad Ambrosini, Gattuso e Kakà, risparmiati per falli da seconda ammonizione, e nel caso dei primi due, si sorvola allegramente anche sul QUARTO e quinto intervento. Senza dimenticare come il Milan ha vinto contro il Siena, come ha sbloccato e poi chiuso il risultato contro la Samp.
E dalla parte opposta del Naviglio, Cordoba e Quaresma possono colpire da dietro o calpestare avversari, Ibrahimovic può fare cose che a Torino venivano puntualmente censurate (compresi i gol aiutandosi con le mani) e che a Milano da due anni sono soggette a generosa indulgenza, mentre nella loro area i suoi compagni nerassurri possono giocare indifferentemente a volley (Zanetti a Genova) o a rugby (Burdisso, a Torino e a Firenze), senza rischiare minimamente sanzioni.
Mentre altrove ci sono società che sbraitano contro le ingiustizie perpetrate ai loro danni, ma prendono ad esempio episodi risalenti ad otto anni fa e che videro protagonisti uomini che oggi sono estranei al Nuovo Calcio Pulito. Come se la colpa della crisi economica attuale fosse da addebitare a quella del ’29. A queste società, e ad altre che esaltavano il Nuovo Calcio solo qualche giorno fa, ci sentiamo di dire che ce lo aspettavamo e ben gli sta.
Fa sorridere, in particolare, il presidente del Napoli, fino a ieri zompettante corista da stadio ed entusiasta dell’equilibrio dovuto alla trasparenza, oggi già tornato sui suoi passi (“ci sentiamo scippati”), disilluso e amareggiato per essersi “mentalmente calato in questa realtà virtuale” che “vive come deve essere vissuta”. Emblematica l’ultima frase: ”IO NEL CALCIO MI ADEGUO E SE LE REGOLE SONO QUESTE ANDIAMO AVANTI COSI’…”.
Aspettiamo il prossimo, la lista sarà lunga.

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