Real-Juve ‘03: le prove generali per la grande impresa del 'Delle Alpi'

Se la sfida di mercoledì al Real, come già scritto, può diventare uno snodo cruciale per il prosieguo della stagione bianconera, la trasferta al Santiago Bernabeu del 6 maggio 2003 non poteva certo essere considerata alla stregua di una gita fuori porta: rappresentava infatti il primo atto della semifinale di Champions League, l’ultimo grande passo che divideva i ragazzi di Lippi dall’atto conclusivo di Manchester.

La Juve 2013/14 vola verso Madrid con le domande e le incertezze di chi deve ancora dimostrare se possa sedersi o meno allo stesso tavolo delle Big del continente e non vedere così interrotto il sogno europeo troppo presto, mentre quella del 2003 doveva ancora capire quanto fosse in grado di ripetere la grande prova di caparbietà e resistenza offerta al Camp Nou quando, in 10 contro 11 per metà secondo tempo e tutti i tempi supplementari, era riuscita ad avere la meglio sul Barcellona grazie ad una zampata del “Panterone” Zalayeta; o se invece non avrebbe potuto opporre resistenza ai blancos come successo nella seconda fase a gironi contro il Manchester United, che le aveva rifilato due pesanti sconfitte tra andata (1-2 all’Old Trafford) e ritorno (0-3 al “Delle Alpi” ). Due battute d’arresto talmente pesanti che Sir Alex Ferguson non aveva esitato a dichiarare: “Mi sarebbe tanto piaciuto incontrare la Juve nella finale dell’Old Trafford”.

Era necessario tornare dalla Castiglia con un risultato che avrebbe permesso a Del Piero e compagni di giocarsi il tutto per tutto una settimana dopo al “Delle Alpi” che già si annunciava esaurito: così Lippi rinunciò all’estro di Camoranesi in favore del dinamismo di Zambrotta e si affidò all’esperienza di Conte e Ferrara per sostituire  gli squalificati Montero e Davids, mentre nel ruolo di Tacchinardi, anche lui squalificato dopo il quarto di ritorno col Barcellona, azzardò Tudor, che però già in altre occasioni aveva ricoperto quel ruolo. Davanti Trezeguet unica punta, con Del Piero e Nedved a supporto.

Il Real, nonostante la sconfitta per 5-1 rimediata pochi giorni prima in Liga a Mallorca, metteva davvero paura, e da campione d’Europa in carica grazie ad uno straordinario gol di Zidane si presentava all’evento con i favori del pronostico; i media coniarono l’espressione Galácticos ("I Galattici") per porre l'accento sulla risonanza mediatica del parco-giocatori del Real Madrid, rafforzato anno dopo anno dal Presidente Perez che dal 2000 aveva implementato una nuova strategia improntata all’acquisto dei più grandi giocatori del mondo: prima Figo, poi Zidane ed infine Ronaldo da affiancare al prodotto della cantera Raul. Una squadra dall’urto offensivo devastante, con Roberto Carlos che passava più tempo nella metà campo avversaria che nella propria, con Guti che pur avendo doti da trequartista era comunque costretto a cavarsela bene in mezzo al campo, con Makelele che era l’unico interditore. Inoltre la squadra di Del Bosque aveva eliminato nei quarti proprio quel Manchester United che in precedenza aveva surclassato i bianconeri.

Pronti via, non fu sicuramente il trionfo dello spettacolo, con la Juve che cercava più che altro di passare indenne la nottata: passaggi corti, ritmo molto basso, prudenza  e attenzione rivolte soprattutto ad ingabbiare i giocolieri madridisti. La strategia sembrava riuscire, visto che l’unica occasione concessa alle merengues nei primi 20 minuti era arrivata da una punizione di Zidane ben sventata da Buffon. Fu un episodio fortunoso a portare in vantaggio i padroni di casa, al 24', con Ronaldo bravo ad agganciare una palla schizzata da un contrasto tra Iuliano e Morientes, a presentarsi solo davanti a Buffon e a trafiggerlo, realizzando così il suo primo e unico goal in carriera alla Juventus. La rete di vantaggio non cambiò molto i piani tattici con il Real che solo in un’occasione (tiro alto di Morientes) sfiorò il raddoppio, mentre i campioni d’Italia cercavano di sfruttare al massimo gli spazi concessi dal Real: Nedved, in una delle sue classiche azioni, partì da sinistra e si accentrò, per poi tirare centralmente. A trovare il pareggio al 44’ fu invece Trezeguet, lesto come al solito  nello scaraventare in rete un tiro ribattuto di Del Piero.

L’avvio di ripresa appariva più confortante, con un Real meno brillante e con una Juve più pimpante, che cresceva d’intensità grazie al maggior coraggio di Zambrotta nell'uscire palla al piede  e alla maggior verve di Nedved e Del Piero; ma, proprio quando la Juve dava l’impressione di giocar meglio del Real, al 28’ Roberto Carlos indovinò dal limite dell’area una conclusione di sinistra per il gol del 2-1, inizialmente annullato dal guardalinee e poi convalidato dall’arbitro Hauge per un fuorigioco da considerarsi non attivo.

A quel punto ai nostri non rimaneva che difendere la sconfitta minima in vista del ritorno a Torino, con una formazione rabberciata (specie a centrocampo) e la possibilità di fare una gara di ritorno totalmente diversa, con la consapevolezza di essersela giocata alla pari per buoni tratti del match: una gara che solo a posteriori si sarebbe poi rivelata un’impresa da ricordare ancora oggi.