Un primo bilancio di questi tre anni

E alla fine sono 102. Meno degli anni portati così splendidamente dalla Vecchia Signora, ma di gran lunga più di ogni altro punteggio mai raggiunto in Italia e, eccezion fatta per un curioso caso nel campionato scozzese, anche il più alto in Europa.
Una cavalcata splendida chiusa da un gol da cineteca di uno dei giocatori simbolo di questa squadra, Claudio Marchisio. A 28 anni, nel pieno della sua maturità calcistica, il principino ad inizio stagione aveva perso il posto da titolare, subendo la progressiva crescita di Paul Pogba, un talento che in questa stagione ha confermato di non essere una meteora, dimostrando a tratti tutte le sue enormi potenzialità.
Nonostante ciò Claudio ha continuato in silenzio a lavorare e a sfruttare le occasioni che il suo allenatore gli ha dato, qualche volta in ruoli particolari, come nella partita contro il Real, attaccante esterno nel 4-3-3 o, molto più spesso, come vice-Pirlo.
Della sua stagione si ricorderà purtroppo anche il gol mancato in semifinale contro il Benfica, quel goal che avrebbe potuto anche cambiare la storia della Europa League 2013/14 e magari permettere alla squadra bianconera di giocarsi la finale in casa propria. Ma, al di là di questo, la stagione del numero 8 della squadra allenata da Antonio Conte, resta positiva. Il gol di classe di ieri in qualche modo sottolinea simbolicamente anche il fatto che, qualsiasi cosa succeda durante la sessione estiva di calciomercato, e in questi giorni si parla tanto, spesso senza cognizione di causa, delle possibili partenze di Pogba o Vidal, il centrocampo bianconero potrà contare comunque su giocatori solidi e maturi per le stagioni che verranno.
 
Così, in attesa delle decisioni che andranno a definire il contesto e le ambizioni per la prossima stagione, possiamo fare un primo bilancio di questi tre anni sotto la guida del tecnico salentino: tre scudetti vinti con grande autorità, soprattutto gli ultimi due, e due Supercoppe italiane. A questi trofei portati nella bacheca della società torinese da Pirlo e compagni aggiungiamo una finale di Coppa Italia, una semifinale sia in Europa League che in Coppa Italia così come un quarto di finale di Champions ed uno in Coppa Italia, a completare il quadro dei risultati bianconeri. E poi c’è un'eliminazione ai gironi della Champions.
In considerazione del fatto che tre scudetti consecutivi erano riusciti alla squadra bianconera soltanto in un'occasione, e come tempi siamo all’anteguerra, in tutti i sensi non possiamo non partire facendo un enorme plauso a chi ha partecipato a scrivere un altro pezzetto di storia del calcio juventino ed italiano, frantumando record su record.
Siamo dunque guardando ad un ciclo di vittorie notevoli. Soprattutto se riportiamo la mente a quel 28 marzo 2010 e al vergognoso schiaffo dato da un teppista all’ex difensore Zebina: un periodo in cui tutto sembrava da ricostruire, i giocatori che avevano retto il peso della ricostruzione post-calciopolara sembravano stanchi e all’orizzonte compariva di tutto fuorché la sagoma di una coppa da alzare in cielo. E anche la stagione successiva, la prima dell’era Andrea Agnelli, aveva confermato, nonostante una rivoluzione in termini societari e tecnici, quanto fosse difficile rifondare basi solide dopo i disastri della politica dello smile di Giovanni Cobolli Gigli e Jean-Claude Blanc. E se i fallimenti sportivi di quella gestione, vista la loro natura ed evidenza data dal campo, non potevano essere in alcun modo nascosti o differiti, i danni economici sono emersi successivamente e l’onda lunga ancora ha produtto i suoi effetti fino al recente passato, basti pensare all’impairment del valore di Felipe Melo del quarto trimestre del 2012/13.
 
Vittorie, dunque, costruite partendo dalle macerie e tenendo in dovuto conto gli sforzi economici dei grandi e piccoli azionisti, che nel 2012 hanno ricapitalizzato la società con €123 mln. Ma anche cocenti sconfitte. La più dura da digerire è senz’altro la prematura eliminazione di Champions League di quest’anno.
Andando ad analizzare il percorso di questa squadra nei tre anni, salta agli occhi l’enorme differenza di rendimento tra i tornei a classifica (il campionato e i gironi di Champions) e quelli ad eliminazione diretta (le fasi finali di Champions ed Europe League, oltre alla Coppa Italia), dove non puoi sbagliare nulla per mancanza di prove d‘appello. Nel primo caso la Juve ha fatto quasi filotto, con quattro primi posti, tre in campionato e il girone di Champions vinto l’anno scorso, su cinque partecipazioni; mentre nel secondo caso i bianconeri sono riusciti a passare solamente 10 turni su 21 potenziali, prendendo parte complessivamente a 5 competizioni, tre italiane (6 turni passati su 12 potenziali) e due europee (4 su 9). Emerge quindi l'evidente difficoltà di questa squadra a gestire gli impegni ad eliminazione diretta, sia in Italia che in Europa.
Il dato va sicuramente contestualizzato ulteriormente con aggiunte di analisi soggettive. Ad esempio, un possibile parametro di riferimento potrebbe essere rappresentato dalla forza effettiva della squadra incontrata nelle eliminazioni dirette e in quale momento. Affrontare l’anno scorso il Bayern nei Quarti di CL è stato sicuramente un impegno quasi proibitivo che ha messo fine ad un percorso che avrebbe potuto anche essere più lungo se si fosse potuta evitare la squadra del momento.
Altro esempio potrebbe essere una partizione Italia/Europa, legata magari all‘attuale modulo oppure ad una presunta mancanza di coraggio in ambito europeo. Partizione, a mio avviso, un po' fantasiosa basata molto su impressioni soggettive, ma che per ora è supportata da alcune statistiche, per quanto possibilmente spurie.
Ultimo esempio che proponiamo, ma ce ne sarebbero anche degli altri, è una partizione obiettivi-primari/altri-obiettivi, dato che il campionato e il superamento del girone di Champions sono sempre stati dichiarati, in modo netto,  gli obiettivi primari di questa società, a partire dal suo presidente. Qualsiasi risultato in aggiunta avrebbe rappresentato un gradito surplus. La focalizzazione estrema sui traguardi primari da raggiungere magari ha tolto energie fisiche e nervose agli altri obiettivi, rappresentati dai successi nelle fasi ad eliminazione diretta. Metodo ed incentivi che in un’ottica di miglioramento complessivo sarebbero quindi da rivedere e calibrare.
Che sia l‘uno piuttosto che l’altro o magari una combinazione delle due cose, il fatto chiaro e difficilmente contestabile è la fatica da parte dell’attuale Juventus ad imporsi nelle competizioni ad eliminazione diretta. Tornei in cui le differenze di valori, che in altri momenti e in altre circostanze possono finire per livellarsi, appaiono ben più evidenti, per via dello stato di forma contingente, del poco tempo residuo per recuperare degli errori occasionali o strutturali di squadra o di arbitri, e/o per fattori esterni, tra cui anche la fortuna. Fattori, in particolare quest‘ultimo, che più d'uno è all'apparenza convinto di poter piegare al proprio destino dimostrando coraggio e, perché no, spregiudicatezza, quasi fosse un’entità con uno spirito e un’agenda propria.