Adesso copiate la Triade

bettegaAll’indomani della sconfitta contro il Milan, in casa Juve è già tempo di bilanci e, posto che la priorità è salvare il salvabile, ci permettiamo di dare qualche suggerimento all'allegra combriccola di Corso Galileo Ferraris.

SOCIETA’: Il ritorno di Bettega dovrebbe suggerire ai più attenti un precedente. Il 25 gennaio 1994, Bobby Gol venne chiamato in società per la prima volta in veste dirigenziale per far fronte ad una situazione grave ma non (sportivamente) tragica com’è quella attuale. Era una Juve che si avviava a chiudere in tono minore il secondo ciclo del Trap e l’ottavo anno consecutivo senza scudetto, una Juve cui il duello finale con la Samp valse un effimero secondo posto, giacché dai primi di marzo lo scudetto aveva preso la via di Milano, sponda Capello. Magre figure anche in Coppa UEFA, dove la Juve detentrice fu estromessa ai quarti nientemeno che dal Cagliari di Lulù Oliveira, vincitore di entrambi i confronti, complice Roberto Baggio che scagliò sul palo un rigore nel ritorno al “Delle Alpi”. In estate, la riorganizzazione si completò: a Bettega si affiancarono Luciano Moggi e Antonio Giraudo, chiamati da Umberto Agnelli a sostituire la gloria Boniperti e il suo fedelissimo staff. Il compito dei nuovi appariva proibitivo, ma finirono col realizzare un capolavoro. Ora quella mossa va ripetuta, investendo Bettega della responsabilità di scegliere figure adeguate a gestire la più prestigiosa società di calcio italiana in modo oculato e competente. Anche perché rispetto alla Triade, chiamata a far meglio di uno come Boniperti, chiunque venisse al posto degli attuali gestori troverebbe la strada in discesa. Perché far peggio di questi signori é francamente impossibile.

GUIDA TECNICA E STAFF MEDICO: Un traghettatore non avrebbe la fiducia dei giocatori, i quali non riterrebbero credibile una figura di passaggio, non deputata a deciderne il futuro. In questo caso, meglio tenersi Ferrara fino a giugno. Altrimenti si cerchi subito un tecnico di livello che possa sin d’ora valutare il materiale sul quale operare future scelte. La Triade (sempre loro, maledizione…) insegna; quando Lippi lasciò nel febbraio del 1999, venne sostituito dal tecnico da tempo designato per rilevarne il posto (Ancelotti), e poco importa se la stagione si chiuse con l’obbligo estivo dell’Intertoto. Quanto allo staff medico, si analizzino le tabelle degli infortunati dei club più importanti d’Europa e si valutino a fondo le strutture, magari assumendo i migliori specialisti del settore, perché quello che succede da un paio d’anni alla Juventus non è degno di una società di tale blasone.

ROSA: Distruggere non serve, qualcosa da salvare c’è. D’altronde, nel lontano 1994 (ancora!) furono sufficienti tre innesti di sostanza (Ferrara, Paulo Sousa e Deschamps, quest’ultimo peraltro disponibile solo nella seconda fase della stagione), qualche comprimario e un più razionale utilizzo delle risorse già in rosa (alcune delle quali preventivamente emarginate) per iniziare un ciclo trionfale. All’inizio furono solo dubbi: la ricerca della “Baggio indipendenza” da parte del primo Lippi suonava come un affronto ai danni del “Pallone d’Oro” in carica, reduce dallo sfavillante mondiale americano, e all’incirca sulla stessa linea si indirizzarono critica e tifosi all’annuncio della cessione dell’altro Baggio all’ambizioso Parma. Oggi l’impresa è decisamente più ardua, si è vivacchiato troppo sui resti ormai malandati delle vecchie fuoriserie, e ora che la benzina è finita o sta per finire si pagano a caro prezzo i restyling raffazzonati, quando non del tutto ignorati. Cosa resta? I due portieri, sempre che Buffon non decida per qualche bizzarra scelta di vita. Altri su cui contare: Chiellini, Marchisio, Sissoko, Iaquinta e, visto l’investimento, Diego. Caceres richiede uno sforzo economico, ma una chance, vista l’età, la merita. Il resto da valutare seriamente e senza alcun tipo di pregiudizio o, peggio ancora, privilegio. Le grandi squadre non si costruiscono con i sentimenti, con gli eroi stanchi ci si può intrattenere al bar a discutere di quanto belli fossero i tempi andati, ma per vincere servono fame e rabbia agonistica. Almeno alla Juve è sempre stato così. Si dia possibilità a qualcuno dei tanti giovani in giro per l’Italia, cresciuti nel vivaio più fertile della storia juventina, di riassaporare quella maglia, oppure si cerchi di ricavare il giusto dalla loro cessione. Basta coi regali. E, a proposito di giovani, si torni a produrre qualcosa di interessante, visto che da quando “quelli là” non ci sono più, dal settore non esce più nulla di credibile. Già, “quelli là”, i soliti “puzzoni” della Triade. La ricetta è semplice, chi decide le sorti della Juventus la conosce benissimo. Se ne renderà conto?