La Juventinità smarrita

Andrea AgnelliLe due sconfitte consecutive maturate contro Udinese e Cagliari soffiano sulla brace dove sembrava sopito l’ardore rancoroso di chi la Juve la ama davvero. Sono bastate due sconfitte ad infiammare nuovamente un popolo costretto a subire troppe umiliazioni. Da Calciopoli in poi gli atteggiamenti passivi e le conseguenti decisioni assunte da chi, di fatto, ha lasciato che la Juventus venisse sbranata da avvoltoi con le sembianze più disparate, hanno portato la soglia di sopportazione ai minimi storici.
Se ci fossero nella proprietà e nella dirigenza figure di sicura competenza e juventinità a cui fare riferimento, la situazione potrebbe essere anche diversa. Invece, ci ritroviamo con il rampollo Elkann a tirare le fila di un asset di famiglia come se fosse una qualsivoglia azienda di subfornitura della FIAT. Peggio! Su questo “malcapitato” successore a 80 anni di gloriosa e onnipotente dinastia Agnelli, c’è il marchio indelebile di aver certificato la resa davanti alle prime accuse di Calciopoli, scaricando una dirigenza vincente e lavandosene le mani nemmeno fosse Ponzio Pilato davanti ad accuse di illecito poi smentite dai fatti.
Accettata supinamente una retrocessione quale macchia indelebile di una storia costruita con amore e passione dagli Agnelli, quelli veri! Accettata pure l’amputazione di scudetti vinti di cui il 28° dedicato alla memoria di Umberto Agnelli.
Alla presidenza della società è stato messo un presidente-impiegato che nulla aveva a vedere con il calcio e, soprattutto, con la Juventus. Una brava persona, simpatica (soprattutto agli altri!), capace spesso di dire tutto e il contrario di tutto ma di dire comunque spesso “il nulla”, nonostante rilasci molte interviste. E’ un presidente ormai etichettato come una sorta di Dottor Jekill e Mister Hide, con Cobolli che dichiara e Gigli che smentisce. La perla di questo sfortunato e indegno successore di figure quali Edoardo, Gianni e Umberto Agnelli, è stata quella di farsi fotografare a braccetto con Moratti in un atteggiamento ruffiano e sconveniente che nessuno juventino avrebbe avuto. Per fortuna questo simpatico personaggio è a scadenza di contratto.
Il direttore generale non c’è ed, anzi, si tratta di una carica assunta “ad interim” da Jean Claude Blanc, manager sportivo di comprovate capacità ma arrivato due anni e mezzo fa a completo digiuno di calcio. Magari si tratta di un’ottima scelta come amministratore delegato, ruolo per cui è stato pure inizialmente scelto, ma un direttore generale che ha bisogno di un comitato sportivo per avallare l’acquisto di Knezevic la Juventus non se lo può permettere se non per essere ancor più simpatica, agli altri.
Fra i dirigenti che siedono nel Cda è stato scelto anche tale Paolo Montali, arrivato direttamente dal mondo della pallavolo (…) Si tratta di un personaggio talmente simpatico da avere il coraggio di dire che fra la Fiorentina e la Juventus lui si augurava un pareggio, perché il viola lui ce l’ha nel cuore mentre la Juve per lui è un lavoro. E’ talmente illuminato da scrivere libri in cui ha bisogno di parlare di scoiattoli e tacchini per descrivere i segreti di una squadra vincente.
Il direttore sportivo è un figlio storico della Juventus. Alessio Secco è cresciuto respirando aria bianconera con il papà segretario amministrativo della Juventus per una vita. Fino alla maledetta estate del 2006 seguiva Moggi cercando di essere utile (…) poi improvvisamente si è ritrovato al suo posto compiendo danni irreparabili quali, per esempio, la svendita di un campione come Mutu a 7,5 milioni di euro alla Fiorentina e acquistando più tardi, per la stessa, cifra la metà (!) di un Mimmo Criscito qualsiasi. Non è colpa sua. La responsabilità è degli incapaci che lo hanno gettato in mare ben sapendo che il ragazzo doveva ancora imparare a nuotare.
Alla guida tecnica c’è Claudio Ranieri. E’ un allenatore che piace alla dirigenza perché è educato, sorride sempre ed è pure simpatico, di più agli altri si intende. La sua storia con la Juve non c’entra nulla. Sa giocare solo il 4-4-2 classico perché, se cambia qualcosa, la partita la perde di sicuro. Si potrebbe acquistare un campione che mal si concilia con i suoi schemini? Eh no, meglio Marchionni e rinnovare a Nedved il contratto fino ai 40 anni! Forse l’unico lato positivo del suo lavoro alla Juve era quello di aver organizzato buoni meccanismi difensivi con la squadra che difendeva alta e subiva pochi gol, tanto da essere la miglior difesa del campionato. Almeno fino a prima delle partite contro Udinese e Cagliari. Cinque gol subiti in due partite, coincise fra l’altro con il ritorno fra i pali di Buffon. Fra i demeriti mai perdonati a Ranieri quello di aver avallato acquisti milionari per controfigure, a scapito di acquisti di qualità che avrebbero garantito un salto di qualità alla squadra. Autolesionista, alla luce dei fatti, è stata la scelta di Poulsen in luogo di Xabi Alonso. Voleva un altro mediano Ranieri, per un centrocampo muscolare e per poter sviluppare il gioco dalle fasce con Camoranesi e Nedved, senza tener conto della fragilità dei muscoli del primo e del campione che fu il secondo, dati i 37 anni della carta d’identità. Si tratta evidentemente di scelte sbagliate che, fino a un paio di partite fa, sono state coperte dalle continue prodezze di Del Piero e dal buon inserimento di Amauri che, spesso, hanno risolto partite e regalato vittorie che altrimenti difficilmente sarebbero arrivate.

Riprendere la strada maestra per una società come la Juventus vuol significare, innanzitutto, assumere decisioni in linea con la propria storia, puntando preferibilmente su professionalità e competenze che si sono alimentate di quello spirito juventino che in oltre un secolo di vita ha plasmato un dna vincente. C'è bisogno di scelte di campo chiare e senza indugi per riprendere al più presto il cammino che la storia del calcio ha assegnato alla Juventus. A sedere degnamente sull’ideale poltrona di presidente oggi ci può essere solo Andrea Agnelli, figlio di Umberto, l’unico Agnelli rimasto di cui è accertato il profondo interesse nei confronti della causa juventina.
Fra l’attuale dirigenza il solo Blanc appare in grado di proseguire il proprio incarico di amministratore ma nel ruolo di direttore generale il ritorno di Roberto Bettega è un atto dovuto al grande campione che è stato, a quello che ingiustamente ha dovuto pagare come dirigente con il suo allontanamento (per fine contratto, sich...) per scelte degne della Santa Inquisizione. Il suo ritorno sarebbe accolto a braccia aperte da tutta la tifoseria juventina e aiuterebbe forse a cicatrizzare almeno le ferite più marginali originate dalla gestione della proprietà su calciopoli. Bettega, con la sua competenza, potrebbe assecondare la crescita professionale di Alessio Secco senza sconfinare nelle scelte di un comitato sportivo da cancellare in toto insieme ai suoi componenti. Nel ruolo di allenatore una figura emergente come quella di Gian Piero Gasperini o Antonio Conte, concilierebbe le aspettative di tutti, da quelle tecniche a quelle di bilancio, assecondando l’esigenza di ridare un po’ di juventinità vera a questa società in gran parte “di estranei” che ci ritroviamo.

E’ una Juventus di juventini quella che dovrebbe riprendere le fila di un progetto ultracentenario interrotto con il blackout di calciopoli. E’ la Juventus che vogliamo e che chiediamo a gran voce. Ridiamo la Juventus agli juventini!