Baraldi, Marocchi, Bocchini: l'ennesimo buco nell'acqua

cantanapoliIl 4 dicembre scorso, nell'aula napoletana in cui si celebra il processo Calciopoli, non è stato sentito solo l'ex guardalinee Coppola, ma anche altri 3 testi dell'accusa: Luca Baraldi, ex AD del Parma, Giancarlo Marocchi, ex giocatore bianconero e ora dirigente del Bologna, e Fiorella Bocchini, impiegata della FIGC. Le tre deposizioni in questione sono state focalizzate su alcune partite chiave del teorema accusatorio, Lecce-Parma su tutte (ma anche Lazio-Parma e Fiorentina Bologna), e sul comportamento di Luciano Moggi. In tutti e tre i casi, al solito, il risultato è stato complessivamente favorevole alla difesa. Sospetti, senzazioni, recriminazioni, ma nessun fatto degno di nota.


Baraldi su Lazio-Parma

Luca Baraldi era, all'epoca dei fatti oggetto d'indagine, amministratore delegato del Parma calcio, che si trovava in amministrazione controllata (faceva parte del gruppo Parmalat coinvolto nel tristemente famoso scandalo finanziario). Il Pm Capuano lo sente inizialmente in relazione all’incontro Lazio-Parma del 27 febbraio '05, gara che non riguarda tanto le accuse mosse agli ex dirigenti juventini, quanto le pressioni federali per far salvare la Lazio, e quindi gli imputati Lotito, Bergamo e Pairetto, partita che si presta piuttosto bene a raccontare le contraddizioni degli inquirenti.
L'impianto accusatorio nei confronti della cosiddetta "Cupola" è incentrato infatti anche sui favori che la stessa procurerebbe alle società "affiliate". Il do ut des immaginato: la Cupola chiede voti in appoggio ai suoi presunti candidati politici (Carraro e Galliani, che stranamente non sono a processo) e in cambio fornisce "assistenza" arbitrale. Gli arbitri verrebbero usati, come nel caso della Fiorentina, per fiaccare le resistenze, o, come nel caso laziale, per ottenere l'appoggio politico. Eh già. Perché, secondo gli inquirenti, Mazzini, Pairetto e Bergamo, non prendono alcuna decisione che non sia nell'interesse del sodalizio guidato da Moggi.
Ebbene, per aiutare, come si suppone, la Lazio contro il Parma, viene mandato Messina, l'arbitro che si sentiva al telefono con Leonardo Meani, chiamando i dirigenti juventini "veri mafiosi", che quando perdono non lo vanno a salutare (eh già, altro che minacce). Insomma un avversario della Cupola.
Come abbiamo già visto nel caso degli scontri-salvezza, i designatori scelgono arbitri certo non vicini alla Juve, per partite particolarmente delicate, quale questo Parma-Lazio, preceduto e seguito dalle telefonate tra il presidente Lotito e Mazzini che, dopo il match, gli grida: "Ti arrestano!".
Baraldi ricorda che la gestione della partita da parte dell'arbitro Messina destò in lui forti perplessità, perché gli sembrò a senso unico, anche se la Lazio nel primo tempo fu superiore tecnicamente al Parma. Due episodi lo colpirono particolarmente:
- un'azione in area della Lazio, a suo dire viziata da ben due falli nettissimi da rigore non sanzionati;
- le recriminazioni, nel post-partita, di alcuni calciatori del Parma, secondo i quali l'arbitro in occasione dei calci d'angolo si avvicinava ai calciatori laziali avvisandoli di non fare falli, altrimenti sarebbe stato costretto a fischiare il rigore. Evento non consueto secondo Baraldi, e quindi sospetto.
Certo è consuetudine vedere in ogni partita gli arbitri sbracciarsi durante i calci d'angolo tentando di richiamare al rispetto del regolamento; è vero anche che questo in genere succede per ambo le squadre. Attendiamo conferme in merito dai giocatori, comunque.

I sospetti rientrati su Lecce - Parma

Il Pm chiede al teste cosa ricordi dell’incontro Lecce-Parma del 29 maggio '05, sul quale già ha testimoniato l'ex allenatore parmense Pietro Carmignani, il 20 novembre scorso.
Baraldi racconta che a fine partita si arrabbiò moltissimo. A suo dire, la partita venne diretta molto bene, sul piano tecnico, dall'arbitro De Santis. Però ci fu un atteggiamento di forte aggressività nei confronti del Parma, tant'è che dopo venti minuti erano già stati ammoniti tre giocatori. Ricorda che il Parma presentava in quella partita 6 calciatori in diffida, ed i primi tre ammoniti erano tra questi. Almeno due ammonizioni, secondo la sua interpretazione, vennero comminate con eccessiva severità. E gli ammoniti avrebbero poi saltato un eventuale spareggio, precisa Baraldi. Riferisce poi che alcuni membri della panchina gli fecero notare la circostanza curiosa per cui le ammonizioni erano avvenute secondo un rigoroso ordine alfabetico. “Per carità, sarà un fatto casuale” dice Baraldi, ma all'epoca rimase molto perplesso. Ma l'episodio che ritiene più significativo è un altro. Poco dopo il pareggio del Parma, era stato espulso il giocatore Contini. Con il pareggio il Parma non era affatto sicuro di salvarsi, e alla fine dell' incontro non si sapeva ancora se il Parma fosse salvo, retrocesso o avrebbe dovuto disputare lo spareggio. Baraldi notò il giocatore Vignaroli molto agitato che inveiva contro l'arbitro, ma non ci fece molto caso perché si stava recando sotto la curva dei tifosi col Team Manager Minotti e Cardone. Al rientro negli spogliatoi, concesse un'intervista a Sky che si concluse in modo brusco, con il suo abbandono della postazione televisiva dopo un battibecco con Massimo Mauro sulle ammonizioni, a suo dire comminate in modo scientifico. Rientrato nello spogliatoio, per il nervosismo non parlò affatto con Vignaroli. Nei giorni successivi, Baraldi ebbe un colloquio telefonico con Minotti, che si disse molto stupito per la sanzione di una sola giornata di squalifica inflitta al giocatore. Minotti gli raccontò del suo colloquio con Vignaroli, cui aveva detto che doveva ritenersi fortunato vista la squalifica lieve che aveva subito. Vignaroli gli aveva risposto che dopo l'espulsione di Contini si era avvicinato a De Santis chiedendo spiegazioni e l'arbitro gli avrebbe detto: "Sta' zitto, perché la partita non ve la farò mai vincere". Questo il motivo scatenante delle sue reiterate proteste a fine partita. Baraldi decise allora di parlarne con Bondi (commissario straordinario di Parmalat) per pianificare una strategia comune. Ricorda che in precedenza il Parma aveva inviato alla Federazione una videocassetta nella quale erano documentati i torti subiti dal Parma. Era un passo propedeutico alla richiesta di risarcimento danni qualora il Parma fosse retrocesso. Venne inoltre richiesto a Ghirelli di inviare dei commissari inquirenti a cui riferire la vicenda Vignaroli. La Federazione non inviò alcun commissario prima dell'andata dello spareggio, poi perso per 1-0 contro il Bologna. Il giorno successivo Baraldi richiamò Ghirelli e gli disse di inviare i commissari, in caso contrario avrebbe riferito tutto in una conferenza stampa. Ghirelli inviò allora i commissari che interrogarono Baraldi, Minotti e Carmignani i quali riferirono, secondo quanto afferma Baraldi, quanto accaduto a Lecce. Ai commissari Baraldi chiese che la seconda gara di spareggio venisse arbitrata da Collina, e così avvenne. Il Parma vinse la seconda partita di spareggio per 2-0 e rimase in serie A.

Nel controesame, l'avvocato Morescanti mette in evidenza la contraddizione di Baraldi, allorquando ha affermato che De Santis non fece errori tecnici e pur tuttavia riteneva che le ammonizioni fossero sbagliate. Per Baraldi, pur non essendoci errori tecnici, le ammonizioni erano sbagliate. La Morescanti ribadisce che lui aveva affermato non esserci errori tecnici: in assenza di errori tecnici come si poteva parlare di ammonizioni sbagliate? Gli chiede inoltre se un calciatore diffidato possa godere di una particolare benevolenza dell'arbitro. Il teste risponde di no, ma ribadisce che a suo dire quelle ammonizioni furono esagerate. L'avvocato chiede a questo punto se ricordava di aver fatto le stesse affermazioni rese ai microfoni di Sky all'ufficio indagine della FIGC. Baraldi conferma, ma l'avvocato gli cita le dichiarazioni rese all'Ufficio Indagini, nelle quali smentiva le affermazioni che gli erano state attribuite dalla Gazzetta dello Sport del 15/06/2005, che sua volta riprendevano l'intervista a Sky; addirittura, davanti all'Ufficio Indagini aveva dichiarato di aver provveduto ad inviare smentita a tutte le testate giornalistiche. Baraldi nega, la Morescanti legge il documento, il giudice chiede chiarimenti. Baraldi insiste: smentisce la sua smentita. Il pm afferma che si tratta di episodi differenti, la Morescanti chiede a Baraldi se riconosce la sua firma sul documento, Baraldi la riconosce.
Riassumendo: Baraldi fa delle affermazioni di fuoco a caldo su Sky, affermazioni riprese dalla Gazzetta, in seguito sollecita a Ghirelli l'invio di commissari dell'ufficio indagine, ma davanti ai commissari smentisce l'intervista a Sky, negando di fatto di avere dubbi sulla premeditazione delle ammonizioni o su comportamenti illeciti durante quel Lecce-Parma.

Lucianone si lamenta con De Santis, ma al solito dopo la partita

A Baraldi è stato anche chiesto dal Pm se ha avuto modo di constatare che i dirigenti della Juventus accedevano alle stanze degli arbitri. Baraldi riferisce che nella gara Parma-Juventus terminata con il punteggio di 1-1, arbitro De Santis, a fine partita vide i dirigenti della Juventus sulla porta dello spogliatoio (“non erano dentro” precisa) dell'arbitro, intenti a lamentarsi per un presunto torto subito (in quella partita De Santis non concesse un rigore alla Juve - ndr). L'episodio è già noto, in quanto raccontato in un'intercettazione da De Santis allo stesso Bergamo: l'arbitro laziale, in presa diretta, ammette l'errore ai danni della Juve, ma chiarisce che i dirigenti bianconeri, che ha salutato a fine gara, non hanno certo dato in escandescenze, ma interloquito con serenità.
Nel controesame, l'avvocato Prioreschi chiede a Baraldi di ripetergli chi era l'arbitro: “Mi pare di ricordare De Santis” è la risposta.


Marocchi e le ammonizioni non mirate

Giancarlo Marocchi è stato un polivalente centrocampista della Juventus tra il 1988 e il 1996. L'ex-bianconero, attualmente Responsabile del settore giovanile del Bologna Calcio, è stato riascoltato sulla base delle dichiarazione rilasciate agli inquirenti nel 2006, in riferimento alla teoria delle ammonizioni preventive che la presunta cupola Moggiana avrebbe perpetrato sistematicamente.
Il PM, estrapolando dai verbali, pone l'attenzione sulla partita Fiorentina - Bologna (1-0), chiedendo memoria dei fatti. Marocchi dichiara che ebbe un diverbio, sia durante la partita, che nell'immediato dopo partita, negli spogliatoi con l'arbitro De Santis circa le ammonizioni, a suo giudizio, coincidenti con giocatori precedentemente diffidati. A seguito del diverbio in campo, presentatosi negli spogliatoi per compiere le operazioni procedurali (firme e ritiro documenti) Marocchi, ancora contrariato, venne invitato da De Santis a chiarirsi. Marocchi ribadì le coincidenti ammonizioni/diffidati ricevendo negazione da parte dell'arbitro.
Per dovere di cronaca, vennero ammoniti quattro giocatori del Bologna (oltre a due della Fiorentina): Petruzzi, Nastase, Meghni e Gamberini. Di questi quattro, solo due erano diffidati, Nastase e Petruzzi, mentre gli altri furono regolarmente schierati da Mazzone nella partita contro la Juventus. Oltre a questo appunto, va rimarcato che la difesa del Bologna utilizzava a rotazione, come dimostrato dagli schieramenti precedenti e successivi alla partita con la Juventus, altri giocatori: Daino, Gamberini stesso, Juarez, Sussi ed anche Legrottaglie, escludendo per scelta tecnica entrambi i diffidati. Petruzzi, che nel 2004/2005 giocò 17 volte, non poteva di certo essere considerato un pilastro insostituibile nella difesa felsinea, come lo stesso Nastase che, in due stagioni, disputò 34 gare di campionato sulle 76 disponibili.

Quando Moggi diceva "Ci penso io"

Il Pm chiede conto a Marocchi di una conversazione con Moggi risalente agli anni della sua militanza bianconera. Un vecchio episodio che Marocchi ha riferito in fase di indagine. Prima di una partita con la Fiorentina nella stagione 1994/1995, con la Juventus avviata alla vittoria del campionato stesso (sei punti di vantaggio sul Parma a poche giornate dal termine), il teste avrebbe detto al suo allora Direttore Generale: "Se vinciamo questa partita, mettiamo un'ipoteca allo scudetto" e Moggi avrebbe risposto: "Non preoccuparti, ci penso io". Messa così, la risposta di Moggi lascerebbe intendere chissà quale losco scenario. In realtà, dietro contestazione dell'avvocato di Moggi, Il PM si è dimenticato di riportare un'importante affermazione di Marocchi che stava a monte di questo stralcio: "Non sono in grado di riferire né in relazione al campionato in corso, né in relazione a questo campionato di episodi che mi abbiano indotto sospetti su partite truccate", riferendosi al campionato in corso all'epoca della deposizione (05/06) ed al campionato 94/95.
Il PM quindi non solo ha tentato di sostenere un'improbabile teoria di ammonizioni mirate a favorire le partite a venire della Juventus, ha anche cercato di ascrivere la vittoria dello scudetto 1994/1995 ad una combine del D.G. bianconero. Non fa nulla se al termine della sua deposizione Marocchi, sollecitato dal Giudice Casoria, ha spiegato l'attitudine di Moggi di fare il "bauscia" in qualsiasi situazione: "Lo diceva sempre, per qualsiasi cosa, era il suo slogan, potevo chiedergli un'automobile in prestito e rispondeva ci penso io".
Lo conoscevamo prima e lo riconosciamo tuttora il vezzo di Moggi di millantare, insomma una specie di Direttore Generale tuttofare, tronfio ed orgoglioso del suo lavoro e della sua invidiabile posizione, un'abitudine che lo portava a dire più di quanto facesse. Chiedere a Paparesta, a meno che non sia ancora rinchiuso nello sgabuzzino e nella mente di quei giornalisti che ancora non riescono liberamente a scrivere la verità.


La segretaria della FIGC non rileva prevaricazioni moggiane

Solo cinque minuti. Tanto è durata la testimonianza della signora Fiorella Bocchini, impiegata della FIGC fin dal 2001 con mansioni di addetta alla segreteria di presidenza: ufficio in cui seguiva, e tuttora segue, sia il presidente, sia il direttore generale, nelle persone, al tempo dei fatti, il dottor Carraro e dottor Ghirelli.
L’obiettivo, nelle aspettative, era quello di dimostrare come la piovra moggiana espandesse, tramite Ghirelli, i propri tentacoli sulla giustizia federale e, nella fattispecie, sul presidente della Caf Cesare Martellino.
L’episodio oggetto del contendere era il reclamo della Juventus e il susseguente provvedimento del 13 dicembre 2004 a riguardo dei giocatori Boudianski e Zetulayev.
Alla domanda su cosa ricordasse della vicenda di cui sopra, la testimone rispondeva che trattavasi di una pratica come un’altra, in cui era coinvolta una squadra di serie A. Questo, come nella prassi, comportava una maggiore attenzione nell’iter burocratico rispetto ad altri atti, che coinvolgevano squadre di serie minori; aggiungeva, innocentemente, come facevano i “media”.
Il pm cercava di approfondire la questione, sollecitando la teste a ricordare un contatto tra il dottor Ghirelli e il professor Cesare Martellino prima dell’emissione del provvedimento. Di fronte al “non rammento” dell’interrogata, il dottor Capuano faceva ricorso alle dichiarazioni rilasciate dalla stessa, il 13 giugno 2006, ai pm Narducci e Beatrice; dichiarazioni che non facevano esattamente luce sulla vicenda: anche all’epoca, la signora Bocchini non ricordava con precisione se il contatto fosse stato telefonico o personale, ma era avvenuto comunque in data 13 dicembre, a provvedimento emesso.
Altro elemento degno di attenzione è stato il “diario di bordo”, una sorta di registro in cui venivano annotate le attività svolte e in particolare le telefonate effettuate e ricevute dal signor Ghirelli. Fra queste ne compariva una con tanto di “P” (parlato N.d.R.) a fianco, ma non è dato di sapere se si trattasse di una comunicazione in entrata o in uscita.
L’avvocato Prioreschi, unico a sostenere il controinterrogatorio, ancora una volta puntava l’attenzione su come i carabinieri avessero cercato di indirizzare le dichiarazioni dei testimoni: la teste confermava, infatti, che quando fu chiamata era rimasta sorpresa nell’apprendere che avrebbe dovuto portare con sé i diari di bordo, cartacei, e l’agenda, su supporto digitale, sebbene non rammentasse riferimenti precisi al caso.