Il Nucleo: dall'Heysel a Calciopoli passando per Tokyo

nucleo"Calciopoli? Una grande amarezza", "La serie B? Mi sono divertito tantissimo!"Non sono risposte di un dirigente in linea con lo smile pensiero in voga da qualche anno in Corso Galfer. Chi parla è qualcuno che segue la squadra da più di trent'anni, sia che si giochi a Torino come a Palermo, a Londra oppure a Tokyo. E' lui che per le partite di Champions League noleggia un aereo intero per i suoi ragazzi. E' "il nonno" del Nucleo. Ti aspetti di trovare lo stereotipo del tifoso ultrà, aggressivo e fanatico, conosci invece Massimo Tadolini, 47 anni di Bassano del Grappa (VI), pacioso e disponibile. E’ lui l’anima organizzativa di più di un migliaio di ultras juventini molti dei quali veneti che si riconoscono nel “Nucleo 1985”. Nelle partite in casa, all'Olimpico, si piazzano nel secondo anello della curva nord. Non si perdono una partita e il loro striscione è ovunque, puntualmente inquadrato dalle telecamere in tutti gli stadi del mondo dove gioca la Juventus. Massimo, uomo dalle mille risorse, sembra aver trovato la ricetta giusta per conciliare la guida della propria azienda di abbigliamento per bambini, le esigenze proprie di una famiglia con 5 figli (l'ultimo nato a gennaio 2008) e la passione per la Juventus.

Mi fa un po’ strano chiedergli come se la sente addosso l’etichetta di ultrà. "L’immagine che passa oggi è assimilabile a quella di un teppista – mi spiega Tadolini – per me essere ultrà vuol dire invece attaccamento alla squadra, senso del rispetto per le tifoserie avversarie, ma soprattutto sentire dentro una passione che posso esprimere di partita in partita come in un rito che si perpetua ogni volta lasciandoti dentro il sale della vita: emozioni”.

E’ una storia ricca di aneddoti e suggestioni quella che mi racconta Massimo: “Il 29 Maggio 1985 – ricorda - eravamo all’Heysel nel settore Z dove sono morti 39 tifosi juventini assaliti dagli hooligans. C'erano anche due amici di Bassano fra quelli che non tornarono a casa. Certe cose ti segnano per sempre, ti sembra che sia la fine ma poi si trova la forza per vivere un nuovo inizio.” E’ così che viene naturale pensare di ricordare quella tragica notte di Bruxelles chiamando il gruppo ultrà “Nucleo 1985”. E i racconti di trasferte “epiche” si susseguono, fra le altre mi racconta di quella volta ad Istanbul. Eravamo a dicembre del 1998, al culmine di un periodo di forte tensione internazionale fra Italia e Turchia per le vicende legate a Ocalan. In 13 disobbedimmo alla Juventus che per motivi di sicurezza invitava i tifosi a non seguire la squadra in trasferta: “Arrivammo all’Hotel dove alloggiava la Juve per chiedere i biglietti per lo stadio e trovammo Moggi che ci disse un "ma voi siete matti"– ripensa Massimo – partimmo per lo stadio a bordo di un pulmino e al nostro arrivo, nonostante l’ora serale, una luce accecante che nemmeno in pieno giorno: decine e decine di flash, televisioni di tutto il mondo e noi a rilasciare interviste a tv inglesi, tedesche, turche in una confusione indescrivibile. Non so come ho fatto quella volta, ma parlando un misto fra italiano, francese e inglese, convinsi anche un funzionario della polizia turca a farmi appendere lo striscione del Nucleo proprio sotto la tribuna. Ne ho sentiti tanti di fischi in tanti anni ma mai mi sono sembrati più forti di quella volta – e sorride – i fischi di un intero stadio erano tutti per me che stavo cercando a fatica di fissare quel benedetto striscione; e poi l’espressione di Lippi, fra l’incredulo e il compiaciuto, nell’accorgersi di quello striscione così familiare e diverso da quelli turchi che coprivano ogni altro angolo dello stadio. Andò tutto bene e il disgelo anche politico fra Italia e Turchia passò un po’ anche da quella notte.”

nucleo2A sentir parlare Massimo ti sembrano così lontane le solite cronache di scazzottate e disordini per cui solitamente si parla degli ultras. Lui mi fa una smorfia a metà strada fra un sì ed un mezzo sospiro e poi riparte in quarta raccontandomi dell’apice della sua carriera da tifoso quando, nel novembre 1996, in una settimana volò al seguito della squadra vittoriosa a Manchester in Champions League e poi fino a Tokyo per assistere alla finale della Coppa Intercontinentale. In campo decise Del Piero, vittoria per 1-0 con la Juventus sul tetto del mondo. “C'eravamo anche noi - e gli occhi gli si illuminano – eravamo talmente stanchi per il viaggio che qualcuno si addormentò nelle gradinate e si perse la partita ma poi, l’emozione più grande, tornare insieme alla squadra sul volo della British via Londra e festeggiare insieme ai nostri campioni, seduti a pochi metri dalla coppa”.

Dalle stelle alle stalle, ripensando a Calciopoli che sembra abbia spazzato via tutto: "E' vero - mi fa - sembra tutto più lontano. Dico la verità - si schernisce - non ho la preparazione adeguata per discuterne, posso dire di aver provato una grande amarezza ma di non avere avuto la voglia di informarmi meglio, di leggere le carte. Sarà perché vivo la mia fede bianconera come un nomade, fra uno stadio e l'altro, e ho sofferto per troppi anni a sentirci dare dei "ladri" un po' ovunque. Alla resa dei conti sono contento di aver frequentato anche le curve della serie B. E' stato come sentirsi riabilitati. E' certo comunque che abbiamo pagato molto, troppo, e soprattutto siamo stati gli unici a pagare. Mentre noi ci guadagnavamo il ritorno in serie A qualche altro festeggiava la Champions League..."

Sembra quasi che al di là della verità dei fatti, l'accettazione del verdetto di Calciopoli, sia stato per qualcuno un male necessario per continuare a coltivare la propria passione. "E' successo un po' quello che succede a dei bambini messi in castigo senza sapere bene perché - mi dice Massimo - voi di ju29ro volete capire perché e cercate verità e giustizia, noi siamo un gruppo di amici con vite ed età diverse ma uniti da una grande passione: la Juve e il gruppo. Noi siamo quelli che in 56 si sono sciroppati una trasferta di Champions League a San Pietroburgo nonostante il freddo, il passaggio al turno successivo già acquisito. Una volta allo stadio, davanti al divieto della polizia di attaccare lo striscione, ce lo siamo tenuto in mano per tutta la partita (nella foto) nonostante 15 gradi sotto lo zero solo per farlo vedere ai ragazzi in campo in modo che sapessero che noi eravamo lì con loro. Ognuno fa la propria parte a modo suo e questi siamo noi. Brava gente come la stragrande maggioranza di chi viene in curva. Poi c'è sempre qualche imbecille come chi magari ha fatto partire i cori razzisti contro Balotelli. Gli altri gli sono andati dietro per stupidità, per offendere chi in quel momento ci stava provocando. Magari qualche razzista c'è come c'è in ogni altra curva, ma si tratta in assoluto di una minoranza in cui non ci riconosciamo."

E di questo momento che sta attraversando la società cosa ne pensi? "Di certo i nuovi dirigenti non hanno la malizia e l'esperienza di chi li ha preceduti. Sono poi state fatte operazioni di mercato sbagliate, l'hanno capito veramente tutti. Ma la storiella che due anni fa eravamo in B è amara realtà e finire prima terzi e poi magari secondi non lo reputo un risultato deludente. Certo che l'apprendistato non può durare in eterno. La Juventus deve ritornare ad essere la Juventus che abbiamo conosciuto in trent'anni di stadio. Dobbiamo tornare a vincere in Italia in Europa. Il tempo per sbagliare ancora e per gli alibi è veramente finito."


Nucleo

 "In questa foto c'è fondamentalmente lo spirito del Nucleo che vorremmo fosse quello della Juve futura. Un gruppo di amici con vite ed età diverse ma uniti da una grande passione: la Juve ed il gruppo. Tant'è che nonostante il freddo, il passaggio al turno successivo della Champions, il divieto della polizia di esporre lo striscione, siamo andati comunque a Sanpietroburgo in 56 persone stando per 2 ore a meno 15 gradi tenendo la pezza per tutta la partita con le mani per farla vedere alla squadra in modo che sapessero che noi eravamo lì con loro. Questo vogliamo dalla futura Juve: un gruppo che non molla mai in cui l'importante sia avercela messa sempre tutta come del resto facciamo tutti noi per vivere questa vita (Massimo)"