Un complotto per Capello

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Dopo i tanti anni di magre figure e umiliazioni come i sei trascorsi dal post Farsa, c’è da dire che arrivare a fine marzo e vedere una Juve gagliarda, tosta, che si gioca il campionato ed è in finale di Coppa Italia, sputando sangue ad ogni partita, non può che far piacere al tifoso juventino. Un tifoso che ha dovuto assistere attonito ed impotente ad un golpe extracalcistico che è andato a mutare gerarchie tecniche ed economiche di un calcio che altrimenti sarebbe stato difficile cambiare. Se ora le cose sono sensibilmente migliorate lo dobbiamo sicuramente ad Andrea Agnelli, che ha preso in mano una società alla deriva sotto tutti gli aspetti e la sta portando a ritrovare quell'organizzazione che l’ha caratterizzata per gran parte della sua gloriosa Storia, ed a Antonio Conte, il quale ha finora compiuto un autentico miracolo tecnico e psicologico, dando alla squadra l’orgoglio e la voglia di non mollare mai, caratteristiche tipicamente juventine e soprattutto un gioco innovativo e moderno, grazie al quale tutti si rendono utili, qualcosa che nemmeno lo squadrone capelliano ci aveva mai mostrato. Queste premesse sono più che doverose.

Ma, c’è un ma. Sono mesi che sento parlare i tifosi juventini di questo campionato in un modo che di juventino ha poco. Per carità, non voglio accusare nessuno di “interistizzazione”, anche perché fortunatamente coloro che hanno inventato “l’arte del piangere” sono unici ed inimitabili. Sento parlare di rigori, gol annullati, classifiche di possesso palla nell’area avversaria e cose di questo genere. Come se non sapessimo come gira il mondo del pallone italiota. Eppure dovremmo ricordarci di quelle telefonate che ascoltiamo da anni. Il potere pallonaro rimane quello di sette anni fa, né più né meno. E se “spingo come un pazzo” si dava da fare prima per contrastare la Juventus con ogni mezzo, bandierine al vento o cagnare mediatiche che siano, non vedo per quale motivo, se chi comanda in questi anni ha non solo mantenuto, ma addirittura rinsaldato il suo potere, debba essere cambiato qualcosa. Sappiamo bene che per far capire come debba “tirare il vento” nel calcio non servano complotti né congiure, ma solo una spiccata capacità lobbistica ormai connaturata ad un mondo che oramai di sportivo ha poco e di aziendale tantissimo. Ricorderò sempre una frase di Luciano Moggi di poco successiva alla Farsa: “Gli arbitri si corrompono da soli, nella testa”. Solo questo basterebbe a demolire le allucinanti associazioni a delinquere che gli hanno affibbiato.

Ma torniamo a noi. Se le cose nel mondo del calcio sono rimaste immutate da quando Auricchio si divertiva ad “attenzionare”, anche la regola principale è sempre la stessa: il più forte vince sul campo. E diciamocelo, una squadra che produce quella mole di gioco e di occasioni non può fare 14 pareggi se la sua avversaria, qualità o non qualità, anche decimata dagli infortuni mantiene una costanza di risultati positivi invidiabile. Il confine tra l’essere una buona squadra di vertice e vincere è labile ma allo stesso tempo difficilmente colmabile. Bisogna toccare i picchi più alti di organizzazione e programmazione in tutti i campi. Ma la Juventus di Conte, seppur migliorata anni luce rispetto al recente nefasto passato, non è ancora sufficientemente competitiva. E, spiace dirlo, in quasi due anni di lavoro del duo Marotta-Paratici, si può affermare che nella gestione tecnica della rosa ancora non ci siamo. Non voglio dire che ci troviamo di fronte alla disarmante improvvisazione del tennista francese, anche perché la coppia juventina si è dimostrata abile nell’acquistare bene, a volte per cifre risibili (Barzagli), a volte a parametro zero (Pirlo), o comunque nell’ambito del campionato italiano (Lichtsteiner), se si esclude il solo Arturo Vidal. Bisogna però anche considerare la montagna di soldi spesi per gente come Krasic, Elia, Martinez e lo stesso Bonucci, il quale non può essere titolare in una Juventus degna di questo nome. Quello che però davvero manca a questa società che indubbiamente bene sta facendo è la capacità di un dirigente di trattare anche all’estero con una certa autorevolezza e di portare a casa gente che faccia la differenza per davvero, magari rinunciando a tre giocatori come quelli sopraccitati, spendendo cifre congrue per giocatori di livello. Spero che nella costruzione della Juventus che finalmente (facendo i debiti scongiuri) tornerà in Champions League, Andrea Agnelli voglia quantomeno affiancare a Marotta un altro dirigente che sappia rappresentare degnamente la Juventus in giro per il mondo.

A questo proposito fanno ben sperare le voci che si rincorrono da un po’ di tempo e che vorrebbero Fabio Capello alla Juventus come dirigente. E’ vero che sarebbe il primo incarico dirigenziale per “Don Fabio”, ma non si può discutere il fatto che il friulano di Pieris abbia, oltre ad un certo feeling con i campionissimi, indubbio spessore e fama mondiale; e forse qualcosina di calcio ne capisce. Sarebbe ora che uno degli sportivi italiani più vincenti del mondo tornasse dove aveva vinto due scudetti meritatissimi scippati in quella maniera, e che peraltro lui ha sempre rivendicato con orgoglio. A ciò aggiungiamo gli ottimi rapporti col Presidente e la discreta dose di faccia tosta, necessaria per un dirigente di spicco della Juventus: e il quadro è completo. Si chiuderebbe il cerchio di Farsopoli. Anzi, il rettangolo. Perché alla fine della fiera è quello a decretare chi vince e chi rosica. Datemi retta, va bene vigilare e far notare le incongruenze ma, cari juventini, lasciamo perdere i complotti. La Storia ci ha dimostrato che, nel bene e nel male, non sono cose che ci si addicono.