Stadio mitico, Juve no

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Mitico!
Avrebbe detto Homer Simpson, se fosse Juventino e avesse avuto l'opportunità di godere del'ospitalità dello Juventus Legends Club. Chi scrive, invece, è uscito con una imprecazione, molto meno pubblicabile, di sorpresa e apprezzamento alla vista dell'esercito di hostess, tutte bellissime e giovani ragazze, che affollavano l'ingresso dello stadio e poi la sala ristorante dove eravamo diretti. Ma la parata di bellezze femminili non era che l'inizio delle piacevoli sorprese che questa particolare area dello stadio ci avrebbe riservato. Organizzazione perfetta, addetti gentili e disponibili, il tutto nella cornice avvolgente del nuovo stadio. I tavoli apparecchiati con eleganza accolgono dai sei ai dieci ospiti, e dunque ti "obbligano" a condividere la serata con altri compagni di fede. Non che sia difficile rompere il ghiaccio e intavolare immediatamente dialoghi sui massimi sistemi del calcio, sorseggiando l'ottimo spumante servito come aperitivo: non c'è nulla di meglio che trovarsi tra juventini. Ed è stata per me una piacevole sorpresa constatare come tutti i presenti al nostro tavolo fossero ferrati su Calciopoli, argomento ancora caldo malgrado siano passati oramai molti anni dal misfatto e che suscita ancora discussioni accese. Discussioni che non ci hanno impedito di consumare con gusto una cena prelibata: il menu era ricco e raffinato, accompagnato da vini eccellenti, di cui il Piemonte è generoso.
Nemmeno il tempo di bere il caffè, e il boato dello stadio che accoglie i giocatori in campo ci risucchia di un colpo fuori, ai nostri posti sulle comode poltroncine, dimentichi del vino e del dessert. Ecco che la serata perfetta comincia ad incrinarsi, man mano che la partita si dipana, e i nostri mugugni di dissenso crescono di intensità, per culminare in un trionfo di imprecazioni, certo non degne dell'ambiente in cui ci troviamo, al gol di Bonucci. Sì, lo so, la palla l'ha materialmente calciata Drogba, ma il merito è tutto di Bonucci, non scherziamo.  Nell'intervallo rientriamo in sala ristorante, e anche le hostess, chissà perché, sembrano meno belle, e quando ti salutano e ti sorridono ti viene il dubbio che siano tifose dell'Inter e che ti stiano prendendo per il naso. Non c'è proprio nulla da sorridere adesso.
La tensione cresce nel secondo tempo, ma per fortuna anche i ragazzi in campo sembra si muovano con più intensità. Un guizzo del Quaglia, atterrato da un manovale turco della difesa, e l'urlo di liberazione alla fucilata di Arturo Vidal sono tutt'uno, e adesso gliene facciamo un altro. Detto fatto, ancora Quaglia, lo scugnizzo rinnegato, sbeffeggiato da tanti soloni del calcio, ti confeziona un gioiello. Nemmeno il tempo di rivolgere un pensiero (e qualche gesto alla Moratti) ai rumorosi tifosi turchi assiepati nella loro fettina di stadio, giusto dietro ai tiranti, e ai quali probabilmente sta andando di traverso il kebab ingollato frettolosamente per cena, che Isla, il ragazzo buono della fascia destra, faccia d'angelo per la sua espressione celestiale, mosso a compassione, si astiene dall'intervenire (anche perché era a chilometri di distanza) e concede il meritato pari ai ragazzi di Mancini. L'arbitro fischia che le urla e le colorite bestemmie ancora non si sono spente, e stavolta il volto delle hostess, mentre rientriamo mestamente in sala, ci sembra quasi triste, quasi fossero partecipi del nostro dolore, e allora dentro di noi le perdoniamo per essere così belle, giovani e irraggiungibili mentre noi soffriamo per l'allontanarsi di un traguardo che sembra anch'esso, stasera, irraggiungibile.