Appunti per mettere cose sul tavolo

andrea agnelliTavolo sarà, e natalizio, con tutti i buoni propositi che si esprimono a Natale. La nostra lista di regali da mettere sul tavolo della pace sarà estremamente breve, e si limita alla conditio sine qua non dello stesso tavolo, quella cosa senza la quale le discussioni a parer nostro non possono proprio incominciare. La Juventus deve sapere come sono andate le cose.
Chi può renderla edotta? La FIGC o la Procura di Napoli. Per troppo tempo abbiamo assistito al gioco del nascondino, a frasi troncate, omissioni di responsabilità. Roba che, per dirla nel modo più qualunquista possibile, "ci state prendendo in giro".
Come sono "scomparse" le intercettazioni dell'Inter nel 2006? Fu la Procura di Napoli a non girarle alla Procura della FIGC, o fu invece la FIGC a non considerarle, avendole ricevute? Ancora oggi, non lo sappiamo. E come si fa a mettersi al tavolo, senza saperlo?
Noi crediamo che in un paese normale esista un atto. Un atto disponibile, parliamo come la FIGC. Un atto che elenchi per filo e per segno il materiale probatorio che la Procura di Napoli ha consegnato ai colleghi della FIGC, rendendo così possibile discernere cosa sia stato consegnato e cosa no.
Noi vogliamo vedere quell'atto sul tavolo. L'atto che ci racconta la verità. Procura di Napoli o FIGC. Chi ha sbagliato.
In un paese normale non è chieder troppo, è il minimo indispensabile.
Altro che doping legale: la Juventus si dovrebbe accontentare di immaginare, senza far ricorso alla giustizia per conoscere? Non è possibile.
La Juventus è stata danneggiata più volte da questo intreccio perverso di intercettazioni sbucate troppo presto o troppo tardi e termini di prescrizione. La stessa fuga di notizie del 2006, capitata con strano tempismo proprio nel momento migliore per celebrare un processo sportivo e prima che scadessero i tempi di prescrizione per la Juve, non è stata spiegata. L'indagine è finita con un nulla di fatto.
Nel 2011, siamo a domandarci perché ci sia stata una "trattenuta" di notizie, invece. E ancora nulla di fatto.
E tutto sarebbe spiegabile con un unico atto.
C'è un'alternativa: che si portino a quel tavolo il Procuratore Lepore, l'ex magistrato Narducci, l'ex capo dell'ufficio indagini della FIGC Borrelli e l'ex commissario straordinario della FIGC Guido Rossi. Che ci raccontino come é andata. Con tutta la libertà di smentirsi a vicenda e magari anche di litigare, invece di essere sempre d'accordo ma lasciare un buco di verità grande come uno scudetto.

Solo a quel punto, potremo allora rivolgerci a quanto successo nel 2011 e quindi al Presidente Abete, chiedendo spiegazione di quello che non ha fatto, e secondo noi poteva fare, come piuttosto esplicitamente indicano sia lo statuto della FIGC che il parere dei tre saggi. Che Abete si prenda le sue responsabilità, quindi. Che il 2011 entri in scena. Qui, però, c'è ancora da spiegare il 2006. E abbiamo aspettato così tanto che, ora, guarda un po', ci piacerebbe sapere la verità.
La grande speranza, nel leggere il dettagliato ricorso al TAR della Juve, è che quella verità l'abbia trovata la Juventus stessa, e che sarà la società bianconera a metterla sul tavolo. A quel punto però, l'unico tavolo giusto continua a sembrarci quello dei tribunali. Spieghiamo perché.
L'accusa di "doping legale" è semplicemente assurda per quella che è stata la storia recente della FIGC. Se la domanda che si fa la Juventus è, giustamente: "Cos'altro avremmo potuto fare?", la risposta viene dal processo Telecom, che si sta celebrando in questi giorni.
L'Inter aveva deciso di fare altro, anziché scegliere la strada legale. E, indovinate un po', per questo, davanti alla giustizia sportiva, non ha pagato nulla. La FIGC non ha ritenuto di considerare le note vicende, e note nel 2006, nemmeno per soppesare i "requisiti morali" che i destinatari dello scudetto 2005/2006 avrebbero dovuto possedere.
Petrucci si preoccupa del doping legale, mentre quello che dovrebbe preoccupare un'istituzione rispettosa della legge e dei suoi associati, è il doping investigativo, che è una forma di doping illegale. Questo conclamato sfoggio di ipocrisia vorrebbe forse spaventare la Juventus, proprio perché il primato dell'azione politica su quella legale è sancita dalle parole dello stesso Petrucci. Ed è la ragione per cui, sin qui, abbiamo perso.