Dalla parte di Matteo Gerbaudo

PrimaveraSe c’è una cosa che detesto è l’ipocrisia, così come il buonismo e il politically correct. Dall'altro giorno un ragazzo di nemmeno 18 anni (li compirà il 10 maggio) è stato messo alla pubblica gogna per aver rivolto dei gestacci al pubblico del San Paolo dopo il goal che sanciva la vittoria della Juventus Primavera nella finale di ritorno di Coppa Italia. La mano indirizzata verso i genitali, il classico “sucate”. Questo ha scatenato l’ira dei perbenisti, dei filosofi della morale spicciola e degli innumerevoli censori strabici. Non è un bel gesto. Sicuramente se fosse stato in Chiesa e non davanti a 35.000 persone che per tutta la partita hanno insultato dei ragazzi di 17-18 anni non avrebbe reagito così. Come il suo compagno di squadra Padovan, prima di lui, non avrebbe zittito il pubblico dopo aver segnato il rigore dell’1-0. Allora o questi due ragazzi sono dei pazzi esaltati, oppure quello che i violini dei media dipingono ogni volta come il “civilissimo pubblico napoletano” l’aveva fatta fuori dal vaso. Per l’ennesima volta, come ogni volta che il loro incubo a strisce bianconere incrocia i destini della squadra locale, da diversi anni a questa parte. C’è da quelle parti verso la Juventus un odio che nessuno si permette mai di stigmatizzare. Nemmeno dopo assalti con pietre al pullman della squadra, nemmeno quando quest’odio viene riversato addosso a ragazzi poco più che adolescenti. Vince sempre la retorica della napoletanità, di quanto sono simpatici e folkloristici, di quanto sono civili per editto divino, qualsiasi cosa dicano e facciano.

Napoli-Juve da tempo non è più sport, è una miscela esplosiva di rancori, odi, rivendicazioni. Chiedetelo ai napoletani (intesi come cittadini) che hanno avuto l’ardire di scegliersi la fede per la maglia bianconera sotto il Vesuvio, come vengono quotidianamente trattati. De Laurentiis alla vigilia aveva parlato di “disputa culturale”. Non è una dichiarazione che esaspera gli animi, ma anch’essa aiuta a capire come da quelle parti questa partita, a qualsiasi livello si giochi, non è più solo calcio, ma è sempre qualcosa di più. E quel qualcosa in più sugli spalti viene poi tradotto in modo sbagliato e assume i toni della guerra, del bene contro il male, dell’eterna rivincita, loro soltanto sanno verso chi e che cosa. Ci sbattono dentro la solita dose di vittimismo, agitano il tutto per 90 minuti e ogni volta bisogna essere contenti se la miscela non è esplosa.

Torniamo a Matteo Gerbaudo. Il ragazzo ha reagito a un ambiente ostile oltre ogni logica, e nella gioia per la vittoria si è lasciato trasportare. La società, per bocca di Gianluca Pessotto, si è scusata come era suo dovere fare, perché i suoi tesserati non devono mai trascendere. Dovere di altri, invece, sarebbe di non esagerare e non sfogare la frustrazione per la sconfitta della propria squadra su un ragazzo di 17 anni che non ha spaccato la gamba a nessuno. Se lo avesse fatto, forse se la sarebbe cavata con un cartellino giallo come di recente sembra vada di moda. Invece si è preso l’espulsione, tre giornate di squalifica, i pippotti dei moralisti a fasi alterne e si è dovuto sorbire la predica di un dirigente della Federcalcio che invocava il Daspo!! Sì, avete letto bene… Daspo, neanche avesse spaccato i bagni dello Juventus Stadium. Daspo per un gesto che, quando lo fece Ibrahimovic verso la sua curva, con la maglia dell’Inter addosso, venne accolto (come è giusto che sia) tra ammiccamenti e qualche risatina compiaciuta. Per Matteo Gerbaudo, invece, ci manca solo che qualcuno proponga la ghigliottina. In culo all’ipocrisia e al politicamente corretto io, da juventino stufo di tutta questa merda, sto con Matteo.


Twitter: @EpyAle