Calciomercato 2013: una panoramica europea

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Lunedì 2 settembre alle ore 23, è suonata la campanella che ha sancito la chiusura delle trattative di calciomercato per la stagione 2013/2014 (almeno fino alla prossima sessione invernale): dopo due mesi e più caratterizzati da affari conclusi, presunti e saltati non si può non tener conto degli aspetti di bilancio, per una valutazione tecnica che tenga conto anche delle differenze  economiche tra le varie realtà nazionali, sia a livello di singola squadra che di sistema.
 
L’Inghilterra è stata il Paese in cui le uscite per il calciomercato hanno fatto registrare l’ammontare maggiore: oltre 760 milioni di euro di spesa resi possibili, oltre che da un sistema all’avanguardia per quel che concerne stadi ed attività commerciali, anche dalla vendita dei diritti tv per il triennio 2013-2016, un affare che frutterà ben 3 miliardi e mezzo di euro (da ricordare che la vendita dei diritti in Premier League è collettiva). Se la spesa media per squadra è stata dunque di ben 38 milioni di euro, c’è da evidenziare come Arsenal, Chelsea, Manchester City e Tottenham da sole abbiano speso circa il 48% del totale: i Gunners con il colpo Özil hanno speso complessivamente 51 milioni di euro, mentre i Blues hanno portato a casa giocatori del calibro di Willian (35 milioni di euro), Schürrle (22 milioni di euro) e Samuel Eto’o (a costo zero) arrivando a spendere, con una serie di operazioni minori, 65 milioni. Agli antipodi invece la situazione di City e Tottenham: se i primi infatti hanno potuto far affidamento sulle disponibilità dello sceicco Mansour per portare a casa giocatori non di primissimo pelo (almeno sulla carta ) come Fernandinho, Jesus Navas, Negredo e Jovetic per una somma di 116 milioni di euro, il Tottenham ha invece finanziato i ben 127 milioni di euro  spesi per giocatori tra cui Lamela, Eriksen, Paulinho e Soldado con i 100 milioni ricavati dalla cessione di Gareth Bale. Gli Spurs hanno fatto inoltre registrare un saldo entrate/uscite positivo per circa 4 milioni di euro. Ad amplificare però la dimensione del calcio inglese, soprattutto rispetto a quello nostrano, ci sono tre situazioni che devono far riflettere: gli acquisti di Giaccherini (7,5 milioni) e Osvaldo (15 milioni circa)  da parte di realtà minori come Sunderland e Southampton da due top-team come Juventus e Roma (pensare ad esempio ad un Catania o ad un Bologna acquisire giocatori a titolo oneroso dalle grandi d'oltremanica appare quantomeno improbabile)  e la cessione in prestito secco del laterale Wallace dal Chelsea all’Inter: roba assimilabile ai prestiti delle nostre big tra i cadetti per una società, quella nerazzurra, che solo 3 anni e mezzo fa sbancò Stamford bridge in un ottavo di finale di Champions. Solo lo United è rimasto un po’ al palo col solo acquisto di Fellaini (costato comunque otre 30 milioni), ma in generale le squadre inglesi sembrano pronte a riscattare la scorsa stagione di Champions League in cui nessuna delle partecipanti è arrivata tra le prime otto.
 
In Spagna sono state come al solito Real e Barcellona le regine del mercato: se infatti i considerevoli fatturati (nell'ordine dei 500 milioni, euro più, euro meno) hanno  permesso loro di supplire alla situazione di crisi economica evidenziata dalla cessione di parecchi giocatori all’estero (i già elencati Soldado, Navas e Negredo, oltre a Falcao, Llorente, Thiago Alcantara e Joaquin) tanto che la Liga, a livello di sistema, ha fatto registrare un saldo positivo entrate uscite di oltre 100 milioni, Blancos e Blaugrana hanno invece traslato sul mercato la loro rivalità a suon di colpi (Bale, Isco, e Neymar), con i madrileni che però hanno realizzato importanti incassi soprattutto dai piedi del Vesuvio (Higuain, Albiol, Callejon), mentre i catalani hanno venduto il solo Alcantara. Difficile dunque poter ipotizzare che in questa nuova situazione competitiva l’ampio gap tra le prime due e il resto della Liga si sia assottigliato.
 
La Bundesliga si è ancora contraddistinta per oculatezza: nonostante, come in Inghilterra, a partire da quest’anno le squadre tedesche godano di diritti di nuovi introiti da diritti tv (2,5 miliardi per il quadriennio 2013-2017) e di ricavi da stadio non indifferenti (i tedeschi sì che hanno sfruttato appieno i Mondiali del 2006, all'opposto dell'esempio fornito da Italia ’90), il calcio tedesco ha speso in totale 262 milioni piazzandosi al sesto posto in Europa, anche dietro al calcio russo finanziato dai grandi magnati. Neanche a dirlo regina del calcio tedesco è stata il Bayern Monaco con gli oltre 60 milioni di euro spesi per Alcantara e Götze, mentre il Dortmund ha cercato di rimpiazzare quest’ultimo con l’acquisto di Mkhitaryan  e con l'ulteriore potenziamento una rosa già competitiva con due "scarti" del calcio italiano: l’attaccante Aubameyang (ex primavera Milan) e l’ex genoano Sokratis, per un ammontare complessivo di 50 milioni.
 
Per spiegare invece l’impatto dello sceicco del Psg e del magnate russo Rybolovlev sul calcio francese basterebbe leggere il seguente dato: dei 380 milioni di euro spesi in Francia ben 276 (il 73 %)  sono dovuti a questi due club che godono di una potenza economica davvero ben al di sopra della media europea. Se il Psg ha nuovamente prediletto la spesa in Italia con gli acquisti di Cavani e Marquinhos per un importo complessivo di 95,9 milioni di euro  (da unire a Digne costato ben 15 milioni), il club del Principato ha invece preferito fare “razzie” in Spagna e in Portogallo. Ai 70 milioni versati al Porto per il centrale di centrocampo Moutinho e l’esterno Rodriguez vanno aggiunti i 60 milioni spesi per Falcao  e i 20 per Kondogbia, oltre agli ingaggi di giocatori noti ai più come Carvalho, Abidal e Toulalan. Ce la farà il nostro ex e mai rimpianto Ranieri a trovare l’amalgama per cercare di togliere lo scettro di Campione di Francia a Ibrahimovic? Le prime 4 giornate con i 10 punti conquistati dal Monaco e gli 8 del Psg sembrano essere un ragionevole sì. E il FFP?  Il Monaco non parteciperà alle coppe e dunque  il monitoraggio triennale con obbligo di non andare oltre i 45 milioni di perdite scatterà solo successivamente, mentre il Psg ha annunciato a dicembre 2012 una sponsorizzazione di 150 milioni con effetti retroattivi sul bilancio 2011-2012 (operazione molto criticata): essa, come abbiamo letto nell’articolo di Luca Marotta, ha generato una perdita di soli 4,5 milioni. Vedremo in futuro se la fattibilità di certe operazioni e il ricorso a meccanismi finanziari più o meno discutibili susciteranno l’interesse dei massimi esperti Uefa in materia di Fair Play Finanziario (materia tra l’altro tanto cara a Platini).
 
L’Italia si è invece piazzata dietro l’Inghilterra nella classifica dei Paesi con il maggior ammontare di uscite (circa 410 milioni di euro) a fronte però di quasi 413 milioni di entrate, quindi con un saldo positivo di circa 3 milioni.  Nel Belpaese mancano stadi di proprietà (eccetto la Juve e, tra un paio d'anni, l'Udinese), mancano sceicchi e magnati in grado di rimpiazzare quei presidenti spendaccioni di qualche anno fa, i diritti tv potrebbero essere valorizzati meglio e dunque l’unica fonte di finanziamento sembra essere quella delle cessioni che devono essere necessariamente seguite da acquisti adeguati, mirati e lungimiranti. Visto lo stretto interesse legato ai temi di calciomercato nostrano una valutazione più attenta e dettagliata della situazione nazionale verrà presentata nel prossimo articolo.