Il bambino targato Bet Clic

StellaRiceviamo e pubblichiamo una lettera scritta da un nostro lettore.

Buongiorno Direttore,

scrivo a Lei perché non ho trovato l’email della persona che ha scritto l’articolo “Il bambino targato Jeep”. Le sarei grato se dopo averlo letto potesse girare anche a lui il mio messaggio.

Quando ho letto quell’articolo lunedì mattina non mi è sembrato vero.

Mio figlio Milo tra un mese avrebbe compiuto proprio 10 anni.

Anche lui era juventinissimo come il padre.

Purtroppo quando lui ha iniziato a seguire il calcio e la Juve (intorno al 2009), la Juventus era proprio nel suo periodo peggiore e anche lui ha addirittura dovuto sopportare il disgustoso triplete della banda degli onesti.

Così io, che di anni ne ho 49, ho fatto proprio quello di cui lei parla nel suo articolo. Ho cominciato a sfogliare con lui il libro dei ricordi, il libro della grande storia della Juve.

Gli ho raccontato le imprese di Causio, di Bettega, di Zoff, di Scirea, di Tardelli, di Platini, dell’Heysel, di Vialli, di Nedved, di Zidane e del suo mito... Del Piero.

Lui ascoltava e si appassionava.

La sua cameretta ha cominciato a tingersi di bianconero, a riempirsi di maglie di Del Piero, di Buffon, di sciarpe bianconere, di palloni.

Come suo padre, si è subito innamorato della Juve.

Gli avevo promesso che la Juve sarebbe presto tornata grande, che avrebbe ricominciato a vincere tanti scudetti.

Gli avevo promesso che un giorno lo avrei portato nel nuovo stadio.

Purtroppo non ho potuto mantenere nessuna di quelle promesse perché Milo ci ha lasciato qualche mese prima che lo “Stadium” venisse inaugurato.

Nel nuovo stadio adesso c’è la stella con il suo nome che io e sua mamma gli abbiamo regalato per quello che sarebbe stato il suo ottavo compleanno.

Lui non ha fatto in tempo a vedere la sua Juve tornare a trionfare, non ha fatto in tempo a vedere la fine di quella bella storia che io avevo iniziato a raccontargli.

Adorava la Juve e adorava giocare a calcio, giocava anche in una squadra della zona. Ogni sabato pomeriggio lo portavo agli allenamenti. Lui però adorava soprattutto giocare col suo papà, così passavamo ore e ore a giocare a calcio in cortile, al parco ma anche in casa. Ogni sera aspettava che io tornassi dall'ufficio per fare "la partita". Il soggiorno era il nostro stadio, la libreria il nostro pubblico. Ogni tanto qualche soprammobile andava in pezzi per la gioia di mia moglie che poi ci sequestrava il pallone.

Io continuo a seguire la mia Juve. E’ l’unico sfogo che ancora mi resta. Almeno in quei 90 minuti riesco ad estraniarmi dal mio dramma, ma non riesco più a gioire per le vittorie, non riesco più ad esultare per un gol.

Non ho ancora avuto il coraggio di andare a vedere la sua stella nello “Stadium” e non credo che mai riuscirò a farlo.

Seguo ogni partita della Juve in TV ma devo sempre togliere l’audio subito dopo il fischio finale per non sentire quei cori, per non sentire quell’inno che io e lui cantavamo insieme a squarciagola ma che per me adesso è diventato una vera tortura (glielo avevo anche caricato sul suo telefonino e lui lo ascoltava in continuazione).

Anche domenica, come l’anno scorso, al fischio finale ho subito spento la TV per non vedere i festeggiamenti. Mi sono chiuso in camera a piangere per non sentire i caroselli di auto in strada.

Il suo articolo è bellissimo e mentre lo leggevo la vista mi si offuscava per le lacrime .

Anche se leggerlo mi ha fatto stare malissimo, voglio ringraziarla di cuore.

Il mio bambino non era targato Jeep, era targato Bet Clic ma non cambia nulla.

Un caro saluto

Maurizio - Legnano