Aspettando Murdoch: ovvero, come vivere tranquilli e immaginare canguri bianconeri

F.lli ElkannFacciamocene una ragione, il calcio professionistico è cambiato: non più romantici mecenati come gli indimenticabili fratelli Giovanni e Umberto Agnelli, non più calciatori “bandiera” ma professionisti assistiti da scaltri e freddi procuratori, non più rivalità sportive tra squadre ma sfide tra società (in Italia a scopo di lucro!) per accaparrarsi le maggiori “quote di mercato” intese sia come capacità di attrarre le aziende in qualità di sponsor, sia come capacità di avere sempre un’importante fetta di diritti televisivi…..
Così va il mondo!
Ora, pare si sia arreso anche il magnate russo Abramovich, proprietario del Chelsea. Le cronache di questi giorni riportano una sua dichiarazione nella quale afferma che i Blues non potranno più contare sulle sue fortune personali per andare avanti. Anche a Londra dovranno imparare a far quadrare i conti.
Se questa è la situazione quali strade per il football del nuovo millennio?
A mio modo di vedere rimangono due strade:
  • Azionariato popolare: con questa soluzione i club sopravviveranno non grazie alla generosità di un singolo mecenate bensì per quella di una “cordata” di investitori, disposta per un determinato periodo a far andare avanti il club. Alla fine del periodo stabilito, i tifosi-azionisti eleggeranno un nuovo presidente sulla base di un “programma” e del sostegno dato da una nuova “cordata” della quale è egli stesso emanazione. Questo, in sostanza, è ciò che accade attualmente in Spagna.
  • Club inseriti all’interno di un “gruppo industriale” sulla base, però, di un ben preciso piano industriale con lo scopo di “fare soldi”. Questo, in sostanza, è il modello verso il quale tende il sistema-calcio italiano (ma anche Inglese). A questo serve la quotazione in Borsa: il mercato offre le risorse necessarie al progetto, ma il club si impegna a corrispondere, negli anni, un dividendo in grado di ripagare il mercato stesso per le risorse che ha concesso.
    Attenzione! La quotazione è solo una delle strade percorribili per realizzare questo modello. Il Milan, per esempio, Milan non è presnete a Piazza Affari, ma è inserito in un gruppo di comunicazioni di livello europeo, con il quale può realizzare sinergie assolutamente inimmaginabili alle altre società italiane. (Torneremo sull’argomento più avanti).


L’ATTUALE SITUAZIONE ITALIANA

In Italia, come al solito, le rivoluzioni si fanno a metà: sono state quotate in Borsa alcune società ma, salvo rare eccezioni (la Juventus ha persino distribuito un piccolo dividendo), non si è riuscito a creare un modello di business coerente con la realtà odierna e con la quotazione in Borsa. Solo la Juve ha uno stadio di proprietà (per la verità vetusto e da ristrutturare integralmente) ma i piani di sviluppo di questo asset sono avvolti nel mistero più fitto (ma pensiamo alle romane che sono in affitto dal Coni…). Tuttavia, è lecito affermare che se la società bianconera non è riuscita (finora) a remunerare il mercato per le risorse profuse, almeno non ha sperperato il denaro incamerato. Lo stesso, ahinoi, non lo si può dire per quel che riguarda Lazio e Roma ove i flussi di cassa sono stati quasi esclusivamente utilizzati per l’acquisto di calciatori (basti pensare a Batistuta). E dire che i calciatori sono “merce deperibile” si infortunano, fanno le bizze e soprattutto invecchiano rapidamente.
Un discorso a parte merita il Milan. Fa parte di un grande gruppo che vive di comunicazione, e le squadre di calcio cosa producono? Immagini…. uno spettacolo da trasmettere in televisione. Un bel vantaggio: Berlusconi, proprietario di Mediaset, acquista i diritti televisivi del Milan dal suo proprietario……ovvero lui medesimo. Senza contare le sinergie messe in atto tra Milan e Mediaset per il lancio di Milan-Channel.
L’elencazione potrebbe essere lunga ma ci limitiamo ad affermare che Sua Emittenza, accaparrandosi le simpatie dei tifosi-clienti milanisti (il presidente operaio, la politica…) ha inserito la società nel contesto di un business al passo con i tempi, moderno e coerente, ecco il perché del Milan vincente, del Milan si difende nei processi sportivi, questa è la verità.

LA REALTÀ BIANCONERA

La Juventus, nonostante la quotazione in Borsa e l’importanza dei suoi asset, paga tuttavia alcuni deficit strutturali congeniti: la società torinese fa infatti parte di un grande gruppo industriale e finanziario ma rispetto al Milan e a Mediaset ha minori sinergie da sfruttare.
Il gruppo Fiat produce automobili, non ha canali televisivi e, quindi, non dispone di un “contenitore” ove far confluire ciò che la Juventus produce, ovvero immagini televisive di un bellissimo spettacolo dallo straordinario impatto comunicativo.
Nella “galassia” Agnelli-Ifil-Fiat non vi è nessuna società con la quale la Juventus può sfruttare sinergie, neanche La Stampa (tutti i giornali hanno diritto di scrivere su una partita in ossequio al sacrosanto diritto di cronaca). Questa è la realtà…….e con essa dobbiamo fare i conti!
È presumibile che molti, all’interno dell’Ifil, considerino un anacronismo, un’incrostazione del passato, il fatto che la Juventus faccia parte del gruppo. Ma allora, perché non viene venduta?
È assai probabile che all’interno del gruppo si stia svolgendo un vivace dibattito tra persone che per motivi di natura sentimentale non vogliono disfarsi del club e coloro che invece, spinti da motivazioni razionali, in realtà, siano intenzionati a vendere.
Come andrà a finire?
Ed eventualmente chi potrebbe essere interessato all’acquisto?

ALCUNI INDIZI

Come si diceva, due indizi fanno pensare che sia in atto un dibattito all’interno del gruppo Agnelli tra i “sentimentali” che vorrebbero mantenere il controllo della Juventus e i “razionali” che invece, spinti da motivazioni economiche vorrebbero disfarsene.
La cosa che immediatamente salta agli occhi è quanto scritto a pag. 46 del “prospetto informativo” sull’aumento di capitale, ovvero: «la Fiat può rescindere il contratto di sponsorizzazione in essere con la Juventus dalla prossima stagione qualora la Juventus stessa uscisse dal “perimetro” del gruppo Agnelli-Ifil-Fiat» . E’ ovvio che se la Fiat ha pensato di tutelarsi con una simile clausola, evidentemente l’eventualità di una cessione del club sabaudo è quantomeno sul piatto delle possibilità.
Inoltre, perché la Lafico, secondo azionista della società, ha deciso di partecipare all’aumento di capitale quando invece, qualche mese fa, il figlio maggiore del Colonnello aveva sbandierato la volontà di interrompere la partecipazione? Che cosa è successo nel frattempo? Che i libici abbiano intuito di una futura OPA (con il consenso, naturalmente, dell’Ifil) per rilevare la Juventus? Hanno fiutato forse un buon affare in arrivo e quindi aumentano per questo il loro numero di azioni?
O forse sono essi stessi parte della cordata eventualmente disposta a rilevare la Juventus? Solo supposizioni, ovvi, ma con un fondamento di logica. In sostanza, se due indizi non fanno una prova, possiamo comunque dire che gli stessi sono in questo caso “pesanti” e ben documentati.

IL NUOVO PROPRIETARIO DELLA JUVENTUS?

Proviamo ora a tracciare l’identikit di un possibile nuovo proprietario della Juventus. Innanzi tutto, stiamo tranquilli, escludendo per logica avventurieri squattrinati in cerca di facile pubblicità. Non è ipotizzabile che la Famiglia Agnelli possa pensare di consegnare una parte della sua storia (com’è, appunto, la Juve) nelle mani di persone non all’altezza. È assai più credibile che accetterebbe di vendere solo a persone o gruppi industriali in grado di garantire alla Juventus solidità economico e prestigio sociale e, forse, quel qualcosa in più che la Famiglia non ha potuto o saputo dare come, ad esempio, una televisione.
Chi potrebbe invece dare questa possibilità alla Juventus?
Viene subito in mente un nome: Rupert Murdoch, proprietario di un gruppo editoriale senza eguali nel mondo (in Italia della tv satellitare Sky).
L’integrazione tra la Juventus e questo grande gruppo sarebbe in grado di creare quelle sinergie che ora alla Juve sono precluse e quindi, in definitiva di creare valore per gli azionisti.
È inoltre plausibile che il magnate australiano possa essere spinto a comprare la Juve sulla base di alcune considerazioni:

  • Già oggi il gruppo Sky è cliente della Juve: Infatti, acquista da essa i diritti televisivi del club per le sue televisioni…. Murdoch darebbe i suoi soldi ad una società facente parte della sua galassia. Insomma una colossale partita di giro, un po’ come fa Berlusconi con il Milan e con la società di produzione televisiva Endemol, recentemente acquistata.
  • potrebbe sfruttare in maniera più efficace Juventus Channel, canale tematico juventino e anche il giornale Hurrà Juventus che comunque, vende un buon numero di copie
  • inoltre, e soprattutto, la Juventus darebbe modo di fidelizzare 14 milioni di tifosi-clienti sparsi dalle Alpi alla Sicilia, e ben 130 milioni sparsi per il mondo.
Crediamo che Murdoch, insomma, un pensierino alla Juventus lo abbia fatto. Soprattutto dopo aver constatato, grazie alla retrocessione in serie B (e ai danni causati alle televisioni) quale possa essere il peso della Juve nel panorama calcistico nazionale. Insomma in definitiva, se la Juve sarà ceduta, sarà ceduta a Murdoch o a qualcuno che ha le sue caratteristiche.
Non va infine dimenticato che esistono una gamma di soluzioni intermedie, ossia è possibile che gli Agnelli rimangano, ma con l’entrata nella compagine azionaria di qualcuno con le peculiarità dell’australiano in qualità di partner industriale. Non resta che aspettare, stare tranquilli e, magari, sognare canguri bianconeri…