I campioni e lo spartito

ConteNon è successo niente, questi tedeschi ci hanno insegnato a leggere e a scrivere. (Gianni Agnelli, 26 maggio 1983)

Conte alla vigilia lo aveva detto: “Partite come questa ci diranno quanto è grande il gap che ci separa dai top club europei. Se c’è”. C’è, hai voglia se c’è. La tranvata dell’Allianz Arena sarà utile se servirà a sgombrare il campo da troppi luoghi comuni che hanno accompagnato il cammino esaltante che questa squadra ha compiuto in 18 mesi. Primo luogo comune: questa squadra può giocarsela contro tutti. Falso. Col Bayern, ad esempio, è stato dimostrato che non se la può giocare. E lo stesso sarebbe col Barcellona, col Real Madrid, credo pure col Manchester. In generale non te la puoi giocare con quelli che sono troppo più forti, che hanno giocatori migliori dei tuoi.

Secondo luogo comune, legato al primo. Altra frase di Conte in conferenza lunedì: “Finché avrò questi giocatori non avrò paura di niente e di nessuno, perché avere giocatori così disponibili è anche più importante che avere i fuoriclasse”. Antonio, con tutto l’affetto: non scherziamo. Nessuno spirito di sacrificio, nessuno spartito sarà mai più importante delle doti di un fuoriclasse. Sebbene non sia neanche giusto dire che basta avere i campioni per vincere. Servono entrambe le cose. La Juve di Capello aveva i campioni ma non un gioco di tipo europeo, e raccolse magre figure. Quella di Conte ha una struttura di gioco moderna ed europea, ma ha pochissimi campioni, direi quattro: Buffon, Barzagli, Pirlo, Vidal. Due di questi, Buffon e Pirlo, ieri sera sono stati i peggiori in campo. Comunque troppo pochi per primeggiare in Europa, ma soprattutto nessuno negli ultimi 20 metri. La Juve di Lippi aveva entrambe le cose: un gioco efficace e grandi campioni. Infatti arrivò in finale per quattro anni consecutivi. Non si può però pensare di avere l’esclusiva dello “spartito”. Di squadre organizzate, che giocano un calcio moderno, ce n’è. Mica siamo gli unici. Il Bayern è una di queste. I tedeschi hanno organizzazione e interpreti di livello, gioco e campioni. Lo “spartito” non lo ha inventato Conte, così come nessuno ha mai inventato un sistema di gioco che permetta a giocatori normali di fare la differenza a certi livelli.

Ieri sera è emerso il gap tecnico che ci separa dalle grandi d’Europa, ma è risaltato con forza anche un altro gap: quello tra la Serie A e il resto d’Europa. L’abitudine a giocare in un torneo di livello modesto forse aveva illuso qualcuno che “il gioco” bastasse. La serie A è un effetto ottico, falsa le prospettive: ti propone avversari mediocri e ti fa credere che primeggiare in Italia sia già tanto. In realtà è poco rispetto a tutto quello che c’è fuori dall’Italia. La crisi, il decadimento tecnico del calcio italiano forse non lo abbiamo ancora metabolizzato del tutto, oggi essere i migliori in Italia non è più garanzia di essere tra i migliori d’Europa.

La sconfitta di ieri sera, secondo me più sonante di quanto non dica il risultato, può essere letta in tanti modi. Alcuni ci vedono errori di formazione di Conte: è la lettura più facile e immediata, secondo me anche autoconsolatoria. Troppo facile ridurre tutto a “doveva giocare Tizio piuttosto che Caio”. Io credo che la prestazione di Monaco non sia stata troppo diversa dai primi 70 minuti di Glasgow. Messi in grossissima difficoltà dagli scozzesi allora come dai tedeschi oggi. Cambia il livello dell’avversario: mentre quelli non avrebbero segnato nemmeno con le mani, questi hanno fatto un goal casuale e uno in fuorigioco, ma potevano anche essere tre normali senza che noi avessimo potuto dire bah. A Glasgow, una volta finita la loro benzina, sono bastati 20 minuti per farne altri due, ieri negli ultimi 20 minuti con le squadre allungate è entrato Vucinic e abbiamo creato un'occasione da goal. Una in novanta minuti. Un po’ pochino, no?

C’è ancora una partita di ritorno, ci sono ancora 90 minuti. Sì ok, la bolgia, tutto quanto. Altro luogo comune: non crediamo che basti la bolgia per ribaltare tutto. Credo che la Juve allo Stadium possa fare meglio (peggio è veramente difficile) di ieri sera, dubito fortemente che possa bastare per raggiungere una semifinale oggi lontanissima. Piuttosto bisognerà fare tesoro di questo quarto di finale e iniziare a capire l’importanza dei campioni in una squadra che aspira a primeggiare in Europa. Un altro mercato con cinque giocatori normali invece che uno o due fortissimi vorrebbe dire non aver capito la lezione. Lo spartito ce l’abbiamo, è bello ma non basta, e soprattutto non abbiamo il brevetto. In Europa di buoni spartiti ce ne sono diversi, e a parità di spartiti la differenza la fa avere un grande violinista piuttosto che uno normale.


Twitter: @EpyAle