Il fuggitivo al momento giusto.

Quando si dice l’uomo giusto al momento giusto.
Antonio Conte fu proprio l’uomo giusto al momento giusto.
Bravo Andrea Agnelli ad identificare nell’ex grande centrocampista pugliese l’uomo del riscatto per la storia bianconera, ancora immersa nelle sabbie mobili del dopo 2006.
Conte, l’uomo giusto al momento giusto, per cancellare definitivamente gli ultimi condottieri dal modesto profilo del dopo Farsopoli: Ranieri, Del Neri, Zaccheroni e Ferrara, che, ahimè,  come l’attuale Inzaghi milanista, impugnò il bastone del comando senza avere l’esperienza necessaria per reggere il confronto con la spietatezza del campo e la presenza di tanti campioni in squadra.
Conte, l’uomo giusto al momento giusto, per la sua juventinità, per il suo orgoglio, per la sua tenacia e caparbietà, per il suo essere leader in campo con il cuore bianconero, per il suo correre a braccia levate verso la folla impazzita dopo una sua rete, per il suo sventolare la bandierina del calcio d’angolo sotto la curva Viola, per le sue risposte pepate e centrate ai media antijuventini, sempre in cerca, come tante iene, dello scandalo da servire ai lettori, per il suo modo di essere capitano dentro e fuori dal rettangolo di gioco, per il suo essere catapultato dalla dirigenza juventina nelle trasmissioni sportive a difendere tutto ciò che veniva conquistato “sul Campo” con sudore, lavoro e fatica, ed infine per il suo passato da bravo allenatore in squadre importanti, anche se minori.
Agnelli credeva in lui e lo riportò a casa nel momento giusto, arrivando persino a controbattere alla morte ed in prima persona gli attacchi sferrati verso il suo allenatore da tutto il mondo calcistico, che parlava di presunti illeciti sportivi compiuti nel suo passato senese e barese.
In lui vide l’uomo ad hoc, che non lo avrebbe tradito, capace di riportare Madama in cima al tetto d’Italia con tre scudetti consecutivi da sogno, modellando i giocatori a sua immagine e somiglianza: undici Antonio Conte in campo a sbranare gli avversari, senza regalare un secondo, senza mollare di un centimetro, senza mai tirare indietro la gamba, undici leoni che per novanta minuti mostravano ai propri tifosi il famoso sguardo della tigre. Una squadra che ricordava incredibilmente quella di Lippi del '94/'95, quella della rinascita dopo nove anni di buio, un team di gladiatori in cui Conte affiancava sempre Vialli nella prima fila del combattimento. Erano sempre loro due a “scatenare l’inferno”.
L’uomo giusto al momento giusto: c’era da inaugurare l’era dello Juventus Stadium, un gioiello di architettura che tutto il mondo ci invidierà per sempre e non poteva sedersi sulla nuova panchina immersa nel pubblico un allenatore qualsiasi, ci voleva un vero bianconero che sprigionasse juventinità fatta di grinta, rabbia e calore da miscelare con il nuovo ambiente per un’atmosfera suggestiva, da pelle d’oca.
Come dimenticare la gioia incontenibile del nostro Mister dopo ogni rete?
E lo Juventus Stadium che rispondeva ad ogni suo gesto di esultanza con boati assordanti e da brividi?
La storia bianconera tornava dunque ad essere improvvisamente vincente e moderna, grazie al nuovo Mister ed al nuovo stadio, ed ecco che tutti i più grandi menestrelli si ripresentavano sotto le finestre dei tifosi bianconeri a cantare le lodi di una società che era magicamente e meritatamente riapparsa.
Erano gli stessi menestrelli che nel 2006 si erano recati sotto altri importanti balconi a suonare e condividere marce funebri per affossarla definitivamente, verso il fango della B e della vergogna.
Ma l’uomo giusto, il pugliese dal sangue caldo, era riuscito anche a riconsegnare le chitarre giuste e melodiose ai sopracitati menestrelli.
Tre scudetti conquistati da vero padrone del campo e della situazione, tre scudetti che hanno trasportato la società nel suo vero ruolo di protagonista, quello che la storia del calcio ci ha sempre insegnato.
Bravo Andrea, nel riportare Conte a Torino esattamente nel momento giusto.
Ma come in tutte le storie belle, alla fine qualcosa era destinato a rompersi, ed i primi segnali si avvertirono già nel giugno 2013, quando il Mister iniziò  fare un po’ di capricci.
Bravo di nuovo Andrea  a calmare gli animi per ripresentare di nuovo un  Conte grintoso, motivato e pronto per la nuova stagione, che sarebbe diventata ancora trionfante con il record di punti.
Ed eccoci arrivati al ritiro estivo dello scorso anno, quando accadde una cosa mai vista: la fuga di un allenatore al secondo giorno di lavoro.
Ne abbiamo sentite e lette di tutti i colori, io ne ho parlato anche personalmente con il Presidente, durante la sua visita al Palio di Siena: la verità la sapranno sempre e solo i protagonisti e non commenterò volutamente per non correre il rischio di scrivere inesattezze.
Posso solo confermare  un mio pensiero, registrare una certezza: quella fuga lascerà una ferita indelebile nei tifosi bianconeri ed una macchia sporca nella storia del passato del Mister bianconero, capriccioso, diventato grande personaggio e allo stesso tempo vittima del suo  stesso personaggio, che ha scelto la via peggiore per il suo futuro, quella della guida della Nazionale, un ruolo non adatto alle sue caratteristiche di uomo spogliatoio.
Lui è un condottiero che ha bisogno di essere a contatto con i propri uomini giorno dopo giorno, per poter condividere con loro ogni respiro, ogni secondo, ogni loro gesto quotidiano, tutto ciò che è impossibile riscontrare con i ritmi della Nazionale Italiana.
Quindi è logico aspettarsi ancora grandi sorprese dall’Antonio capriccioso, che ci regalerà probabilmente colpi di scena a non finire
Concludendo: “il fuggitivo al momento giusto”.
Brava la società, nel giugno scorso, a capire che il matrimonio era definitivamente finito, a capire che lo sposo era diventato esigente e che anteponeva i suoi interessi a quelli della Juventus, con un ego smisurato, con il portafoglio e i suoi contratti in cima ai suoi pensieri, con la sua juventinità che si era travestita da professionalità, nel senso che il portafoglio sotterrava la bandiera.
Uno sposo che non si sentiva più a suo agio nella sua dimora, che per mille e più motivi personali non sentiva più sua e che lo portò a presentarsi a quel ritiro del 2014 con il magone e con parole che non promettevano nulla di buono per il futuro connubio.
Brava la società a capire che gli uomini vanno ma i colori resteranno per sempre, e quelli bianconeri hanno salutato il fuggitivo, ringraziandolo di cuore, ma iniziando a percorrere una strada nuova, verso uomini nuovi e verso una nuova storia, che, come le precedenti, non tradirà mai  gli innamorati della Signora.