Lazio-Juve ’99: il pomeriggio di gloria di Henry

Nel campionato '98-'99  Juve e Lazio s’incontrarono all’Olimpico di Roma  il 17 aprile del 1999, a sei giornate dal termine. Le due squadre guardavano alla partita con uno stato d’animo completamente diverso. I biancocelesti erano in testa alla classifica con pieno merito, grazie ad una rosa che poteva vantare, tra gli altri, giocatori del calibro di Nesta, Nedved, Vieri. Gli uomini di Eriksson venivano però da una sconfitta nel derby che aveva assottigliato il vantaggio in classifica sul Milan a soli 4 punti: era dunque vietato commettere altri passi falsi  per non far avvicinare ulteriormente i rossoneri. La Juve, invece, viveva la trasferta di Roma quasi come un fastidio prima della delicatissima sfida col Manchester  United, valevole per la  semifinale di ritorno di Champions League. Fuori dalla Coppa Italia e staccatissimi dalla Lazio, il massimo trofeo continentale restava l’ultimo grande traguardo di una stagione cominciata male (con la sconfitta in supercoppa al 92’ proprio per opera della Lazio) e proseguita peggio: prima il grave infortunio a Del Piero, poi le dimissioni di Lippi subito dopo la sconfitta casalinga col Parma.
C’era però chi, per motivi regolamentari, la sfida ai Red Devils l’avrebbe vista solamente dalla tribuna: Thierry Henry. Il francese, arrivato nel gennaio '99 per sopperire all’assenza di Del Piero, dopo circa tre mesi con la maglia della Juve non era ancora riuscito ad esprimere tutto il potenziale. Il suo esordio col Perugia, nei 20 minuti finali, era stato tutto sommato positivo: un paio di accelerazioni ed un tentativo di conclusione a rete. Da lì in poi “Titì” avrebbe però collezionato solo prove opache: un po’ per la durezza del campionato italiano, un po’ per le pressioni derivanti dalle aspettative di risollevare una squadra in crisi, ma soprattutto per l’utilizzo, da laterale sinistro di centrocampo, a dir poco inadatto alle caratteristiche dell’ex-Monaco. Date queste premesse, in un sabato pomeriggio (proprio per permettere ai nostri di preparare al meglio la sfida di Champions) e sotto una pioggia torrenziale, le due squadre si ritrovarono di fronte all’Olimpico.
La Lazio aveva  visto ridotta all’osso la sua difesa, a causa delle squalifiche post-derby che  avevano colpito Negro, Nesta e Mihajlovic, mentre Ancelotti decise di tenere a riposo Montero, Pessotto, Deschamps e Zidane. La spinta della Lazio nei primi minuti fu fortissima, ma i nostri seppero resistere molto bene alle sfuriate di Nedved e Vieri, che colpì il palo dopo solo 3 minuti di gioco e che si divorò poi una colossale occasione da gol, solo davanti a Peruzzi, al 33’. Sul capovolgimento di fronte la Juve, che fino a quel momento non era stata capace di costruire alcuna occasione, passò clamorosamente in vantaggio con un tiro non irresistibile di Henry, finito in rete grazie ad una papera colossale di Marchegiani. La partita prese letteralmente un’altra piega, con una Lazio tanto impaurita da rischiare per due volte il gol dello 0-2,  sia con Inzaghi che con Amoruso, ma in entrambe le occasioni Marchegiani riscattò parzialmente l’errore di qualche minuto prima. In pieno recupero però il raddoppio sarebbe arrivato  con Amoruso, bravo a stoppare e a concludere in rete un’ottima imbeccata di Tacchinardi.
Nel secondo tempo l’ingresso di Mancini per uno spento Salas rinvigorì la Lazio: fu lo stesso numero 10 ad accorciare le distanze con un colpo di testa da calcio d’angolo. Quando la Lazio sembrava così aver trovato le forze e le speranze per il pareggio, un altro errore di Marchegiani favoriva il 3-1 finale: una punizione di Davids non trattenuta diventava infatti l’occasione perfetta per la doppietta di Henry.
Quel pomeriggio fu solamente una doppia illusione: la squadra aveva dato l’impressione  di aver ritrovato brillantezza e tenuta mentale, ma l’accesso alla finale lo avrebbe guadagnato il Manchester; e anche  la buona prova di Henry rimase solo un episodio isolato e il francese dall’estate  sarebbe andato a fare la fortuna dell’Arsenal.