Roma-Juve ’78: quando arrivò il 18° scudetto

Come nel campionato 1977-78, Roma-Juventus arriva a due giornate dal termine di un campionato che lascerà spazio al Mondiale in terra sud-americana: allora in Argentina, quest’anno in Brasile. Diversamente dal’ 78, però, la trasferta dell’Olimpico non influenzerà in alcun modo la classifica finale, visto che la Roma è da settimane sicura del secondo posto, mentre i nostri si sono laureati campioni d’Italia già domenica scorsa grazie al capitombolo dei giallorossi a Catania.
 
Nella sfida giocata il 30 aprile del 1978 invece entrambe le squadre erano ancora in lizza per i rispettivi obiettivi: la Roma doveva conquistare la matematica salvezza, mentre ai ragazzi del Trap mancava un solo punto per diventare campione d’Italia per la diciottesima volta, la seconda consecutiva.
 
Quella del 1977-78 era stata una stagione molto diversa da quella dell’anno precedente, che aveva visto duellare fino all’ultima giornata Juventus e Torino. Troppo forti i bianconeri per tutta la concorrenza. Solo il Milan ci aveva davvero provato ad inizio stagione, rimanendo capolista per qualche settimana. Con l’avvento dell’anno solare 1978 però Zoff e compagni avevano preso la testa della classifica per non mollarla più. Vani erano risultati anche gli ultimi disperati tentativi dei cugini granata e del sorprendente Vicenza di Paolo Rossi, che avevano cercato di approfittare, senza successo, di qualche punto di troppo concesso dalla capolista a causa dell’impegno in semifinale di Coppa dei Campioni contro i belgi del Bruges.
 
Alla vigilia del match dell’Olimpico tutto o quasi faceva presupporre che tricolore sarebbe stato: troppo ampio il divario tecnico tra le due squadre, oltre al beneaugurante precedente  di cinque anni quando, grazie ad un gol di Cuccureddu a tre minuti dalla fine dell’ultima partita (proprio contro la Roma), la Juve aveva vinto lo scudetto ai danni del Milan, incappato in una clamorosa sconfitta a Verona.
 
Al 3’ fu la Roma ad andare vicina al vantaggio a causa di uno stop errato di Gentile, che permise a Casaroli di battere a rete mandando di poco il pallone a lato. Scampato il pericolo iniziale, la Juve si riorganizzò e guadagnò parecchi metri nel giro di pochi minuti, ma il gran caldo poco si conciliava con il mantenimento di  ritmi alti. Al 13’ Furino, dopo un doppio scambio con Gentile e Bettega, provò un tiro a volo che finì di poco a lato. Al 38’ fu Bettega a portare in vantaggio la Juve grazie ad un’azione personale conclusa con un destro che quasi piegò le mani a un non irresistibile Conti. Nel secondo tempo la Roma pareggiò subito i conti al 7' con Di Bartolomei bravo ad anticipare Cuccureddu mandando all’angolino una palla rinviata di testa da Scirea.
 
Fissato il risultato che accontentava tutte e due le squadre, la gara perse ogni significato, trascinandosi in quasi 40 minuti di melina e “tiracci” dalla distanza, tanto che l’emozione più grande fu proprio la sostituzione di Bettega, uscito acciaccato a dieci minuti dalla fine.
 
Al fischio finale, arrivato con mezzo minuto d’anticipo, tutti di corsa negli spogliatoi per sfuggire alla pacifica invasione di campo e per far scorrere lo champagne, a fiumi. Anche Boniperti, dopo aver abbandonato la tribuna nel primo tempo, come d’abitudine, scese con Trapattoni e giocatori a festeggiare e a chi gli chiedeva della possibilità di vincere il terzo scudetto di fila rispose: ”Nel dopoguerra solo il Grande Torino ci è riuscito, per noi è la seconda doppietta, arrivare a tre non sarà semplice, ma ci proveremo, come da tradizione”. Complici anche le fatiche mondiali dei nostri in Argentina, il tris non sarebbe arrivato l’anno successivo, e nemmeno in altri tentativi, ma solo 36 anni più tardi, in una domenica d’inizio maggio.