Juve-Fiorentina ’90: pomeriggio di gloria per Angelo Alessio

Angelo Alessio, oltre ad essere l’attuale allenatore in seconda da quando Conte siede sulla nostra panchina, è stato anche giocatore bianconero dal 1987 al 1992, eccezion fatta per la stagione 1988/89, trascorsa in prestito al Bologna.  Chi ha vissuto quegli anni, o  chi comunque ha  un minimo di conoscenza della storia bianconera,  non può non notare come la “seconda vita” di Alessio alla Juve sia stata molto più fortunata rispetto a quella da giocatore; se si esclude ovviamente la triste vicenda di Scommessopoli in cui, dopo aver faticato a comprendere quali fossero le colpe di Conte, ci trovammo quasi sbigottiti a leggere le accuse mosse al suo vice.  
Alessio ha attraversato quasi tutti i nove anni di magra che vanno dal 1986 al 1995 venendo a contatto con ben quattro allenatori diversi: da Rino Marchesi fino a Trapattoni passando per Zoff e Maifredi.
Arrivato sotto la Mole da Avellino per circa 5 miliardi di lire come seconda punta, Alessio si fece però conoscere per la sua capacità di adattarsi a giocare in diverse zone del campo senza però riuscire a scalare le gerarchie:  il suo ruolo fu dunque marginale e Alessio passò più tempo a guardare gli altri giocare che a calcare il prato verde.
Oltre a conquistare la Coppa Italia e la Coppa Uefa nella stagione 1989-90, ebbe la sua personalissima giornata di gloria il 2 dicembre del 1990 quando, in occasione della gara interna con la Fiorentina, una sua doppietta permise alla squadra allora allenata da Maifredi di battere per 2-1 i viola e posizionarsi al primo posto in classifica grazie ai pareggi di Sampdoria e Inter contro Cagliari e Bari. In quel momento la Juve ( nonostante l’esito poi disastroso dell’annata) sembrava poter restare al passo delle squadre potenzialmente più forti, tanto che la prima sconfitta in campionato era arrivata solo nella settimana precedente a Bari, alla decima giornata di campionato, dopo aver inanellato 4 vittorie nelle 5 precedenti sfide.
La Fiorentina partendo subito in attacco mise  a nudo tutte le carenze di Luppi, De Marchi e dell'intera difesa già nei primissimi minuti di gioco: al 5’ un contropiede di Di Chiara si chiuse con un cross che attraversò tutta l’area di rigore senza trovare avversari pronti a chiudere in gol, gol che arrivò però all’8’ quando ancora una discesa di Di Chiara tagliò in due la difesa juventina lasciando ad Orlando  il solo compito di buttare la palla in rete. Al 10’, l’ennesimo affondo di Di Chiara provò un altro pericolo: colpo di testa di Lacatus su cui Tacconi compì un gran miracolo.
Solo a quel punto la Juve cominciò a reagire, grazie soprattutto alla buona verve di Haessler e Schillaci, bravi e capaci a supplire alla giornata no di Baggio, frenato, oltre che dai ricordi dei suoi trascorsi viola, anche dall’imminente nascita della figlia. Al 25’ Schillaci fu il più lesto di tutti nell’accorgersi di uno sventurato rinvio del portiere Mareggini, trasformando così la palla finita sui suoi piedi in un prezioso assist per Alessio. Tiro preciso e pareggio. Dieci minuti dopo un cross di De Agostini, trovò il tocco involontario di Schillaci (forse col braccio) per l’accorrente Alessio; destro a mezz’altezza e ancora gol. Da lì in poi la partita si sarebbe snodata in una lunga serie di errori: da una parte la difesa bianconera sempre “abile” a smarcare ora Buso, ora Lucatus, e dall’altra appunto gli attaccanti viola, il cui passatempo della domenica sembrava quello di tirare addosso a Tacconi, bravo comunque a salvare la porta in almeno quattro occasioni.
Curioso notare come l’unica doppietta che Alessio aveva realizzato fino ad allora in serie A risalisse alla stagione in prestito al Bologna, proprio nella gara casalinga con la Juve finita 4-3 per i nostri. Ancora più curioso come attorno ai due goleador di giornata, Alessio e Orlando, la Juve avesse riflettuto a lungo in sede di mercato, per decidere chi dovesse approdare a Firenze.  A fine gara Alessio rifiutò ogni confronto: “Ciò che conta è solo aver vinto, non credo sia giusto metterla sul piano di una sfida tra me ed Orlando". E a chi gli chiedeva se nutrisse speranze di partire titolare nel derby che si sarebbe giocato nella settimana successiva rispondeva: “Se sarò chiamato a giocare, giuro di dare lo stesso contributo di oggi, altrimenti saprò tornare al mio posto”.
Lo avrebbe fatto anche 20 anni più tardi, quando tornò al suo ruolo da allenatore in seconda dopo aver sostituito per circa due mesi il titolare. Evidentemente era destino.