Marotta, la Juve non è la Longobarda!

AnelkaVi ricordate il presidente della Longobarda?
Se avete presente “L'allenatore nel pallone”, sapete di chi parlo.
Ricordo quando Lino Banfi conversa con il suo presidente ed entrambi farneticano dell'acquisto di “un terzo di Tizio” più “un quarto di Caio”.
La memoria non mi aiuta, ma Tizio e Caio potevano essere i fuoriclasse dell'epoca: Falcao, Zico, Platini o Maradona.
In realtà la Longobarda si ritrovava ad ingaggiare Aristoteles, parodia cinematografica (definirlo “tarocco” è offensivo?) del “Dottor” Socrates.
Ma quello, appunto, era un film.
Quello che sta succedendo alla Juve nell'epoca Marotta spesso supera i confini della parodia per scadere nell'assurdo di una realtà che va oltre la più fervida immaginazione.
E la sensazione peggiore al termine di ogni sessione di calciomercato deriva dall'assoluta linearità con la quale il modus operandi di questo operatore ricalca gli stessi sciagurati errori commessi la volta precedente.
E quella ancora prima.
Un gruppo di lavoro che ha ormai dimostrato di non essere da Juventus: sei “finestre” di mercato in due stagioni e mezza sono più che sufficienti per valutare il lavoro di un professionista.
Dai tempi dell'addio di Trezeguet - che, ironia della sorte, venne allontanato proprio da Marotta - a Torino non si vede lo straccio di un bomber degno di questo nome.
Ogni volta è la stessa storia, si parte col grande obiettivo per poi ridursi a sperare nell'arrivo dell'Aristoteles di turno...

Pianificazione questa sconosciuta...
Tutto questo caos si può definire in tre parole: “mancanza di pianificazione”.
L'improvvisazione come filosofia di lavoro, quel “cogliere quelle opportunità che possono capitare”, distante anni luce dai criteri che guidano le scelte delle aziende d'eccellenza: categoria della quale la Juventus ha sempre fatto parte.
Le grandi società, non solo calcistiche, lavorano così:
1) pianificano una strategia;
2) ne verificano la fattibilità;
3) la chiudono/ vi rinunciano;
4) contemporaneamente si cautelano con un piano di riserva;
5) se non hanno seguito queste regole, si parla di strategia fallimentare;
6) il responsabile del fallimento, paga.

Quali sono le priorità?
Una volta stabilito il budget, la priorità di un'azienda è aggredire il segmento di mercato in cui è debole, partendo dal presupposto che - viceversa - per conservare una posizione di leadership è sufficiente intervenire in modo mirato, senza dover ricorrere ad operazioni straordinarie.
Nel caso dell'azienda-Juventus quali erano - e sono rimaste - le esigenze sportive primarie?
Dove era necessario migliorare, e dove invece occorreva semplicemente consolidare?
Era necessario intervenire in difesa?
Senza urgenze anagrafiche (Barzagli, il più “vecchio” non ha neppure 32 anni) con il trio titolare della Nazionale, più Caceres e la "scoperta" Marrone che Conte ha voluto re-impostare centrale difensivo. Serviva un puntello e Lucio non ha funzionato?
Ok, Peluso, scampato per miracolo il 31 agosto, è stato peggio di una pezza bucata.
Una pezza che costerà 5 milioni.
Un pessimo affare, comunque la pensi il Mister.
Se proprio non mi va a genio Lucio mi guardo in giro, trattengo un ragazzino della Primavera o faccio rientrare Sorensen, che magari al Mister non piace molto ma fa numero quanto Peluso, mancino o non mancino.
E ad un ragazzino magari riesco ad insegnare qualcosa con la speranza che cresca, mentre da un quasi trentenne non puoi attenderti nulla se non un rendimento da Atalanta.
Quindi, siamo tutti d'accordo nel dire che l'urgenza di intervenire in difesa non c'era?
Neppure a centrocampo le cose stavano messe così male.
C'erano Vidal, Pirlo e Marchisio, intanto Raiola - forse sbagliando indirizzo - aveva scaricato a Torino Paul Pogba.
Che per il momento non sta facendo rimpiangere la perdita di Verratti, svanito per qualche (consueto) tentennamento di troppo.
Padoin è un jolly consapevole del suo ruolo di “tuttofare multiuso”, Giaccherini è uno che ha già dimostrato di poter fare bene se impiegato con logica e criterio ed entrambi hanno le qualità per non sfigurare, meglio se impiegati a rotazione come cambi dei titolari e non contemporaneamente in un centrocampo zeppo di seconde linee.
Pepe si era fatto male ad agosto e non è stato sostituito; comunque, nonostante la sua assenza limiti certe soluzioni tattiche per le quali il numero 7 è perfetto, la squadra se l'è cavata egregiamente anche senza il suo apporto.
Asamoah è un colpo di grande livello, ma credo soprattutto un colpo di fortuna: preso come rinforzo in mediana, poi dirottato per cause di forza maggiore (cioè mancanza di alternative) sulla fascia sinistra.
Quello che non mi spiego è l'esborso per Isla, arrivato convalescente per 19 milioni di euro, record di spesa per Marotta alla Juve.
Il bello è che su Isla a giugno c'era forte l'Inter: forse, se il cileno fosse finito a Milano saremmo stati tutti più contenti.
E, visto che su quella fascia c'era Lichtsteiner - ricordo che molti (incoscienti) vi avrebbero rinunciato a cuor leggero - ed era possibile adattare Caceres (già visto e promosso in quel ruolo), il domandone che mi sovviene è questo: che bisogno c'era di sganciare 19 milioni per la (bruttissima) copia di Angelo Di Livio (che il “Soldatino” mi perdoni...)?
Ecco che con due mosse saltano fuori i soldini per colmare la lacuna storica della Juventus di questi anni: comprare IL centravanti.

Grande attaccante cercasi.
Il C con la “C” maiuscola, non il top player, neologismo nauseante (e abusato) coniato da chi non sa neanche com'è fatto, un top player.
Probabilmente la definizione di top player rimarrà il più grande contributo di Beppe Marotta al calcio italiano.
Ma alla Juventus serve un centravanti vero, serio, non il Quagliarella col quale finanziò il Napoli per l'acquisto di Cavani; non i Krasic e i Martinez costati insieme quanto veniva chiesto per Dzeko; non il Luca Toni ripescato in condizioni impresentabili; non il Matri strapagato e il Borriello ottenuto in prestito dopo il rifiuto ricevuto due estati prima.
E quanti ne dimentico...
Solo Agüero, fra quelli trattati, aveva una quotazione proibitiva, nonostante le dichiarazioni di un dirigente (uno con gli occhiali e pochi capelli in testa...) che all'epoca professava ottimismo sull'approdo del Kun alla Juventus...
Per rimanere all'ultima estate, la Juve aveva Vucinic, Matri (che l'allenatore vede poco) e Quagliarella (che non entusiasma).
In uscita Del Piero, mentre Borriello tornava al mittente.

Istruzioni per l'uso
A scudetto conquistato, un gruppo di lavoro serio deve aver già pronte le opzioni da sottoporre al vaglio del tecnico.
Obiettivo: correggere i difetti evidenti, e perciò si propongono cinque, sei, al massimo dieci profili di elementi che possano migliorare la squadra.
Il tecnico sceglie e il dirigente ci prova e non si arrende dopo il primo "no": mette alle strette il giocatore, lo corteggia, ingaggia un braccio di ferro con la società di appartenenza.
In una parola: tratta.
Trattare è ben diverso da subire o accettare passivamente le richieste (e i ricatti) di procuratori e proprietari dei cartellini.
E' chiaro che deve trattarsi di roba fattibile, mica possiamo pensare di domandare al Mister: “Vuoi Messi o Cristiano Ronaldo?”.
Invece temo che Marotta faccia proprio così, senza neppure pensare a nomi inavvicinabili, bensì bloccando l'asticella molto, ma molto più in basso dei dieci nomi/limite che dovrebbe proporre.
Perché detesto fare i conti della serva ma, se Van Persie costava 30 milioni, non sarebbe stato sufficiente rinunciare ad Isla (9 per la metà), non riscattare Giovinco (11) e aggiungere quella dozzina (o quindicina?) di milioni offerti all'Athletic per Llorente ad agosto, per portarsi a casa l'olandese?
Obiezione: da sempre gli olandesi vanno dove gli suggerisce il conto in banca.
Van Persie voleva la Luna?
E Benzema? Higuain?
Sicuri che la “precarietà” dei due a Madrid un minimo di voglia torinese non potesse stuzzicarla?
Ah, è vero, l'ingaggio...
Ok, ma Lewandowski?.
Jovetic?
Suarez?
Niente, buio assoluto.
Dopo la manfrina Berbatov, ecco Nicklas Bendtner.
Chapeau!

L'ultimo (speriamo) ballo di Marotta.
A gennaio è andata in onda la sesta (e speriamo ultima) puntata dello sceneggiato “Come ti compro il pip-player”.
In progressione: Drogba, stagionato ma ancora in ottime condizioni, impegnato in quel di Shanghai e con un ingaggio pesante, non per il Galatasaray; Immobile e Gabbiadini, giocatori attualmente in compartecipazione, non liberati dalle società presso le quali stanno disputando la stagione a titolo di prestito; Lisandro Lopez, trent'anni a marzo, molto bravo sotto porta senza essere uno per il quale ci si possa esaltare.
Probabilmente a torto.
Niente da fare, troppo oneroso il prestito, troppo oneroso il riscatto: e poi l'argentino ha la media di un gol ogni due gare europee, un lusso per l'attacco di una squadra senza punte prolifiche e col solo Vucinic (che è tante cose fuorché un bomber, e lo sanno anche i muri) a vantare un minimo di esperienza di Champions League..
Ed ecco che arriviamo a Nicolas Anelka, ufficializzato in questi giorni.
Uno che dal dicembre del 2011 aveva scelto di abbandonare il calcio che conta; che ha uno score recente di 22 partite e 3 gol nella Lega cinese; che non gioca una gara ufficiale da mesi; che ha 34 anni e che bomber non lo è mai stato - se non per qualche sporadica eccezione - in tutta la sua carriera.
Uno che sembra arrivare col marchio Made in China bello stampato sulla schiena: la copia sbiadita del buon giocatore che fu.
Spero di essere smentito, ma col parco attaccanti di cui dispone la Juve, non sarebbe questa grande impresa - anche per un quasi ex giocatore - rimontare le gerarchie.
Secondo voi, una società seria, una società che punti all'eccellenza e all'ottimizzazione delle risorse un'analisi di questo genere può non averla mai fatta?
Inutile comprare i Pepic, i Pupic o i Popic: serve gente tosta.
Basta con gli schiaffi dell'ultimo giorno, da Belfodil a Icardi al Poli rimandato a giugno.
Per carità, ma - almeno per ora - che giocatori sono?
A giugno arriverà il “fenomeno” Llorente, un altro che ha spuntato dalla Juve l'ingaggio della vita, un ingaggio che nessun altro club gli avrebbe garantito.
Classe 1985, carriera interamente trascorsa all'Athletic Bilbao, di lui si ricorda che, piuttosto di schierarlo agli Europei al posto dell'infortunato Villa e dell'involuto Torres, Vicente Del Bosque ha preferito rinunciare al centravanti di ruolo e "camuffare" Fabregas da punta centrale.
Premesse appetitose, non c'è che dire.
E' ora di finirla di comportarsi da Sampdoria sul mercato, tanto poi a cavare il sangue dalle rape ci pensa quell'invasato di Conte, che sta esaurendo vista la pochezza delle sue punte ma non può dirlo.
Conte sta facendo i salti mortali, avrà le sue colpe e certi suoi eccessi di integralismo - tipo considerare lo “spartito” più importante dei giocatori di qualità - a volte lasciano perplessi.
Ma rifiuto di credere che il Mister non abbia segnalato la necessità avere a disposizione una punta di valore internazionale.
A maggior ragione adesso che c'era la possibilità di "aggredire" seriamente la Champions League, bastava avere un minimo di coraggio e un po' di credibilità in più.
Troppo difficile per un dirigente non da Juve quale si è ormai consacrato Giuseppe Marotta.
Al quale auguro un futuro radioso in un ambiente a lui più consono: una realtà tranquilla, con poche pretese, dove poter vivacchiare e affidarsi all'avvocato Bozzo anche per pagare le bollette di casa.
Una roba tipo la Longobarda, insomma.
Quanto alla sua eredità, se io fossi Andrea Agnelli assumerei Pier Paolo Marino domani stesso.