Calciopoli è, senza ombra di dubbio alcuno, l’esempio scolastico di quello che si definisce processo mediatico.
Lo è sia perché l’accusa si fonda principalmente su quello che riferiscono i giornali ed i media, sia perché nel 2006 la spinta moralistica e mediatica fu devastante. Se ben ricordate, l’arresto del noto latitante Provenzano passò quasi inosservato. Tutti i giornali si interessavano solo ed esclusivamente delle intercettazioni che volavano da una procura all’altra passando da qualche redazione di giornale.
La testimonianza resa da Gianfelice Facchetti, all’udienza del 15 marzo 2011, è l’ulteriore conferma di quanto detto finora.
Facchetti Junior, infatti, è testimone indiretto perché riferisce ciò che il padre, quando era vivo, gli disse durante un momento di confronto. All’epoca il papà, infatti, gli comunicò di aver trovato tutte le conferme sulle cause delle sconfitte dell’Inter grazie ai colloqui con il signor NUCINI.
Ma vi è di più.
Facchetti Junior non è un testimone indicato dall’accusa perché nello svolgimento delle indagini sia emerso il suo nome e conseguentemente sia nata l’esigenza di ascoltarlo a fini probatori. Il figlio di Giacinto, al contrario, per anni non è comparso in nessun atto di indagine e nessun PM ha sentito l’esigenza di ascoltarlo.
All’improvviso e, dopo molti anni, è lui stesso che, ascoltando un'intercettazione controversa e ritenendo infangato il nome del padre, decide di recarsi in Procura per raccontare la sua versione dei fatti. Per provare tale versione, dunque, si porta dietro una serie di appunti che lui ritiene scritti dal defunto genitore.
Prima dell’intercettazione controversa sia gli appunti che le sue verità non erano oggetto del processo che si sta celebrando a Napoli.
I giornali ed i media continuano, orbene, a dettare le regole del processo napoletano.
Per quanto riguarda, comunque, il contenuto della sua testimonianza, va rilevato che lo stesso Facchetti, che non ha certo brillato per la chiarezza, ha:
• confermato la fede interista del giornalista Monti;
• confermato che il padre cenava con il designatore Bergamo;
• confermato che sia il padre che NUCINI non hanno mai denunciato nulla agli organi federali, nonostante esistesse una norma che imponeva loro l’obbligo di denuncia;
• confermato il contenuto degli appunti del padre. Appunti che non sono stati comunque acquisiti agli atti perché il collegio giudicante ha ritenuto avessero scarso rilievo probatorio;
• riferito di alcune partite del Messina arbitrate da NUCINI;
• riferito, su domanda del Pubblico Ministero, che nell’anno 2002 la Juventus fu arbitrata da moltissimi arbitri giovani, i quali erano più sensibili alle pressioni anche perché vogliosi di fare carriera. Peccato, però, che successivamente, su domanda dell’avvocato Prioreschi che gli ha elencato i nomi degli arbitri che nel 2002 avevano arbitrato la Juventus, lo stesso Facchetti non abbia saputo dire se effettivamente erano giovani, maturi e/o anziani. Da rilevare che il figlio di Giacinto ha ricordato alla perfezione tutti i nomi dei componenti della cupola moggiana per poi, improvvisamente, non ricordare i nomi e l’età degli arbitri pro Juventus del 2002.
Questi sono stati i punti salienti della testimonianza di Gianfelice FACCHETTI, che non ha potuto riferire al collegio giudicante il pensiero di sua madre sugli incontri tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo. Sul punto il Presidente Casoria così si è espressa: "Pubblico Ministero siamo stati zitti fino a mo, ma il commento della madre mo... non è ammessa questa domanda".
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No, la mamma no
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