In ricordo di Gianni Agnelli, Juventinovero.

Gianni Agnelli

Apriamo questo nostro ricordo con una premessa, con una visione che abbiamo immaginato molte volte: l'Avvocato che legge le sorti di quello che la storia recente ha comminato al suo grande amore, perchè solo l'amore e le emozioni possono fare cadere una lacrima su di un viso triste.
E noi pensiamo e crediamo, avendone apprezzato il carisma e la passione, che tutto questo l'Avvocato non l'avrebbe mai permesso, mettendo tutto se stesso per difendere la Juventus, la "sua" Juventus.
Una storia, che con parole scritte nero su bianco, difficilmente si potrebbe raccontare, noi preferiamo raccontarla in "Bianconero".

Gianni Agnelli è stato e per sempre sarà il sinonimo di Juventus, impossibile, in qualunque parte del globo, non accostarlo a quella che fu la sua grande passione, il suo grande divertimento, un modo come un'altro per essere il numero uno anche di domenica, la giornata del riposo.
Nato il 12 Marzo del 1921, la sua carriera da "juventinovero" nasce un pomeriggio di settembre del 1925, quando il padre Edoardo lo porta al campo di corso Marsiglia di Torino, dove s'allenava la Juventus. Era stato acquistato un ungherese, Hirzer, e tutti i dirigenti erano accorsi a vedere quell'asso dell'allora famoso «calcio danubiano». Gianni Agnelli ricordava spesso quel suo primo approccio con la Juve: aveva solo cinque anni e il fatto di essere stato portato al campo con la monumentale Torpedo 509 di suo padre era stato già un fatto divertente per lui.
Quando poi si rese conto di cos'era il calcio, capì pure che il campionato 1925-26 segnò un'epoca: quella del primo dei "28" scudetti della Juventus a cui lui, Giovanni Agnelli, avrebbe contribuito con la sua famiglia. All'ultimo successo aveva assistito nel torneo 2001/02, anche se la sua salute era ormai malferma. Amante del bel gioco, Gianni Agnelli sostenne campioni a volte bizzarri, come Omar Sivori, Helmut Haller, Michel Platini.
Assi stranieri che aveva voluto, in certi casi obbligando i dirigenti ad acquistarli.
A Boniperti telefonava tutte le mattine ad ora antelucana per chiedergli notizie sui giocatori, sugli acquisti, sui particolari della preparazione che spesso andava a seguire personalmente. Insieme con tanti successi della Juventus, cui Gianni Agnelli ha assistito nella sua veste di dirigente-tifoso, anche qualche amarezza come quella di Atene nella partita di Coppa contro l'Amburgo o di Belgrado contro l'Ajax. Ma anche tanti episodi di colore, che testimoniavano la sua grande vicinanza; a poche ore dalla gara col Liverpool che assegnava la Supecoppa Europea, mentre nevicava abbondantemente, Gianni Agnelli lasciò la Fiat e, al volante della sua 131, andò al Comunale per seguire personalmente i lavori di sgombero della neve: "Il vostro impegno - disse agli operai - ci consentirà di vedere una grande partita". Infatti la gara si giocò regolarmente e la Juve vinse con due gol di Boniek.
Una volta dopo un'assemblea, gli chiesero qual'era il valore nominale di un'azione della Juventus: "Sessanta lire - rispose, - ma c'è poi il valore affettivo che è incalcolabile".
I suoi anni d'oro, a parte il famoso quinquennio degli scudetti bianconeri con Combi, Rosetta e Caligaris, quando era ancora troppo giovane, furono quelli del dopoguerra. Amava ricordare i danesi Jonh Hansen e Praest, gli italiani Parola e Boniperti, il periodo di Charles e Sivori e poi la Juve dei campioni del mondo di Madrid: Zoff, Cabrini, Scirea, Gentile, che poi furono affiancati da Platini e Boniek. Ultimamente lo divertivano le invenzioni di Del Piero. Nonostante certe aspre battaglie, tutti lo rispettavano, anche gli avversari. Non si negava alle interviste, in cui aveva sempre la battuta pronta, efficace, sarcastica. Era un uomo di stile, che quando la partita non era divertente, lasciava lo stadio.
Innumerevoli gli appellativi attribuiti ai molti campioni della sua Juventus, da "cabezon" per Omar Sivori, per un carattere spesso sopra le righe, a "coniglio bagnato" per Roberto Baggio, lo adorava per le sue giocate, ma gli piaceva anche stimolarlo, divenne successivamente "Raffaello", al "Bello di notte", riferito al polacco Zibì Boniek, per le sue fantastiche performance nelle partite in notturna dell'allora Coppa dei Campioni, ed in ultimo, per ordine temporale, Alex Del Piero, passato attraverso "Godot" e "Pinturicchio".
Per Michel Platini ebbe da sempre un'amore particolare, la definizione che più si ricorda sull'asso francese fu: "Platini è venuto alla Juve per un pezzo di pane, poi lui ci ha messo il foie gras". Tutto questo era lo "stile", il gergo, l'ironia di un uomo, per far comprendere ai suoi giocatori l'importanza che avevano vestendo quella maglia; su Zinedine Zidane una volta disse: "Zidane lo abbiamo preso perchè ci farà vendere molte auto a Marsiglia e in Algeria".
Eppure non si ricorda a memoria d'uomo, un solo calciatore che non portò nel cuore l'esperienza avuta nel conoscere l'Avvocato.

Si è spento un lustro fa, 24 gennaio 2003, lasciando un vuoto che rimarrà incolmabile per sempre. Nessuna figura che avrà l'onore di dirigere la Juventus potrà mai avere e dare quello che l'Avvocato è stato, nei suoi 77 anni da "tifoso-dirigente", nei confronti di questa maglia, facendola diventare storia, leggenda.
Alex Del Piero, l'ultimo capitano dell'Avvocato, in un'intervista apparsa in questi giorni su tutti i quotidiani sportivi, ha rilasciato questa dichiarazione: "Se lui fosse ancora qui molte cose non sarebbero mai capitate, e non parlo solo dell’anno scorso".