Battibeck - Todos Cobolleros!

battibeckIL TEMPO DEI SIGNORI

Caro Battitore,
se ne vanno.
Lo Sbattitore smette di correre, il Fighetto smette di camminare, l'Eterno smette di soffrire.
E fosse soltanto questo.
Carletto, che è pur sempre l'allenatore più vincente tra quelli della serie A, se ne va a Londra. Potrebbero seguirlo Pirlo, pur sempre il più forte centrocampista italiano degli ultimi 20 anni, e Seedorf, pur sempre vincitore di 4 Champions League con 3 squadre diverse.
Pazienza.
Il Napoli ha preso Quagliarella e immagina quanto abbia pregato il nostro Dio perchè ce ne scampasse.
Dentro lui, fuori Lavezzi, probabilmente al Liverpool. Magari la cosa non ti impressiona, ma il ragazzo è forte, ha 24 anni, e trovamene un altro nel nostro campionato.
Poi Kakà e Ibrahimovic, che non te li presento. Anche loro sul piede di partenza.
Exodus: così ha riassunto The Guardian.
I primi botti del mercato nostrano, gli scambi tra Moratti e Preziosi (ah ma allora si può fare affari con un inibito...), rigorosamente endogeni.
La chiamano sindrome lionese. E siamo malati, nonostante tu ti ostini a minimizzare.
L'Inter domina il mercato italiano. Il Milan dice che non spende. La Roma non ne ha nemmeno per piangere. La Fiorentina scimmiotta l'Arsenal. L'arsenale del terzo mondo (dove primo e secondo sono Inghilterra e Spagna).
Poi ci siamo noi. E fossi in Moratti, non me la farei più sotto.
Cobolli dice che saremo guidati da uno "giovane di testa". Possedesse l'ironia dell'Avvocato, andrei a botta sicura sul neocrinito Conte, anziché sull'implume Spalletti. Invece ho come paura che stia pensando a Carletto. Carletto Mazzone.
Insomma, dimmelo tu che mercato sarà.
Per quanto mi riguarda, ci aspetta il peggior campionato dell'era calcio-Bosman (che dal fiammingo si traduce "uomo del bosco", estensivo: "troglodita"). Il calcio troglodita, degli affari e del mercato, in cui, fino a 3 anni fa, combattevamo con ottimi risultati in Europa.
Poi è arrivato il tempo dei signori.
Quelli con le palle sullo stemma.

PS: Se lo vedi, dai un bacio a Pavel, da parte mia.
Inunmondoche

LA NEMESI NON DIMENTICA


Carissimo,
forse perché non ho più finali per le quali sospirare, continuo a essere attratto dai tuoi finali. Un bacio a Pavel glielo do, di sicuro: a nome tuo e mio, a nome di tutti. In compenso, se becco Raiola, e sempre che tu sia d’accordo, gli darei un’altra cosa, in un altro posto. Soltanto un genio avrebbe potuto rendere plausibile la posizione di «questa» Juventus, che giustamente aveva preso per sinceri e legittimi gli intenti di ritiro che Nedved aveva manifestato a febbraio, dopo l’andata londinese con il Chelsea. Raiola farà anche i propri interessi, ma dovrebbe esserci un limite a tutto: nel preparare le pizze e nel cucinare gli ingaggi, specialmente quelli già cotti. La sua ingordigia è vergognosa. Hanno sbagliato, i dirigenti, a richiamare Fabio Cannavaro, non ad accettare - e celebrare - l’addio del Grande Apolide. A rincorrere la storia, si rischia di inciampare nei suoi strascichi, nei suoi veli. Meglio le forbici.
Siamo malati, certo, e io non minimizzo un amato tubo. Piuttosto, sorrido. Sorrido a leggere il trattamento che hai riservato a Carlo Ancelotti, molto diverso dalle cerimonie che na scandirono l’arrivo «in» Juventus e la relativa partenza. All’inizio gli diedero del maiale, all’epilogo i massimi fattori lo licenziarono in barba a due secondi posti e a 144 punti totali. Noto che, a distanza di anni, persino l’esilio di Carletto è diventato uno strumento con cui rilevare la povertà del nostro calcio. Ci hai messo un po’, ma ti perdono. Sei italiano e hai una memoria ballerina, degna di un bagno a villa Certosa (ma temo che sia una memoria maggiorenne).
Non v’è dubbio che il momento sia grave. Pesano gli scudetti che Lucianone nostro ha girato, gratis, all’Inter morattiana. Non farmici pensare. Inoltre, con la Nemesi non si scherza. Brutta bestia, la Nemesi. A volte sembra indolente, cascante, sbadigliante. D’improvviso, si sveglia: e zac, sono cavoli amari. Amarissimi. La Nemesi non ha dimenticato lo scempio che perpetrammo nell’estate del 2001. Per carità, Florentino offriva 147 miliardi di lire cash (più o meno), ma dall’altra parte c’era l’Assoluto. Il Calcio. L’Everest. Sotto di lui, tutti. Sopra, niente e nessuno.
Zinedine Zidane.
Aveva 29 anni, non cento. Il diavolo ci mise alla prova. La tentazione era forte, non lo nascondo, anche e soprattutto perché, al contrario della fiabe, gli agnelli avevano messo a stecchetto i nostri tre lupi. Però nessuna somma può reggere il paragone con Sua Immensità. Nessuna. Scalpitava, Zinedine, plagiato dalla moglie Veronica (wuao). In famiglia, parlavano del nostro campionato come di un «ciarpame calcistico senza pudore». Torino non aveva il mare, Madrid sì: lo giurarono davanti a Qui, Quo, Qua che, digiuni di geografia, abboccarono. Al mare di Madrid e alla barca di quattrini.
Mostruosità del genere si pagano. Non importa chi venne arruolato: Buffon, Thuram. Nedved. Importa chi venne abbandonato: Zidane. Un calcio che ne rifiuta l’arte merita di uscire dalla Champions già agli ottavi, giustifica il regime di Moratti, pone le basi per la retrocessione morale della società che ha barattato il massimo del profitto con il massimo del lucro. Roba che nemmeno Blanc e Cobolli.
La Nemesi soffre in privato, prima di far soffrire in pubblico. Cosa abbiamo vinto senza di lui? Due scudetti, uno in meno dell’Inter di Moggi. E siamo tornati in finale nella Champions, una in meno che con Zizou. Dì la verità, Carissimo: speravi di farla franca. Povero illuso: la Nemesi ci ha inseguito e pizzicato. Hai letto? A Kakà il Real darà il cinque, il numero di Zidane.
Todos Cobolleros.
Il Battitore Libero


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